La sentenza (definitiva o non
definiva) ha l’attitudine a passare in giudicato, può, in altre parole,
acquistare un grado di certezza tale da non poter più rimettere in discussione
innanzi ad altro giudice la decisione in essa contenuta.
Non tutte le sentenze passano in
giudicato, perché è necessario che vi siano altre condizioni, esterne alla
sentenza, che lo permettano, e cioè:
a) La sentenza (di primo grado o
successiva) non è stata impugnata nei termini di legge, oppure:
b) È stata proposta impugnazione
ma non si è proseguito il giudizio di impugnazione, oppure:
c) Sono
state proposte tutte le impugnazioni ordinarie sino a giungere alla decisione
del giudice supremo (
Come si vede dalle ipotesi
riportate, la parte soccombente o sceglie di non impugnare la sentenza, oppure
decide di impugnare la sentenza, per poi proseguire nelle impugnazioni sino a
giungere alla Corte di cassazione. Dopodiché la sentenza non sarà più
impugnabile e passerà in giudicato formale che trova la sua regola espressa
nell’art. 324 secondo cui: ”Si intende
passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di
competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i
motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo
Approfondiremo, nella parte che si riferisce alle impugnazioni, la differenza
tra mezzi d’impugnazione ordinari e straordinari, per ora ci basta osservare che
la mancata impugnazione nei termini fa passare in giudicato formale la sentenza.
Quanto
detto, però, non esaurisce il discorso sul giudicato, perché di quest’argomento
si occupa anche il codice civile all’art. 2900, rubricato “cosa giudicata”
secondo il quale: ”L'accertamento
contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le
parti, i loro eredi o aventi causa”.
Qui si parla di cosa giudicata
sostanziale, un concetto che si aggiunge a quello di cosa giudicata (o più
semplicemente di giudicato) formale: che rapporto esiste tra il giudicato
formale e sostanziale?
Possiamo rispondere che il
giudicato formale precede logicamente il giudicato sostanziale, ma non si
confonde in esso; solo una sentenza che sarà passata in giudicato formale potrà
poi passare in giudicato sostanziale, e quindi rendere incontestabile
l’accertamento in essa contenuto, cioè l’accertamento dei diritti delle parti.
Ma dobbiamo osservare che non
sempre avviene questo collegamento, perché vi sono sentenze che passano in
giudicato formale, ma non passano in giudicato sostanziale, per il semplice
motivo che non contengono decisioni in grado di influire sulle situazioni
sostanziali delle parti, sui loro diritti, perché non sono entrate nel merito
del processo.
Facciamo l’esempio di una
sentenza sulla giurisdizione, dove il tribunale affermi la sua giurisdizione, e
disponga la prosecuzione del giudizio. Nei termini di legge nessuna delle parti
la impugna, e quindi questa sentenza passerà in giudicato, ma solo in giudicato
formale (perché non sarà più impugnabile) ma non conterrà decisioni sul merito
del processo, non vi sarà nessun accertamento sui diritti delle parti in grado
di produrre gli effetti dell’art. 2909 c.c. e quindi non passerà in giudicato
sostanziale.
In generale si può affermare che
le sentenze che hanno carattere esclusivamente processuale hanno l’attitudine a
passare in giudicato formale, ma non in quello sostanziale, avvertendo, però,
che in concreto è necessario svolgere una ricerca caso per caso, per verificare
i rapporti tra giudicato formale e sostanziale.
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