Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
Può verificarsi in diversi casi indicati genericamente dall'articolo 149 del codice civile e, precisamente:
Visti in generale i casi di
scioglimento del matrimonio, occupiamoci dell'ipotesi più importante cioè
del divorzio.
Questo è stato introdotto dell'ordinamento
italiano con la legge del primo dicembre 1970 numero 898 modificata dalla
legge 1 agosto 1978 e dalla legge 6 marzo 1987 numero 74.
Vediamone i punti caratterizzanti, ricordando che
la legge non parla espressamente di divorzio, ma di casi in cui si verifica
lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili. Si
distinguono, in primo luogo, le ipotesi di matrimonio celebrato con rito
civile rispetto a quello celebrato con rito religioso.
Rispetto al matrimonio civile l'articolo 1 della
legge espressamente parla di " scioglimento del matrimonio ", mentre per il
matrimonio religioso regolarmente trascritto si parla di " cessazione degli
effetti civili conseguenti alla trascrizione al matrimonio ".
La ragione della differenza è evidente, perché il
matrimonio religioso non può essere sciolto dalla giurisdizione italiana che
può, invece, intervenire sugli effetti civili. In altre parole mentre il
matrimonio come atto è di competenza, se religioso, della sola giurisdizione
ecclesiastica, il matrimonio inteso come rapporto è di competenza della sola
giurisdizione civile. In tutti e due i casi lo scioglimento del matrimonio o
la cessazione degli effetti civili sono pronunciati dal giudice quando, dopo
l'esperimento del tentativo di conciliazione, si accerta che non può essere
mantenuta o ricostituita la comunione spirituale e materiale tra i coniugi
per i motivi indicati dalla stessa legge dell'articolo 3; vediamoli:
a)
Casi in cui viene meno la comunione materiale e spirituale tra i coniugi:
Di tutte queste
ipotesi quella sicuramente più frequente riguarda il caso della separazione
personale.
Ricordiamo che in passato per poter chiedere il
divorzio, erano necessari
tre anni di effettiva separazione tra i coniugi
ma l’art. 3 della legge sul divorzio è stato modificato dalla legge n.
55\2015 che ha fatto scendere il periodo di separazione a:
1) dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi
innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione
personale;
2) sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche
quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.
Questione ancora molto dibattuta, è quella che riguarda
la discrezionalità del giudice sulla pronuncia divorzio. Ci si chiede,
infatti, se il giudice deve semplicemente accertare l'esistenza delle cause
previste dall'articolo 3 oppure verificare se sia anche cessata la comunione
spirituale e materiale tra i coniugi. Parte della dottrina ritiene che il
giudice potrebbe negare il divorzio quando, pur sussistendo uno dei casi
previsti all'articolo 3, accerti che la comunione materiale e spirituale non
è cessata come, ad esempio, nel caso in cui si riprenda la convivenza, se
pur temporaneamente.
Sul punto la giurisprudenza, invece, mantiene un
orientamento oscillante, tanto che sarebbe necessario un intervento del
legislatore per risolvere la questione.
b) Assegno di
mantenimento.
Particolarmente importante, e frutto di maggiori
contrasti tra coniugi, è l'argomento che si riferisce alla misura
dell'assegno di mantenimento dovuto al coniuge sprovvisto di mezzi adeguati.
L'articolo 5 della legge sul divorzio dispone,
infatti, che l'assegno è dovuto al coniuge che non ha mezzi adeguati. La
misura dell'assegno è dovuta a diversi fattori, di cui ricordiamo:
·
Condizioni dei
coniugi;
comprese età salute sistema di vita etc.
·
Ragioni della
decisione;
si guardano i comportamenti che hanno cagionato la fine della comunione
materiale e spirituale; da questo punto di vista il coniuge responsabile
potrà vedersi diminuito assegno, mentre l'altro potrà ancorare l'assegno al
tenore di vita goduto durante matrimonio;
·
Contributo
economico dato da ognuno dei coniugi alla conduzione della famiglia e la
formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune;
·
Reddito di
entrambi i coniugi;
·
Tutti questi
criteri devono essere anche valutati in rapporto alla durata del matrimonio.
Viene chiedersi se
l'inadeguatezza dei mezzi, presupposto essenziale per ottenere l'assegno di
mantenimento, deve essere valutata in assoluto oppure relativamente al
tenore di vita tenuto dal coniuge durante matrimonio.
La Corte, però, ha poi cambiato orientamento
e con la sentenza del 10 maggio 2017 ha affermato che:
il giudice del divorzio, in relazione alla
statuizione sull’assegno di mantenimento, dovrà informarsi al “principio di
autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi
soltanto alla loro indipendenza o autosufficienza economica. L’esclusivo
parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi o dell’impossibilità
oggettiva di procurarseli è quello dell’indipendenza economica del
richiedente. L’autosufficienza può essere desunta dal possesso di redditi di
qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, della
disponibilità di una casa di abitazione e della capacità e possibilità
effettive di lavoro personale.
La Cassazione a sezioni unite però ha espresso un nuovo
orientamento che modifica il precedente:
Sez. Unite, 11 luglio 2018, n. 18287.
Ai sensi dell’art. 5, comma 6 della legge n. 898 del 1970,
dopo le modifiche introdotte con la Legge n. 74 del 1987, il riconoscimento
dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed
in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento
dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli
per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla
prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve
tener conto per la relativa attribuzione e determinazione e, in particolare,
alla luce della valutazione comparativa delle condizioni
economiche-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo
fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla
formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi,
in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.
Fonte De Agostini Giuridica, 2018 .
L'obbligo di corresponsione dell'assegno
cessa se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze. Ricorrendo le
fattispecie di cui all'articolo 3 i coniugi possono congiuntamente o
singolarmente chiedere che sia pronunciato lo scioglimento del matrimonio
civile o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.
Come già visto, il tribunale pronuncerà la
sentenza disponendo, se richiesto, l'obbligo per un coniuge di corrispondere
all'altro un assegno periodico purché quest'ultimo non disponga di mezzi
adeguati. Il tribunale, inoltre, prende i provvedimenti necessari relativi
ai figli e stabilisce la misura in cui il coniuge non affidatario
contribuisce al mantenimento della prole e ai sui rapporti con essa.
L'abitazione della casa familiare spetta, di preferenza, al genitore cui
sono affidati i figli o con il quale convivono i figli maggiorenni.
L'assegnazione della casa, quando trascritta, è opponibile al terzo
acquirente ai sensi dell'articolo 1599 del codice civile.
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