Si può pensare che i creditori verranno pagati solo quando sono sati liquidati tutti i beni del debitore fallito; in realtà è più utile far ottenere ai creditori quello che gli spetta mentre le alienazioni dei beni sono in corso, ed è per questo che l'art. 110 l.f. prevede un procedimento per le ripartizioni parziali, che vediamo nella successiva tabella.
Ricordiamo che cliccando sulle parole in corsivo si attivano i collegamenti ipertestuali.
![]() |
Nello schema abbiamo visto che è possibile proporre reclamo contro il
progetto di riparto ai sensi dell'art. 36 l.f.
Il fatto si spiega considerando che si tratta di un atto del curatore, dove il
giudice delegato sembra avere un ruolo del tutto formale, ed è quindi sembrato
opportuno riferirsi a quella procedura; l'unica differenza sta nel fatto che qui
il termine non è di 8 gg., ma di 15 dalla comunicazione del deposito.
Le cose si complicano, però, quando passiamo a considerare l'impugnazione del
provvedimento del giudice che decide sul reclamo.
Si dovrà applicare la disciplina dell'art. 36 comma 2 o quella dell'art. 26? A
guardare bene è l'art. 36 a doversi applicare, sia perché espressamente
richiamato, sia perché lo stesso art. 26 prevede una possibilità di revoca, ma
anche e soprattutto perché segue con coerenza lo schema:
1. atto curatore--> 2. reclamo--> 3. decisione giudice delegato--> 4. ricorso
tribunale ex art. 36.
L'art. 26, invece, postula l'impugnazione di un atto proprio del giudice
delegato ( o del tribunale), e questo non è certo il caso.
Diversamente dovrebbe accadere nel caso in cui il giudice delegato, mancando i
reclami, dichiari esecutivo (con decreto) il progetto di ripartizione. Qui non
si propone lo schema cui abbiamo fatto cenno prima (1. atto curatore--> 2.
reclamo--> 3. decisione giudice delegato--> 4. ricorso tribunale ex art. 36 ), e
quindi l'impugnabilità del decreto del giudice andrà effettuata ex art. 26 l.f.
Le ripartizioni parziali non possono superare l'80% delle somme da distribuire, e ciò perché il rimanente 20% deve essere tenuto per far fronte a eventuali imprevisti; il limite dell'80% delle somme da distribuire, però, può essere ulteriormente abbassato, e ciò accade quando è necessario trattenere delle somme per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e ogni altro debito prededucibile.
Abbiamo visto che sono ammessi al fallimento anche creditori di cui non è certo il diritto (creditori ammessi con riserva), e che possono pendere dei giudizi di impugnazione dello stato passivo; sorge quindi la necessità di di depositare le somme eventualmente loro spettanti, ed è il giudice delegato che decide le modalità del deposito; ma vediamo analiticamente quali sono i creditori per cui è necessario il deposito per le somme relative ai loro crediti.
1) ai creditori ammessi con riserva;
2) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari;
3) ai creditori opponenti la cui domanda è stata accolta ma la sentenza non è passata in giudicato;
4) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revocazione.
Altre somme di denaro possono giungere al fallimento, di cui è incerta la loro attribuzione definitiva; pensiamo al caso in cui il curatore sia risultato vittorioso in un giudizio in primo grado, ma non in via definiva, perché il provvedimento che riconosce i diritti del fallimento, seppure esecutivo, non sia ancora passato in giudicato, con il rischio, quindi, che proposta un'impugnazione, poi vittoriosa, si debba restituire quanto ricevuto. Per questo motivo le somme ricevute in seguito a tali provvedimenti devono essere trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.
|