Rapporti tra revocatoria ordinaria e fallimentare
Il curatore per, salvaguardare le ragioni dei creditori del fallito, può agire sia con la revocatoria ordinaria che con la revocatoria fallimentare.
Le due azioni, pur potendo in alcuni casi riguardare le stesse ipotesi, rimangono distinte tanto che l'art. 66 l.f. dispone che:
Il curatore può domandare che siano
dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio
dei creditori, secondo le norme del codice civile La competenza spetta al tribunale fallimentare |
Ma che differenza c'è tra la revocatoria ordinaria e quella
fallimentare?
Analizziamo le differenze e le affinità tra i due istituti ricordando che in
corsivo sono evidenziati i collegamenti ipertestuali.
Revocatoria fallimentare | Revocatoria ordinaria |
è prevista negli artt. 64 e ss. l.f. e comporta l'inefficacia degli atti disposizione compiuti dal debitore | è prevista negli artt. 2901 e ss. c.c. e comporta l'inefficacia degli atti di disposizione compiuti dal debitore |
è applicabile solo in caso di fallimento, nei confronti di un imprenditore | è applicabile nei confronti di qualsiasi debitore |
è, di regola, necessario per la sua applicazione lo stato d'insolvenza dell'imprenditore in un periodo che varia da sei mesi a due anni dalla dichiarazione di fallimento | può essere chiesta anche indipendentemente dallo stato d'insolvenza del debitore, ma solo se l'atto da lui compiuto possa arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore |
gli atti a titolo gratuito sono automaticamente revocati | gli atti a titolo gratuito sono revocati solo se il creditore riesce a provare la malafede o il dolo del debitore |
gli atti a titolo oneroso sono revocati, se anormali,solo se il curatore riesce a provare l'esistenza delle condizioni previste dalla legge o,se normali nell'esercizio del commercio, se riesce a provare la conoscenza dello stato d'insolvenza da parte del terzo | gli atti a titolo oneroso sono revocati solo se il creditore riesce a provare la malafede o il dolo del debitore e la malafede o il dolo del terzo |
Come si vede, è più difficile far revocare un atto attraverso la revocatoria ordinaria rispetto a quella fallimentare; tuttavia il curatore si avvarrà della revocatoria ordinaria quando non sarà possibile agire con la fallimentare, come nel caso in cui il debitore, poi fallito, abbia costituito un'ipoteca contestualmente al debito due anni prima della dichiarazione di fallimento.
Chiudiamo l'argomento considerando gli effetti della revocazione.
L'art. 70 della l.f. stabilisce che in
seguito alla revocazione (e ciò in seguito alla riuscita dell'azione
revocatoria) colui che ha restituito quanto aveva ricevuto dal fallito è ammesso
al fallimento per il suo eventuale credito.
Il nuovo testo dell'art. 7o ha sostanzialmente mantenuto la regola dell'art. 71,
ma ha anche aggiunto due ulteriori casi puntualizzandola ulteriormente;
in particolare si è stabilito che:
1. l'effetto della revocazione si produce nei confronti del destinatario della
prestazione, anche nel caso in cui siano stati effettuati pagamenti per il
tramite di intermediari specializzati o in seguito alla procedure di
compensazione multilaterale o dalle società previste dalla
legge 23\11\1939 n. 1966;
2. si è stabilito, nel caso in cui la revoca abbia
ad oggetto atti estintivi di rapporti
continuativi o
reiterati, o derivanti da conto corrente bancario,
l'importo della somma che deve
restituire il terzo che si è visto revocare l'atto. In ogni caso al terzo spetta
il diritto d'insinuarsi al passivo per la somma che ha dovuto restituire.