Tribunale fallimentare - la competenza
È l'organo che ha la competenza esclusiva per la dichiarazione di fallimento;
Per l'art. 23 l.f. il tribunale è investito della intera procedura fallimentare, ma in realtà svolge (dopo la dichiarazione) più un ruolo di controllo che di direzione immediata della stessa, mentre maggiori compiti sono affidati al giudice delegato (del tribunale) e al curatore, che con la riforma ha visto aumentare considerevolmente i suoi poteri. |
Dal 16 marzo
2019 la competenza per il fallimento per i procedimenti di
regolazione della crisi o dell’insolvenza e le controversie che ne
derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai
gruppi d’imprese di rilevante dimensione è affidata sempre al
tribunale, ma alle sezioni specializzate in materia di imprese
ex art. 27 d.lgs. 14\2019, mentre per tutti gli altri
imprenditori, resta la competenza del tribunale.
Il tribunale opera in composizione collegiale, e la competenza è determinata (secondo l'art. 9 l.f.) dal luogo dove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa, si parla, ovviamente della sola competenza per territorio, perché il tribunale ha la competenza esclusiva per materia, in relazione al fallimento, ed infatti anche quando la corte di appello accoglie il ricorso contro la decisione del tribunale che aveva rigettato al richiesta di fallimento, non dichiara lei stessa il fallimento, ma rimette gli atti al tribunale affinché vi provveda.
Regole particolari, in merito, alla competenza valgono nel caso in cui l'imprenditore abbia trasferito la sede dell'impresa, o abbia tale sede all'estero. Riassumiamo nella sottostante tabella tutte le possibili questioni che possono sorgere in relazione alla competenza del tribunale che deve dichiarare il fallimento.
competenza per territorio del tribunale
(art. 9 l.f.) |
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Può darsi che più tribunali siano competenti per la dichiarazione di
fallimento e tale eventualità può verificarsi quando non vi sia una sede
"principale" dell'impresa, perché l'imprenditore ha svolto la sua attività in
più luoghi, attraverso organizzazioni indipendenti; in tal modo non è possibile
stabilire quale sia la sede principale, e, d'altro canto, possono esserci in
corso più fallimenti innanzi a più tribunali ugualmente competenti.
In tal caso l'art. 9 ter si rifà al criterio della prevenzione; in altre parole
sarà competente, e si occuperà anche degli altri fallimenti, il tribunale che si
è pronunciato per primo (e non quello adito per primo), sulla richiesta di
fallimento. A questo punto il secondo tribunale può scegliere due strade:
trasmettere gli atti al primo tribunale, oppure, chiedere il regolamento
d'ufficio di competenza ex art. 45 c.p.c.
Altro problema affrontato in merito alla competenza riguarda la validità degli atti compiuti da un tribunale incompetente e il meccanismo previsto per il trasferimento degli atti da un tribunale incompetente a uno competente (art. 9 bis l.f.). |
Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti dal tribunale incompetente |
In altre parole gli atti compiuti del tribunale incompetente non sono nulli solo per questo motivo (ma potrebbero esserlo per altri motivi).
In merito al meccanismo di trasmissione degli atti da un tribunale (incompetente) a un altro, competente, l'art. 9 bis prevede queste regole (espresse dal legislatore in maniera sibillina);
Potrebbe darsi che nel reclamo contro la sentenza del tribunale che ha
dichiarato il fallimento, vi siano doglianze relative non solo alla competenza,
ma che investono anche altre e diverse questioni; in tal caso, sempre l'art. 9
bis, dispone che, se il reclamo è accolto per le questioni relative alla
competenza, per la decisone di questioni diverse dalla competenza, il
processo è
riassunto, a norma dell'art. 50 c.p.c. (nel termine fissato dalla corte o in
mancanza 3 mesi dalla comunicazione del provvedimento che decide sulla
competenza), dinanzi alla corte di appello competente. Ciò vuol dire che la
questione sulla competenza assume carattere pregiudiziale a tutto il successivo
giudizio della corte di appello.
Ancora potrebbe capitare che al tribunale poi risultato incompetente,
siano state anche proposte le questioni ex art. 24 l.f., cioè siano state
proposte le azioni che derivano dal fallimento, ad es. una azione revocatoria;
in tal caso il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della
causa davanti al giudice competente ai sensi dell'art. 50 c.p.c. e ordina la
cancellazione della causa dal ruolo.
