Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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responsabilità per l'esercizio delle attività pericolose


L'art. 2050 prevede un'altra ipotesi di responsabilità presunta a carico di chi svolge un certo tipo di attività definita "pericolosa".
I problemi interpretativi che sorgono da quest’articolo riguardano l'individuazione del requisito della pericolosità e il contenuto della prova liberatoria. È  pericolosa quella attività che per la sua stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati comporti la rilevante possibilità del verificarsi di un danno per la sua spiccata potenzialità offensiva.
Non a caso abbiamo definito la pericolosità secondo l'interpretazione giurisprudenziale; il motivo di questa scelta va ricercato nel fatto che l'art. 2050 lascia principalmente al giudice il compito di accertare il requisito della pericolosità nei casi in cui non vi sia una norma che la preveda. Seguendo questa impostazione la giurisprudenza ha ritenuto essere pericolose le attività concernenti la caccia, alla produzione e distribuzione di gas liquido, gare di sci, etc

In merito alla prova liberatoria si ritiene che l'esercente dell’attività pericolosa debba dimostrare di aver preso tutte le misure che, secondo un criterio di diligenza professionale, siano idonee a evitare il danno.
Si preferisce, quindi, un’interpretazione non letterale della norma perché se si richiedesse all'esercente dell’attività di prendere "tutte le misure" idonee a evitare il danno, il suo verificarsi dimostrerebbe che qualche misura non è poi stata presa.
Secondo parte della dottrina, però, la prova liberatoria consisterebbe nella dimostrazione della mancanza del nesso di causalità tra attività pericolosa e danno, tesi che lascia perplessi poiché l'interruzione del rapporto causale tra attività pericolosa ed evento esclude comunque la responsabilità, ed è una circostanza che, se ricorre, rende inutile l'accertamento sull’idoneità e sufficienza delle misure adottate.
Ricordiamo, infine, che l'art. 2050 si applica se non vi sono altre norme contenute nello stesso codice o in leggi speciali che disciplinano la responsabilità per determinate attività che possono essere considerate pericolose. Pensiamo, ad esempio all’attività medico chirurgica che trova la sua disciplina, un merito alla responsabilità, nell'art. 2236 c.c. Questo articolo, al dire il vero, si applica a qualsiasi professionista anche se non svolge attività pericolosa, come l'avvocato, ma è anche vero che per la specificità della previsione legislativa (responsabilità del prestatore d'opera) l'art. 2236 trova applicazione al posto del più generale articolo 2050, senza che sia possibile una applicazione concorrente delle due norme.

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