Oltre alla disciplina prevista dall'art. 67, la legge fallimentare prevede
tre casi particolari.
Il primo fa riferimento a un' ipotesi relativa alle operazioni normali nell'esercito di
un' impresa , ed è quella prevista dall'art. 67 bis, dove la società
abbia costituito dei patrimoni destinati ad uno specifico affare
ex art. 2447 bis lettera a), mentre i rapporti relativi alla lettera b)
dell'art. 2447 bis, (finanziamenti per uno specifico affare) sono regolati
dall'art. 72 ter, di cui ci siamo occupati in relazione agli
effetti del fallimento sui
rapporti in corso di esecuzione.
Tornando ai patrimoni destinati ad uno specifico affare l'art. 67 bis prevede le
seguenti condizioni:
1. pregiudicano il patrimonio della società;
2. il terzo era a conoscenza dello stato di insolvenza della società.
Il secondo caso si riferisce all'ipotesi che debitore abbia pagato per estinguere delle obbligazioni cambiarie; questi pagamenti potranno essere revocati solo alle condizioni previste dall'art. 68 l.f. secondo il quale:
pagamento di una cambiale scaduta |
In deroga a quanto disposto dall'art. 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l'azione cambiaria di regresso. In tal caso, l'ultimo obbligato in via di regresso, in confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore. |
L'ipotesi prevista dall'art. 68 deroga alla disciplina generale prevista
dall'art. 67 comma 2, cioè ai casi di pagamenti effettuati dal fallito che
possono considerarsi normali nell'esercizio dell'impresa, come il pagamento di
una cambiale scaduta.
Secondo la regola generale prevista dal secondo comma dell'art. 67, e di cui ci
siamo occupati nel paragrafo precedente, un pagamento del genere potrebbe
comunque essere revocato se il curatore riuscisse a provare che il creditore
cambiario fosse comunque a conoscenza dello stato d'insolvenza
dell'imprenditore.
Se poi la cambiale fosse stata girata, l'ultimo giratario- prenditore che
incassa il suo credito dall'imprenditore, dovrebbe poi restituire la somma al
curatore quando, al momento dell'incasso, fosse stato a conoscenza dello
stato d'insolvenza dell'imprenditore.
In teoria l'ultimo prenditore della cambiale, conoscendo lo stato d'insolvenza
dell'imprenditore, potrebbe rifiutare il pagamento, ma così perderebbe l'azione
di regresso nei confronti degli obbligati cambiari in via di regresso, perché
rifiutando il pagamento impedisce che sia levato il protesto, che normalmente
costituisce condizione per poter agire contro questi obbligati.
Per questi motivi, l'art. 68 l.f., in deroga a quanto previsto in generale
dall'art. 67 comma 2, impedisce la revoca di tale pagamento "se il possessore di
questa doveva accettarlo per non perdere l'azione cambiaria di regresso", come
nel caso che abbiamo illustrato.
Di conseguenza il curatore dovrebbe rassegnarsi a perdere la somma pagata
dall'imprenditore per la cambiale, ma potrebbe accadere che l'ultimo obbligato
in via di regresso, che ha girato la cambiale a favore dell'ultimo prenditore
che ha poi incassato il credito, fosse a conoscenza, al momento della girata,
dello stato d'insolvenza del debitore principale, l'imprenditore, e nonostante
ciò ha girato la cambiale ricevendo dal prenditore - giratario, la somma
pattuita per la consegna del titolo e del relativo credito. In tal caso il
curatore potrà farsi versare la somma ricevuta dall'obbligato in via di
regresso, se riesce a provare che questi era a conoscenza dello stato di
insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale,
Vi è poi il terzo caso relativo agli atti compiuti tra
coniugi.
Abrogato l'art. 70 l.f. e sostituito dal nuovo art. 70 che si
riferisce a questioni diverse, è venuta meno
anche la c.d. presunzione muciana, ma ciò non vuol dire che gli atti compiuti
tra i coniugi siano indifferenti ai fini della revocatoria fallimentare.
L'art. 69 l.f. prevede, infatti, una presunzione di conoscenza per l'altro
coniuge, non fallito, in merito allo stato di insolvenza del coniuge-imprenditore fallito.
Sarà quindi il coniuge non fallito a dover provare che non era a conoscenza
dello stato d'insolvenza dell'altro e non il curatore, come dovrebbe essere di
regola.
