Apposizione dei sigilli
All'apposizione dei sigilli vi procede il curatore,
eventualmente con l'assistenza della forza pubblica.
Secondo il primo comma dell'art. 84 l.f. :
Dichiarato il fallimento, il curatore procede,
secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile,
all'apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede
principale dell'impresa e sugli altri beni del debitore. |
Come si intende dal tenore dell'art. 84, i beni che sono
sottoposti a sigillazione sono i beni mobili del fallito, e questi possono
tanto trovarsi nella sede principale dell'impresa, tanto in altri luoghi,
come presso la sua residenza. Si tratta, come è facile intendere, di un
provvedimento di natura cautelare, previsto per evitare che possano essere
sottratti i beni del fallito e per potere procedere alla successiva fase
dell'inventario dei detti beni. La "volatilità" dei beni mobili rende
necessaria l'operazione, che, in pratica, li sottrae alla materiale
disponibilità del debitore. Con l'inventario cessa tale pericolo,
perché il curatore entra nel possesso materiale delle cose del fallito.
Come detto all'apposizione dei sigilli vi procede il
curatore, ma se i beni o le cose si trovano in più luoghi e non è agevole
l'immediato completamento delle operazioni, e l'apposizione dei sigilli può
essere delegata a uno o più coadiutori designati dal giudice delegato.
Stabilito che il curatore deve procedere a tale apposizione,
lo stesso primo comma dell'art. 84 indica "come" devono essere apposti i
sigilli, e si fa riferimento agli articoli del codice di procedura civile in
materia e cioè agli articoli 752 e ss c.p.c. In pratica accade che il
curatore appone i sigilli sulle porte dove si trovano i beni, e, di
solito, li appone sulle porte dei locali dell'azienda del fallito, anche se
i locali non sono di proprietà del fallito. Secondo l'art. 759
c.p.c. è anche possibile nominare un custode.
Di certo la questione più rilevante in merito alla
apposizione dei sigilli, sta nella individuazione dei beni che possono
essere "sigillati" rispetto a quelli che non sono sottoposti alla procedura.
L'operazione riguarda tendenzialmente tutti i beni mobili del debitore,
ma anche quelli sui quali il fallito abbia il possesso o la detenzione,
essendo rimandato in un secondo momento (quello dell'inventario o in
sede di verifica dello stato passivo) l'accertamento della loro situazione
giuridica. Specifiche disposizioni di legge ci indicano, invece, quali sono
i beni che fanno eccezione a detta regola. Vi
sono infatti dei beni che per loro natura o per l'uso cui sono destinati
ne sono esclusi alcuni devono essere consegnati al curatore,
altri che per loro natura non è opportuno, per senso di umanità nei
confronti del fallito e della sua famiglia, sottoporre alla apposizione di
sigilli(art. 46 l.f., art. 86 l.f. art. 758
c.p.c,),;
Cerchiamo allora di distinguere le cose che non sono oggetto
della procedura:
beni che non devono essere
sottoposti ad apposizione dei sigilli per ragioni pratiche |
1. il danaro contante, da
consegnarsi al curatore, il quale provvede a depositarlo ex art.
34
l.f.(da consegnare al
curatore); 2.
le scritture contabili (da consegnare al curatore);
3. le cambiali e gli altri titoli scaduti o di
imminente scadenza, che devono essere consegnati al curatore per la
riscossione (da consegnare al curatore);
4. le cose che possono deteriorarsi; in tal
caso il giudice può ordinarne con decreto la vendita immediata (art.
758 c.p.c.). |
beni che non devono essere
sottoposti ad apposizione dei sigilli per ragioni umanitarie |
1. le cose personali di
coloro che abitano nella casa (art. 758 c.p.c.);
2. i beni e i diritti di natura strettamente
personale (art. 46 l.f.);
3. gli assegni aventi carattere alimentare, gli
stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua
attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e
della famiglia; 4.i
frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni
costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi. |
Può darsi che le cose apprese dal curatore non possano
essere trattenute e custodite da lui; in tal caso il giudice delegato può
autorizzarne il deposito in luogo idoneo, anche presso terzi.
Le scritture contabili in possesso del curatore devono
essere esibite a richiesta del fallito o su richiesta di chi ne abbia
diritto; se, però, il curatore rifiuta di far consultare le scritture, l'interessato può
proporre ricorso al giudice delegato che provvede con decreto motivato. Le
copie delle scritture possono essere rilasciate, ma a spese del richiedente.
Sulle cose sottoposte ad apposizione di sigilli il giudice
delegato può anche prendere i provvedimenti che ritiene necessari per la
loro conservazione; ciò rientra nel generale potere del giudice delegato
previsto dall'art. 25 secondo comma n.2.
Se il curatore perde il possesso di una cosa di un terzo, il
titolare del diritto può chiedere che il controvalore della cosa gli sia
corrisposto in prededuzione (art. 103 l.f. comma 1).
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