Principi e diritti Fondamentali
212 domande di diritto costituzionale e pubblico | ||
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La nostra Costituzione non si occupa solo del funzionamento dello Stato, ma impone allo stesso Stato e alle sue leggi di tutela una serie di diritti che la stessa carta costituzionale considera fondamentali;
Se si guarda la struttura della Costituzione, scopriamo che, oltre alla ordinaria divisione dei testi legislativi, si può ulteriormente dividere in tre parti;
Principi fondamentali: sono le regole fondamentali su cui si basa l'intero disegno costituzionale (artt. 1-12);
Diritti e doveri dei cittadini: in questo caso la Costituzione individua quali sono e come devono svolgersi i diritti e i doveri dei cittadini (artt. 13-54); la suddivisione è ancora specificata in: rapporti civili (artt. 13-28); rapporti etico sociali (artt. 29-34); rapporti economici (artt. 35-47); rapporti politici (artt. 48-54). Questa è la parte prima della Costituzione, che , insieme ai principi, non può essere oggetto di revisione costituzionale;
Ordinamento dello Repubblica; vi è disegnata la struttura fondamentale dello Stato (artt. 55-139); si fa qui riferimento al Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Magistratura, Regioni Provincie e Comuni e garanzie costituzionali; questa è la seconda parte della Costituzione; l'ordinamento dello Stato può essere oggetto di revisione costituzionale, ad esclusione della forma repubblicana che non può essere oggetto di tale revisione (art. 139).
Passiamo a un commento dei vari principi e diritti.
Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. |
Non è difficile interpretare tale principio; l'Italia è una
Repubblica democratica; ciò vuol dire principalmente che a tutti deve essere
data la possibilità di accedere alla vita politica; questo principio trova la
sua maggiore specificazione nel titolo IV della Costituzione relativo ai
rapporti politici.
Il lavoro ( e quindi non la rendita) è l'elemento caratterizzante della vita
italiana e questo principio trova la sua maggiore specificazione nel titolo III
della Costituzione relativo ai rapporti economici. Ricordiamo quindi i principi
che toccano i rapporti di lavoro: il diritto di sciopero, il diritto di
proprietà e di iniziativa economica; dalla nostra Costituzione emerge quindi la
figura di uno Stato interventista nell'economia, in opposizione al vecchio Stato
liberale che invece interveniva poco in quel campo.
Il popolo è titolare della sovranità, ma non la esercita
direttamente; la nostra è democrazia rappresentativa e non diretta.
Ma ciò
significa anche
che nessun organo di governo potrà auto legittimarsi, ma dovrà comunque poter
contare su una legittimazione proveniente dal popolo, questi, infatti, in quanto titolare della
sovranità è in grado di attribuirne l'esercizio ad altri soggetti.
Questo non vuol dire, però, che tutti gli organi
dello Stato debbano essere necessariamente rappresentativi, poiché si è pensato
di istituire organi non rappresentativi, come la Corte Costituzionale e gli
organi di giustizia ordinaria, che siano in grado di bilanciare le eventuali degenerazioni
del parlamentarismo. Analizziamo meglio ora i principi fondamentali della
Costituzione.
Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. |
Vedremo poi quali sono tali " diritti inviolabili" , osserviamo da subito che:
1. questi diritti sono inviolabili sia dai poteri pubblici che
dai privati;
2. la Repubblica li "riconosce" ciò vuol dire tali diritti preesistono allo
Stato; si tratta di una adesione alle tesi del giusnaturalismo;
3. questi sono i diritti assoluti della persona, e quindi si affermano nei
confronti di chiunque, sono indisponibili e quindi inalienabili e
imprescrittibili;
4. i diritti sono tutelati in quanto tali, ma sono anche tutelati all'interno delle formazioni
sociali ( non si può ad es. costringere una persona ad aderire per sempre ad un
partito o a una società);
5. il
riferimento all'articolo due non
riguarda solo i cittadini, ma riguarda tutti gli uomini
Ciò precisato, quali sono i diritti fondamentali?
Possiamo avere due tesi:
Prevale in dottrina la seconda opzione, e si dice che la
Costituzione prevede un catalogo a fattispecie "aperta", in grado di espandersi
con il tempo, pensiamo, ad es. al diritto alla riservatezza, che acquista sempre
più rilevanza con l'andare del tempo.
Ma vi è anche chi non condivide questa tesi, sia perché non sembra trovare alcun
riscontro nel testo costituzionale, sia perché le ipotesi in cui vi siano
diritti non previsti dalla Costituzione sono più limitate di quanto si pensi,
sia perché gli istituti della libertà, ancorati ad un diritto naturale, assumerebbero connotati talmente labili
e soggettivi da scomparire" nella nebbia dell'incertezza del diritto".
