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Con quest’opposizione (art. 617) si
fanno valere le irregolarità formali degli atti preliminari all’esecuzione oltre
che dei singoli atti dell’esecuzione.
Con l’opposizione agli atti esecutivi
non si contesta il diritto del creditore a procedere all’esecuzione, oggetto
dell’opposizione all’esecuzione, ma il modo di procedere, il “come”
dell’esecuzione.
Si tratta di un autonomo processo di
cognizione, anche se, per alcune sue particolarità, parte della dottrina lo
considera come una fase incidentale del processo d’esecuzione.
Nel concetto di “irregolarità formali”
non bisogna intendere solamente i vizi che investono la forma dell’atto
esecutivo ma ogni vizio, dalla validità sino all’opportunità di compierlo in un
certo modo.
Come esempio di questo tipo di
opposizione, pensiamo al caso in cui non via sia stata la spedizione in forma
esecutiva del titolo ex art. 475.
In questa ipotesi si contesta la
regolarità formale del titolo esecutivo, non la sua validità, perché se si
volesse fare ciò, bisognerebbe agire con l’opposizione all’esecuzione ex art.
615, visto che una contestazione sulla validità del titolo esecutivo riguarda lo
stesso diritto a procedere, il “se” e non il “come” dell’esecuzione.
Ancora possiamo pensare a un
pignoramento eseguito dopo 90 giorni dalla notifica del precetto, oppure a
ipotesi di nullità del precetto (art. 480 comma 2). In quest’ultimo caso si fa
questione di nullità del precetto, ma è pur sempre una questione riguardante il
“come” dell’esecuzione, perché non si contesta il “se”, cioè il diritto del
creditore a procedere all’esecuzione.
Legittimati all’opposizione, sono il
debitore, il terzo assoggettato all’esecuzione e tutti i soggetti che sono
destinatari dell’atto.
Anche i creditori, che di solito sono
i soggetti passivi dell’opposizione, possono proporla quando l’atto esecutivo
pregiudica i loro diritti.
L’opposizione agli atti esecutivi può
essere proposta prima o dopo l’inizio dell’esecuzione, ma, a differenza di
quella all’esecuzione, la domanda deve essere proposta sempre al giudice
dell’esecuzione. Analizziamo, quindi, separatamente le due ipotesi, partendo
dalla prima, cioè dal caso in cui l’esecuzione non sia ancora iniziata.
La competenza è
del giudice individuato dal già citato art. 480 comma 3, cioè innanzi al giudice
dell’esecuzione.
L’opposizione
all’esecuzione può proporsi anche dopo l’inizio dell’esecuzione nei casi
previsti dall’art. 617 comma 2, ma per i termini bisogna distinguere tre
ipotesi:
1) quando sia
stato impossibile proporla prima dell'esecuzione (ad es. nel caso di
esecuzione immediata): il termine è di venti giorni dal primo atto di
esecuzione;
2) quando
riguarda la notificazione del titolo esecutivo e del precetto: il termine è
di venti giorni dal primo atto di esecuzione;
3) quando
riguarda un singolo atto del processo esecutivo: il termine è di venti
giorni dal compimento dell’atto che si vuole contestare.
Come si vede il
termine per l’opposizione agli atti esecutivi è sempre di venti giorni, che però
decorre effettivamente non dal compimento dell’atto, ma dalla conoscenza
(legale) che le parti del processo esecutivo ne hanno avuto.
Tale conoscenza
può scaturire da una notificazione o comunicazione dell’atto stesso oppure
dell’atto successivo che però presuppone l’atto che si vuole contestare.
In tutti e tre i
casi, l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, ma
dobbiamo ricordare l’ipotesi dell’art. 618 bis concernente le opposizioni in
materia di lavoro e di controversie di previdenza e assistenza (art 409 e ss.).
Queste sono
disciplinate dalle regole previste per il processo del lavoro, in quanto
applicabili, e nel caso in cui l’opposizione sia stata proposta dopo l’inizio
dell’esecuzione (che vedremo nello schema che segue) il ricorso deve essere
comunque depositato nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, che manterrà
la sua competenza per le ordinanze che potrà pronunciare in quella fase
dell’opposizione.
Vediamo allora
nello schema che segue, l’ipotesi di opposizione agli atti esecutivi dopo che
sia già iniziato il processo esecutivo.
Come si evince
dallo schema il giudizio di opposizione agli atti esecutivi si svolge in due
fasi.
La prima è di
natura camerale, dove si può giungere anche alla sospensione del processo
esecutivo.
Nella seconda
fase, del merito, s’inizia un giudizio di cognizione, dove la parte interessata
prosegue il giudizio, citando l’altra parte
nel termine indicato dal
giudice e fissando la data della prima udienza di comparizione nel rispetto dei
termini ex art. 163 bis, ma ridotti alla metà.
Ciò significa che
la prima udienza può essere fissata anche dopo 45 o 75 giorni (se il convenuto
risiede all’estero) dalla data di notifica della citazione.
Nel processo il
nuovo magistrato potrà anche revocare i provvedimenti presi nella fase camerale,
come la sospensione del processo, e la sentenza potrà anche portare
all’annullamento degli atti esecutivi viziati e di tutti quelli consequenziali
ex art. 159, non è impugnabile in appello, ma è impugnabile ex art. 111 della
Costituzione e per tutti i cinque motivi del primo comma dell’art. 360 per
l’espresso richiamo dell’ultimo comma dell0 stesso articolo. Ricordiamo, infine,
che la proposizione dell’opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il
termine di efficacia del pignoramento ex art. 497.
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