L'art. 9 l.f. non si occupa solo di questioni relative alla competenza, ma
anche di problemi che possono sorgere in merito alla giurisdizione tra giudice
italiano e straniero.
La prima ipotesi riguarda il caso in cui l'imprenditore abbia la sede principale
all'estero, ma anche altra sede, non principale, in Italia; in tal caso il tribunale
italiano ha giurisdizione sulla dichiarazione di fallimento, anche quando
l'imprenditore sia stato già dichiarato fallito all'estero.
L'altra ipotesi si riferisce alla situazione in cui l'imprenditore abbia
trasferito la sede all'estero, dopo che sia stata presentata la richiesta
di fallimento in Italia; anche qui permane la giurisdizione del giudice
italiano.
In tutti questi casi, però, bisogna pur sempre far riferimento alla normativa
internazionale e, soprattutto, comunitaria che prevale sulle norme degli
ordinamenti interni dei singoli stati membri; in proposito è rilevante il
regolamento comunitario n. 1336\2000 secondo cui:
1.La dichiarazione di fallimento spetta al giudice dello Stato membro dove si
trova il centro principale degli interessi del debitore, che, fino a prova
contraria, per le società e le persone giuridiche è la sede statutaria;
2.Se l'impresa ha una sede secondaria in uno dei paesi dell'unione è possibile
l'apertura di procedimenti secondari;
3. Il provvedimento di fallimento pronunciato in uno Stato membro è
automaticamente efficace negli altri Stati dell'Unione.
Ma passiamo ad un altro tipo di competenza del tribunale fallimentare, diversa da quella per territorio.
Secondo l'art. 24 l.f. il tribunale che ha dichiarato il fallimento è anche competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, vi è quindi una ulteriore estensione, una vis actrativa, della competenza del tribunale fallimentare, che questa volta potremmo definire per materia. |
In relazione ai crediti da lavoro, il nuovo articolo 24 non si riferisce più
espressamente a questi come rientranti nella competenza del tribunale
fallimentare; ciò deve far intendere che il credito da lavoro che spetta al
tribunale fallimentare deve derivare esso stesso dal fallimento, come ad es. i
crediti di lavoro che sorgono dall'esercizio provvisorio dell'impresa del
fallito; per gli altri crediti di lavoro, invece, sembra che ci si possa ancora
rifare alla giurisprudenza che si era formata prima della modifica dell'art. 24,
che distingueva tra richieste relative a crediti di lavoro dove si voleva
ottenere un accertamento del rapporto di lavoro strumentale al riconoscimento di
pretese dirette al pagamento di somme di denaro ad esse ricollegabili, dove deve
riconoscersi la competenza del tribunale fallimentare, e domande relative alla
illegittimità del licenziamento e richiesta di reintegrazione sul posto di
lavoro, dove invece permane la competenza del tribunale del tribunale
monocratico in veste di giudice del lavoro ex art. 409 c.p.c. , anche se
nel caso di licenziamenti dovrebbe applicarsi il particolare rito previsto dalla
legge n. 92\2012.
Notiamo che il tribunale fallimentare è anche competente ( a differenza del
passato) sulle azioni relative ai diritti reali immobiliari ( art. 52 comma 2
l.f.), oltre che per le azioni relative a diritti reali su beni mobili e ai
diritti di natura personale; il soggetto che vuole
agire in relazione a tali diritti deve proporre ricorso secondo le regole
previste per la domanda di ammissione al passivo (cioè secondo le forme del capo
V l.f. art. 92 e ss.), se non diversamente stabilito.
Il tribunale è poi competente per l'accertamento di tutti crediti che chiedono di essere ammessi al concorso, anche se garantiti e anche se sono esentati dalla regola prevista dall'art. 51, cioè dal divieto di azioni esecutive individuali. La competenza del tribunale fallimentare si ha anche per i crediti prededucibili.
Fatta questa analisi dei compiti e della competenza del tribunale, cerchiamo di riassumerli nella sottostante tabella:
tribunale fallimentare |
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Abbiamo visto che il tribunale è il destinatario dei reclami contro le decisioni del giudice delegato; in questi casi decide con decreto che, grazie alla riforma, è ora impugnabile innanzi alla corte di appello. La procedura è identica anche per le impugnazioni dei decreti del giudice delegato innanzi al tribunale, e nel seguente collegamento è possibile vedere la relativa procedura.
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