Un'altra particolarità sta nel fatto che gli atti possono essere revocati se
compiuti nel tempo in cui il fallito esercitava un impresa commerciale, e quindi
in ogni tempo, anche due anni prima della dichiarazione di fallimento. Si
tratta, quindi, di una disciplina particolarmente severa.
Ma vediamo quali sono questi atti tra coniugi previsti dall'art. 69 l.f.
atti tra coniugi soggetti a revocatoria | |||
compiuti in ogni tempo tra coniugi ma nel periodo in cui il coniuge - imprenditore esercitava effettivamente un'impresa commerciale se l'altro coniuge non prova che non era a conoscenza dello stato di insolvenza del coniuge fallito |
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Anche per questa tabella è necessaria un'osservazione;
l'art. 69 l.f. fa riferimento a tutti gli atti previsti dall'art. 67, cioè
quelli soggetti a revocatoria fallimentare;
poi si riferisce anche agli atti a titolo gratuito compiuti "più di due anni
prima" della dichiarazione di fallimento.
È chiaro che in questo caso non siamo nelle ipotesi dell'art. 67, ma in quella
dell'art. 64 l.f. che si riferisce degli atti a titolo gratuito compiuti dal
fallito che sono inefficaci ope legis se effettuati entro i due anni dalla
dichiarazione di fallimento. Questo è il motivo del riferimento dell'art. 67
agli atti compiuti a "più di due anni prima" della dichiarazione di
fallimento, perché tali atti non sarebbero, secondo le regole generali, né
inefficaci, né revocabili.
In conclusione è vero che tra coniugi non c'è termine per la revoca, salvo
quanto diremo tra poco.
I tempi della revocatoria fallimentare sono quindi variabili, perché si va
dai sei mesi, ad un anno, o anche due anni, per finire a un tempo indeterminato
in relazione agli atti compiuti tra i coniugi.
Fortunatamente l'art. 69 bis l.f.
pone un limite temporale di decadenza all'esercizio della revocatoria
fallimentare; il riferimento alla decadenza compiuto dall'art. 69 bis è
importante, perché non essendo questi termini di prescrizione, a loro non
applica la disciplina della interruzione e sospensione della prescrizione. Ma
vediamo quali sono i termini di decadenza dall'azione revocatoria.
1. Tre anni dalla dichiarazione di fallimento,
e in ogni caso,
2. Cinque anni dal compimento dell'atto pregiudizievole.
La l. 134\212 ha però aggiunto un secondo comma all'art. 69 bis, nel caso di
proposizione di concordato preventivo, cui segua la dichiarazione di fallimento;
come andranno calcolati i termini per la revocatoria? Riportiamo il testo
dell'art. 69 comma 2: "Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo
segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67,
primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda
di concordato nel registro delle imprese".
Secondo il nuovo testo dell'art. 67 l.f. (così come modificato dal d.l. n. 35
\2005, poi dal d.lgs. n. 169\2007, e da ultimo dal d.l. 83\2012 convertito
con l. 134\2012) non tutti gli atti possono essere
revocati;
Vediamo, quindi, nella sottostante tabella gli atti compiuti dal fallito che non
possono essere revocati.
non sono soggetti alla azione revocatoria |
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Un problema che sorge dalla lettura dell'art. 67 in merito alla esenzione della revocatoria fallimentare, e se questa riguardi impedisca la revocatoria dei soli atti indicati dall'art. 67 ( primo e secondo comma), oppure l'esenzione riguardi anche gli altri casi si revocatoria, anche quella ordinaria. Se consideriamo che lo scopo che ha ispirato il legislatore nella riforma dell'azione revocatoria è stato quello di ridurne le ipotesi e di limitarne l'uso, prevedendo termini decisamente più brevi rispetto al passato, in quest'ottica "politica" possiamo ritenere che le esenzioni previste dall'art. 67 riguardano tutti i casi di revocatoria previsti dalla legge fallimentare, compresa la revocatoria ordinaria esercitabile dal curatore.
L'art. 67 non esaurisce le ipotesi di esenzione dalla azione revocatoria, poiché molte altre sono previste in numerose leggi speciali, tra cui ricordiamo la legge n. 52\1991 relativa al c.d. factoring (art. 7) e la legge n. 130\1999 relativa alla cartolarizzazione dei crediti d'impresa (art. 4). Per quanto riguarda, invece, il credito fondiario il riferimento è al d.lgs. n. 122\2005.
Consideriamo ora altri aspetti relativi alla revocatoria.
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