Capitale sociale e quote di partecipazione
Abbiamo visto che l'atto costitutivo può prevedere l'intrasferibilità della quota; di conseguenza questa non sarà nemmeno liberamente divisibile né cadere in comunione. Se invece non ci sono limiti alla alienabilità della quota, ben può accadere che sia divisa ( poiché non è più previsto il limite minimo di un euro o di un suo multiplo) o che si costituisca una comproprietà sulla quota. E' poi possibile che si possa costituire usufrutto o pegno. In questi casi la disciplina non è diversa da quella prevista per la S.p.a. per gli espliciti rinvii operati dall'art. 2468 comma 5 e dall'art. 2471 bis c.c.
Occupiamoci, infine, della disciplina degli apporti dei soci e di terzi alla società (art. 2467 c.c.).
L'art. 2467 c.c. prevede che nel caso in cui questi apporti si risolvano in un finanziamento alla società devono essere prima soddisfatti gli altri creditori e poi i soci che hanno effettuato il finanziamento |
In questi casi, infatti, tali apporti formalmente si presentato
come capitale di credito, ma nella sostanza economica costituiscono parte del
capitale proprio.
Il problema più arduo è senza dubbio quello di individuare criteri idonei a
distinguere tale forma di apporto rispetto ai rapporti finanziari tra soci e
società che non meritano di essere distinti da quelli con un qualsiasi terzo.
La soluzione indicata dal secondo comma dell'art. 2467, è stata quella di
ricercare se la causa del finanziamento è da individuare nel rapporto sociale o
in un generico rapporto di credito: in tal caso bisogna adottare un criterio di
ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la
si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe appunto ragionevole
aspettarsi.
È lecito pensare, ad esempio, che se la società ha
un forte indebitamento, gli eventuali crediti concessi dai soci non siano altro
che finanziamenti alla società rendendo applicabile la disciplina del primo
comma dell'art. 2467 c.c.
In merito ai finanziamenti effettuati da terzi secondo l'art.
2483 c.c. la S.r.l. può emettere titoli di debito, anche obbligazioni , senza
che sia seguita la complessa procedura prevista per la S.p.a.
La novità è rilevante poiché in passato alla S.r.l. non era consentito di
emettere obbligazioni, anche se ora si parla genericamente di "titoli di
debito".
Questa libertà ora riconosciuta alla S.r.l. è però limitata dal fatto che solo
alcuni soggetti professionali li possono acquistare. Vediamo quindi nella
sottostante tabella la relativa disciplina.
emissione di titoli
di debito art. 2483 c.c. |
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