Forma |
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Come abbiamo già detto la forma è uno degli elementi essenziali del negozio
giuridico insieme agli altri previsti dall'articolo 1325 c.c.
Se leggiamo
questo articolo, però, ci accorgiamo che la forma è elemento essenziale solo
quando è prevista dalla legge a pena di nullità.
La lettura di questo articolo potrebbe quindi crearci un po' di confusione perché sembrerebbe che la forma sia elemento essenziale solo quando prevista a pena di nullità;
In realtà noi intendiamo la forma come elemento essenziale del negozio giuridico, nel senso che un negozio non potrebbe esistere senza una forma, senza, cioè, un modo attraverso il quale la volontà si manifesti all'esterno.
È vero, infatti, che la volontà espressa del negozio giuridico deve avere un modo per manifestarsi e se un soggetto rimane totalmente inerte, non potrà certo in questo modo porre in essere un qualsiasi negozio giuridico, a meno che per precedenti accordi non sia convenuto che l'inerzia possa avere una valenza negoziale.
Ma chiediamoci ora: qual è la forma necessaria per porre in essere
validamente un negozio giuridico?
Rispondiamo: in generale è valida una forma qualsiasi.
Consideriamo, infatti, che le norme che impongono una forma determinata per
particolari tipi di negozi giuridici sono da considerarsi eccezionali e non
vanno applicate al di fuori dei casi da esse regolati.
Vige, quindi, il principio della libertà delle forme |
In conseguenza di ciò un negozio potrà nascere validamente con
una forma puramente orale, oppure attraverso dei gesti, come di solito avviene
durante le aste, o, ancora, attraverso fatti concludenti, cioè attraverso comportamenti che fanno intendere in modo univoco la volontà di porre in essere
negozio giuridico come nel caso dell'erede che accetta tacitamente l'eredità (
articolo 476 c.c.). Nel esempio ora riportato se il chiamato all'eredità
decide di vendere alcuni beni dell' asse ereditario, questa sua attività farà
tacitamente intendere l'accettazione dell'eredità.
Si parla, in proposito di manifestazione di volontà espressa, nel primo
caso, e tacita, nel secondo;
la differenza sta nel fatto che nel primo caso c'è un comportamento diretto a
far conoscere la propria volontà, mentre nel secondo caso la volontà si presume
in base a comportamenti (univoci) del soggetto, incompatibili con una volontà
diversa.
In definiva in questa seconda ipotesi si presume una certa volontà e ci si
potrebbe chiedere se una dichiarazione contraria (protestatio contraria) serva a
togliere il significato che si dà a quel comportamento (come, ad es. il chiamato
all'eredita aliena i beni ereditari dichiarando contestualmente che non intende
accettare l'eredità).
Vi sono, poi, i negozi di attuazione, dove la volontà si manifesta con la
stessa realizzazione dello scopo, ad esempio impossessamento della cosa
abbandonata nel caso di occupazione. Pur se non è detto chiaramente dalla
dottrina che accetta tali distinzioni, si può ritenere che questo secondo tipo
di negozi rientra nella categoria degli atti a manifestazione tacita.
Abbiamo già visto che in alcuni casi la legge richiede una
determinata forma per la validità del negozio giuridico. L'articolo
1350 c.c. elenca i casi in cui la forma scritta è richiesta per i contratti(ma
anche più generale per i negozi giuridici) a pena di nullità;
ricordiamo, ad esempio, che i negozi riguardanti i beni immobili richiedono la
forma scritta a pena di nullità.
si parla in questi casi di negozi " solenni " e ritroviamo tali tipi di negozi in diverse norme del codice e di leggi speciali |
Ricordiamo, ad esempio, le norme relative ai contratti di locazione di beni immobili che richiedono necessariamente la forma scritta, oppure l'atto pubblico richiesto a pena di nullità per il contratto di donazione
in tutti questi casi si parla di forma necessaria per la validità del negozio giuridico, cioè di forma ad substantiam |
Quando è richiesta la forma ad substantiam non è possibile usare una forma
diversa e neppure è possibile sanare il negozio attraverso la sua esecuzione o
attraverso atti ricognitivi.
Si è soliti discorrere, oltre che di forma ad substantiam, anche di forma ad
probationem;
i due concetti però non devono essere confusi.
La forma ad substantiam è richiesta per l'esistenza stessa del negozio, mentre
la forma ad probationem è richiesta solo per provare l'esistenza del negozio,
come nel caso di trasferimento di azienda.
È necessario sottolineare che il negozio mancante della forma ad probationem è
perfettamente valido ed efficace, ma, in caso di processo, l'unico modo per
provare l'esistenza di quel particolare negozio sarà la forma che la legge
richiedeva, salva la possibilità di ricorrere al giuramento di ottenere la
confessione.
Ricordiamo infine che i privati possono convenzionalmente prevedere per i loro atti determinate forme, come nel caso in cui si stabilisca che la disdetta del contratto debba necessariamente avvenire per iscritto attraverso un telegramma; anche in questo caso è da ritenersi, salvo diversa volontà, che il mancato rispetto della forma prevista convenzionalmente comporti la nullità dell'atto.
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