Possiamo comunque ritenere che dai diritti specificamente indicati
dalla Costituzione si possono trarre tutti i diritti consequenziali a questi,
che, in ogni caso, non sono i soli diritti "inviolabili" individuabili in base
al testo costituzionale.
Tra i diritti individuati in base al solo articolo 2, ricordiamo in base alla
giurisprudenza costituzionale (che però non ha ancora riconosciuto espressamente
la teoria del catalogo aperto dei diritti), il diritto alla abitazione,
all'identità sessuale, alla riservatezza, al decoro, il diritto alla vita e
integrità fisica, questi ultimi non espressamente previsti dalla Costituzione,
ma ricavabili da norme fondamentali del ns. ordinamento (art. 5 c.c. art. 27
Cost. che ha abolito la pena di morte).
Discorso a sé merita l'espresso riconoscimento del diritto al nome come
diritto fondamentale; l'art. 22 della Costituzione dispone infatti che:
Art. 22. Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome. |
E' chiaro che togliere il nome ad un soggetto (come del resto
la capacità giuridica e la cittadinanza), significa privarlo di un suo diritto
fondamentale e renderlo nei fatti un soggetto senza diritti, come accadeva per
gli schiavi. Tale impostazione è anche confermata dalla Corte Costituzionale che
nella sentenza 03/02/1994, n. 13, ha affermato che:
"Tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana,
l'art. 2 Cost. riconosce e garantisce anche il diritto all'identità personale,
di cui il nome - enunciato come bene di autonomo diritto dal successivo art. 22
Cost. - rappresenta il primo e più immediato elemento caratterizzante, in quanto
segno distintivo e identificativo della persona umana nella sua vita di
relazione."
Il Principio di Eguaglianza
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Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. |
Questo articolo esprime uno dei fondamentali (e fonte di impegnative discussioni) principi del nostro ordinamento costituzionale, il principio di eguaglianza; tradizionalmente è declinato in due tipologie:
1. Eguaglianza Formale: primo comma dell'art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Questo principio viene inteso da una (oscillante)
giurisprudenza della Corte
Costituzionale in tal senso:
il principio di eguaglianza non deve essere intenso nel senso che tutti devono
essere trattati allo stesso modo, ma che situazioni eguali devono essere
trattate in maniera eguale e situazioni diverse in maniera ragionevolmente
diversa.
Questo principio è detto formale perché è enunciato come una formula
astratta, non dicendo, in concreto, nulla delle situazioni che sta trattando.
In sostanza si traduce in primo luogo in un divieto imposto al legislatore di
adottare trattamenti irragionevolmente differenziati tra i cittadini, ma ciò non
significa che vi sia un obbligo assoluto ad un trattamento sempre e comunque
paritario, al contrario deve essere inteso come divieto di introdurre
discriminazioni illegittime, perché basate su una valutazione irrazionale delle
situazioni regolate, cosicché esso risulta leso ogniqualvolta il
legislatore tratti in modo irragionevolmente eguale situazioni che si presentano
diverse o quando, all’opposto, tratti in modo diverso situazioni che sono
assimilabili.
Come si vede il canone da seguire è quello della "ragionevolezza" delle eventuali differenze di trattamento che la legge può in astratto prevedere, valutazione sulla ragionevolezza, che ha anch'essa subito divergenti variazioni.
In particolare l'art. 3 indica una serie di ipotesi dove il vincolo deve essere rispettato, in primo luogo dal legislatore, ma che nei fatti riguarda tutti i soggetti dell'ordinamento, in maniera assoluta, e cioè il divieto di distinzioni ( e cioè di discriminazioni) di fronte alle seguenti ipotesi:
Il divieto, come detto, non deve essere inteso in
maniera assoluta, perché, come detto, se esiste un ragionevole motivo per
cui tali distinzioni devono essere fatte, queste sono legittime e non
contrastano con il principio di eguaglianza, ad es. non sarebbe incostituzionale
una legge ( o non contrasterebbe con l'art. 3), un comportamento di un dirigente
scolastico, che prevedesse corsi supplementari di italiano per studenti
stranieri che non conoscono la nostra amata lingua.
Il divieto, allora,
(indicato come il nucleo forte del principio di eguaglianza formale) vieta che
ci siano distinzioni basate solo quelle situazioni, che, per il fatto stesso di
esistere, producono trattamenti differenziati, come se si negasse
l'istruzione o il voto a un cittadino italiano sol perché di razza diversa o di
diverse opinioni politiche o orientamento religioso, qui ci troveremmo davanti a
una discriminazione, ciò che vuole appunto evitare l'art. 3, soprattutto nel suo
"nucleo forte" .
2. Eguaglianza sostanziale: è quello del secondo comma
dell'art. 3;
la Repubblica non deve limitarsi a prevedere l'eguaglianza di trattamento dei
cittadini, anche prevedendo in astratto ragionevoli trattamenti differenziati,
ma deve fare di più, deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che per il fatto stesso di esistere, impediscono o rendono più gravoso, il
godimento delle libertà, rendendole, così, "diseguali".
