Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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stato di necessità

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Nozione (art. 2045 c.c.): agisce in stato di necessità chi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato né altrimenti evitabile. In questa situazione al danneggiato spetterà solo un’indennità.

Lo stato di necessità differisce dalla legittima difesa perché non si è in presenza di un’aggressione, ma di una situazione di pericolo in grado di provocare un danno grave alla persona. Agisce in stato di necessità l'alpinista che per salvarsi la vita taglia la fune che lo lega al compagno facendolo precipitare, ma anche chi entra in una proprietà privata sfondando una porta per sfuggire ad un’aggressione. 
Lo stato di necessità è quindi un'ipotesi di forza maggiore di fronte alla quale non è possibile difendersi senza ledere diritti altrui. Non essendovi un’aggressione, i requisiti dello stato di necessità sono più rigidi rispetto alla legittima difesa.

In primo luogo si può agire in stato di necessità solo per evitare un danno grave alla persona; non vi rientrano i danni patrimoniali e nemmeno i danni fisici di lieve o media entità, anche se in caso di danni alla persona bisognerà valutare la situazione caso per caso. In merito allo stato di pericolo, per andare esenti da responsabilità, è necessario che questo, oltre ad essere attuale, non deve essere stato volontariamente provocato dal soggetto agente; nell'ipotesi dell'alpinista, non potrebbe invocare l'esimente l'istruttore che dopo aver portato l'allievo su una parete, tagli la corda che lo lega a lui per salvarsi. Il pericolo deve poi essere inevitabile; non si potrà, a differenza di quanto accade per la legittima difesa, invocare lo stato di necessità quando si poteva evitare il pericolo con la fuga. La situazione di pericolo può essere provocata da fatti naturali o umani; è lecito, però ed al pari della legittima difesa, agire quando la situazione di pericolo sia stata provocata da un incapace.  Se, poi, la situazione di pericolo è stata provocata da un terzo, sarà lui a rispondere dei danni provocati, e non il soggetto agente; se, quindi sfondo una porta per evitare un’aggressione, dei danni provocati risponderà l'aggressore.  Sempre in merito al pericolo si ritiene che vi debba essere proporzionalità tra fatto e pericolo evitato. Questa proporzionalità, al dire il vero, non è richiesta dall'art. 2045, ma è citata dall'art. 54 c.p. che, dedicato allo stato di necessità, si ritiene integrabile con l'analoga norma del codice civile.
Anche lo stato di necessità, al pari della legittima difesa, rende lecita l'azione che, proprio per la presenza dell'esimente, non è antigiuridica.  È anche vero, però, che qui si sacrifica l'interesse di un soggetto incolpevole e non di un aggressore, e per  questo motivo si prevede per il danneggiato un’indennità che sarà dovuta quando l’attività sia diretta a danneggiare il soggetto, e non a favorirlo, come quando il danno gli sia stato provocato proprio per salvarlo; pensiamo al caso del soccorritore che per salvare un bagnante in preda al panico lo stordisce per portarlo a riva.

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