Opposizione di terzo all'esecuzione

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Questa opposizione è proposta da un terzo (e quindi un soggetto diverso dal debitore o dai creditori), che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati (art. 619).

Si tratta di un procedimento assimilabile all’opposizione all’esecuzione, perché anche qui si contesta il “se” dell’esecuzione, cioè il diritto del creditore a procedere, solo che la contestazione è sollevata da un terzo che sostiene che quel bene non poteva essere sottoposto al pignoramento o perché non appartenente al debitore o perché vanta su quel bene un diritto reale.

Viene allora da chiedersi come mai si possa giungere a pignorare un bene di un terzo, piuttosto che quello del debitore. 

Ciò può accadere in seguito a uno sbaglio dell’ufficiale giudiziario, ma il più delle volte accade che nell’espropriazione mobiliare presso la casa del debitore o nei luoghi a lui appartenenti, si trovino, per i motivi più vari, beni mobili di terzi, come può essere il caso in cui il terzo abbia dimenticato il suo telefono cellulare dal debitore, o, ancora, quando il debitore svolge un lavoro che comporta la detenzione di cose di terzi.

In questi casi anche se il debitore afferma che quelle cose non gli appartengono, l’ufficiale giudiziario provvederà comunque a pignorarle, salvo che lo stesso debitore non esibisca all’ufficiale giudiziario un atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento (art. 2704 e 2914 n. 4 c.c.) che provi che la proprietà è di un terzo. 

È facile intuire che una simile opposizione sia più frequente nell’espropriazione mobiliare, che nell’immobiliare, dove è più difficile, ma non impossibile, che vi sia un errore sul bene immobile da pignorare.

Prima di illustrare lo svolgimento di questa procedura sono necessarie alcune considerazioni che si traggono dall’art. 619.

 

1) poiché si fa riferimento a beni pignorati, quest’opposizione è tipica dei processi d’espropriazione;

2) poiché si fa riferimento alla proprietà o altri diritti reali vantanti dal terzo sui beni pignorati, sembra difficile ammettere che l’opposizione di terzo possa essere ammessa anche per diritti diversi, come quelli di credito o potestativi;

3) poiché il pregiudizio del terzo si realizza solo in seguito al pignoramento, non vi saranno le due ipotesi procedurali (prima e dopo l’inizio dell’esecuzione), che caratterizzano le altre opposizioni.

 

Vediamo ora lo schema dell’opposizione di terzo all’esecuzione.

 

In caso di mancato accordo si procederà a norma dell’art. 616 con la procedura già vista (termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, termini a comparire ridotti alla metà), ma solo se il giudice dell’esecuzione è anche competente per il merito. Se, invece, non è competente per valore, fissa alle parti un termine per la riassunzione del processo innanzi al giudice competente.

L’art. 620 prende in considerazione l’ipotesi in cui l’opposizione sia stata proposta dopo che il giudice abbia disposto la vendita dei beni pignorati (opposizione tardiva).

In questo caso può accadere che il giudice dell’esecuzione non sospenda la vendita, come pure potrebbe fare ex art. 624, e che i beni pignorati siano venduti. Poi succede che il terzo riesca a vincere la causa. In questo malaugurato caso il terzo potrebbe non tornare in possesso dei beni già venduti, ma può far valere i suoi diritti sulla somma ricavata dalla vendita, sempre, però, che tale somma non sia stata già distribuita.

La regola dell’art. 624 va però coordinata con quella dell’art. 2920 c.c. che riguarda proprio i diritti dei terzi sulla cosa mobile venduta che però non hanno fatto valere i propri diritti reali sulla somma ricavata dall’esecuzione. In questo caso è decisivo lo stato di buona o male fede dell’acquirente del bene: se questi era in buona fede, il terzo non potrà tornare in possesso del bene mobile, ma se era in mala fede, dovrà restituire il bene al terzo.

Anche lo stato di buona o male fede dei creditori è decisivo quando la somma ricavata sia stata già distribuita. Se, infatti, i creditori erano in mala fede, dovranno restituire la somma anche dopo che è stata distribuita. È poi in ogni caso responsabile verso il terzo il creditore procedente.

Chiudiamo l’argomento con l’importante regola dell’art. 621 che introduce un altro limite alla prova testimoniale, oltre a quelli che già abbiamo visto nel processo di cognizione considerati nel primo volume.

Il terzo, infatti, non può provare il suo diritto con testimoni sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, ma deve produrre una prova documentale, e cioè atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento (art. 2704 e 2914 n. 4 c.c.).

Tale limite può però essere superato quando sia verosimile che dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore, questi avesse presso si sé beni di terzi, come nel caso in cui il debitore svolgesse l’attività di antiquario o di gioielliere.

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