Per far ciò, però, si deroga al principio di eguaglianza formale, favorendo
attraverso azioni e determinazioni concrete, certi soggetti al posto di
altri, che non partono da "situazioni di svantaggio".
Si ritiene che le due declinazioni del principio di eguaglianza siano
inconciliabili tra loro, anche per ragioni storiche, uno espressione dello Stato
liberale, l'altro dello Stato sociale, ma è preferibile la tesi secondo la quale
i due principi si completano tra loro, evitando che si creino pericolose
"discriminazioni all'incontrario" .
Strumenti di tutela dei diritti fondamentali
1. la prima garanzia sta nel fatto che tali diritti sono
previsti proprio nella Costituzione; come è noto, la nostra
Costituzione è rigida, e quindi non può essere modificata se non
attraverso un procedimento aggravato;
ciò comporta che tali diritti non
potrebbero essere modificati se non attraverso il procedimento ex art. 138 Cost.;
sappiamo anche, però, che sarebbe illegittima una stessa
modifica della Costituzione che elimini tali diritti o ne riduca le garanzie.
2. altra garanzia le troviamo nella riserva di
legge, nel senso che solo la legge può intervenire sui diritti
fondamentali.
3. la riserva di giurisdizione: in base a questa riserva un
provvedimento restrittivo delle libertà individuali non può essere preso se non
attraverso un provvedimento del giudice, non essendo possibile che tale potere
possa spettare alla pubblica amministrazione.
4. la tutela giurisdizionale; in base all'articolo 24 della
Costituzione, tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi; di conseguenza è garantita la tutela a tutti i soggetti,
con la possibilità di rivolgersi al giudice. Completano tale principio, sempre
dal punto di vista della
Costituzione, il diritto alla difesa, che deve essere garantita per tutto il
procedimento (art. 111) , i principi della naturalità e precostituzione del
giudice (art. 25), nel senso che non si può creare un giudice per un affare
specifico, ma i giudici devono essere precostituiti per classi generali di
affari, il principio di imparzialità e indipendenza del giudice, e ancora,
l'importante principio, che si considera implicito nel diritto alla difesa,
secondo cui:
" contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà
personale, è sempre ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge
(art. 111)".
Non è invece previsto costituzionalmente il principio del doppio grado di
giurisdizione, mentre l'articolo 27 comma 2 della Costituzione afferma il
principio di presunzione di innocenza, fino a quando non vi sia stata condanna
definitiva.
5. la responsabilità del funzionario; l'articolo 28 della
Costituzione stabilisce la responsabilità diretta dei funzionari e dei
dipendenti pubblici per gli atti compiuti in violazione dei diritti. In questo
modo i dipendenti pubblici sono maggiormente stimolati ad agire correttamente,
anche se la loro responsabilità è sempre solidale con quella dello Stato,
per permettere al cittadino che sia stato leso di ottenere il giusto
risarcimento.
6. la tutela della Corte Costituzionale: il sindacato di
legittimità costituzionale, rappresenta sicuramente un efficace strumento
di tutela dei diritti fondamentali dei cittadini; infatti poiché
Il bilanciamento dei diritti.
Il bilanciamento dei diritti è una tecnica impiegata per risolvere le questioni
di costituzionalità in cui si registra un contrasto tra diritti ed interessi
diversi; in astratto non è pensabile che dei diritti espressi in principi
possano entrare in contrasto tra loro, ma il conflitto può aversi
nell'applicazione pratica.
Ad esempio nel caso dell'aborto entrano in gioco il diritto alla salute della
madre, e quello alla vita del concepito.
La tecnica è impiegata dalla Corte
Costituzionale, non solo italiana, per risolvere il problema, ma a
volte è la Costituzione ad indicare in nome di quali interessi il diritto
può essere limitato, ad es. l'art. 14 della Costituzione , che garantisce il
diritto alla inviolabilità del domicilio, permette comunque che in determinati
casi questi possa essere "violato", ma tale violazione può avvenire per
specifici motivi, in base ad una legge e con provvedimento della autorità
giurisdizionale o con provvedimento della autorità sanitaria e nei casi previsti
da leggi speciali; come si vede la tutela dell'ordine pubblico o della salute,
prevale sul diritto costituzionalmente garantito del domicilio, ma con le
garanzie che abbiamo visto. Insomma è come se la Costituzione dicesse al
legislatore: di fronte a questi diritti entrati in conflitto, io do la
prevalenza a questo particolare diritto o interesse, ma tu legislatore la
prevalenza dell'altro diritto o interesse la puoi fare, ma alle
condizioni che io Costituzione ti dettato.
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