Il recesso dalla società

Il recesso è il potere riconosciuto a una parte di un contratto di potersi sciogliere unilateralmente dal vincolo, e, per la serietà stessa dell’impegno preso, può, in generale essere esercitato solo nei casi previsti dalla legge.
Per la S.p.A. la legge si preoccupa di determinare i casi in cui ciò sia possibile, dividendo le ipotesi di recesso (art. 2437) in due categorie, quelle che non possono essere eliminate per scelta statutaria e quelle che invece, pur previste dalla legge possono essere eliminate dallo statuto.
Analizzando le varie ipotesi scopriamo che si tratta di situazioni specifiche delle società, perché il diritto di recesso è in genere riconosciuto quando l’assemblea ha preso delle decisioni talmente importanti, come ad es. il trasferimento della sede sociale all’estero, che i soci che non hanno concorso alla deliberazione hanno due strade innanzi a loro: accettare la delibera, oppure recedere dalla società.
 

Vediamo allora il primo gruppo d’ipotesi dove è riconosciuto dalla legge il diritto di recesso, senza che la società possa eliminarlo per disposizione dello statuto:
a) la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società;
b) la trasformazione della società;
c) il trasferimento della sede sociale all'estero;
d) la revoca dello stato di liquidazione;
e) l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;
f) la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;
g) le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
L’eventuale patto che elimini queste cause o renda più gravoso l’esercizio del recesso è nullo

Abbiamo poi il secondo gruppo di casi di recesso, previsti dalla legge, ma che possono essere eliminati dallo statuto:

a) la proroga del termine;
b) l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.

Lo statuto può anche prevedere altre cause di recesso, come anche altre cause di recesso sono previste nei casi di gruppi di società (art. 2437 e 2437 ter)

Vi è poi un terzo caso di recesso, che non ha nulla a che vedere con quelli visti sino ad ora, perché non riguarda una delibera che risulti sgradita a alcuni soci, ma costituisce l’applicazione di una regola generale in tema di contratti di durata, secondo la quale quando un contratto è a tempo interminato deve essere sempre riconosciuto il diritto di recesso.
Ed infatti per il terzo comma dell’art. 2437:

Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno”.

Basta quindi inviare il preavviso nei termini, e non c’è nulla di strano in questo, perché in tutti i casi di recesso è sempre necessario un preavviso in questo caso di 180 giorni, mentre negli altri casi il preavviso deve essere inviato:
a) entro 15 gg. dalla iscrizione della delibera “sgradita” nel registro delle imprese e , ancora
b) entro 30 gg. dalla conoscenza del fatto, diverso dalla delibera, che fa sorgere nel socio il diritto al recesso.

Il preavviso serve alla società per prepararsi a liquidare la quota al socio uscente e anche a vedere se riesce a collocare le azioni rimaste scoperte.
La comunicazione deve essere inviata con raccomandata nei termini che abbiamo visto, ma se la società entro 90 giorni revoca la delibera che ha causato il recesso e quando sia stato deliberato lo scioglimento della società, il recesso non potrà essere più esercitato, e se già esercitato, perderà efficacia.

Esercitato regolarmente il recesso, sarà necessario liquidare il valore delle azioni al socio.

Viene allora da chiedersi se al socio spetterà una liquidazione corrispondente al valore nominale delle azioni o secondo un diverso parametro di valutazione.

Se leggiamo il secondo comma dell’art. 2437 ter scopriamo che i parametri di valutazione sono eterogenei e diversi secondo che si tratti di società che facciano ricorso al capitale di rischio o meno, e infatti per le società che non fanno ricorso al capitale di rischio gli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, determinano il valore delle azioni, secondo questi parametri:

Se, invece, la società è quotata in mercati regolamentati il valore delle azioni si determina:

Comunque, come si vede, non è preso in considerazione il valore nominale delle azioni.

Questi sono quindi i parametri per la valutazione delle azioni, ai fini della liquidazione della quota al socio, ma lo statuto può prevedere, ancora, criteri diversi per la determinazione del valore di liquidazione, indicando gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, e anche altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione.

Eseguite queste valutazioni, si terrà l’assemblea e tutti i soci hanno diritto a prendere visione di queste valutazioni almeno 15 giorni prima dell’assemblea. È possibile, infatti, che s’intenda contestare le valutazioni eseguite dagli amministratori.

In caso di contestazione, da proporre contestualmente alla dichiarazione di recesso, il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni dall'esercizio del diritto di recesso tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente. L’art. 2437 ter, che disciplina la procedura, si riferisce poi al primo comma dell’art. 1349; per la precisione dispone che “ si applica in tal caso il primo comma dell'articolo 1349”.
Ciò fa intendere che la valutazione del perito va intesa come atto di arbitraggio.
Risolti gli eventuali problemi circa il valore della liquidazione della quota al socio che ha esercitato il recesso, bisogna stabilire la sorte delle azioni che erano di sua proprietà; in primo luogo si cercherà di farle acquistare agli altri soci, consentendogli di esercitare il diritto di opzione.
Se l’opzione non è esercitata, si cercherà di venderle a terzi, anche nei mercati regolamentati, se la società opera in quei mercati.
Ma può darsi che queste azioni non trovino acquirenti, e allora sono rimborsate al socio direttamente dalla società; in altre parole la società acquisterà le azioni, ma potrà farlo sono solo utilizzando le riserve o gli utili disponibili. Se, però, mancano le une e le altre, agli amministratori non resterà altro da fare che convocare l’assemblea straordinaria per la riduzione del capitale sociale.
Ma anche in questo caso possono sorgere problemi. Si applica, infatti, la disciplina prevista per la riduzione volontaria del capitale sociale (art. 2445 commi 3 e 4); ricordiamo che in quei casi è prevista l’opposizione dei creditori sociali alla riduzione. Nel malaugurato caso che questa opposizione vi sia, e il tribunale l’accolga, la società dovrà sciogliersi.

2437. Diritto di recesso.
2437-bis. Termini e modalità di esercizio.
2437-ter. Criteri di determinazione del valore delle azioni.
2437-quater. Procedimento di liquidazione.

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