Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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responsabilità degli incapaci


Abbiamo visto che l'incapace di intendere e di volere non risponde dei danni proprio a causa della sua particolare condizione.
È anche vero, però, che spesso persone affette da incapacità sono affidate alla sorveglianza di soggetti che si prendono cura di loro e operano anche per impedire che l'incapace cagioni dei danni, oltre che a sé stesso, anche a terzi;  nel caso in cui l'incapace provochi dei danni a terzi, il soggetto tenuto alla sorveglianza andrà incontro a responsabilità per i danni prodotti dall'incapace per non avere adeguatamente vigilato; si tratta, quindi, di una ipotesi di responsabilità diretta provocata da una omissione concretatasi nella mancata sorveglianza. I danni provocati dall'incapace sono quelli considerati dall'art. 2043, non certo quelli di natura contrattuale dove trovano applicazione le regole sui negozi giuridici.

Ma a chi si riferisce l'art. 2047 nell'indicare il soggetto tenuto alla sorveglianza? L'espressione usata dal legislatore è volutamente generica indicando tutti coloro che hanno un dovere giuridico di sorveglianza. Tale dovere spetta, in primo luogo, ai genitori di minori incapaci (per i minori capaci d'intendere e di volere si applica l'art. 2048 c.c.), tutori, precettori e maestri d'arte di soggetti incapaci, ma anche infermieri  o le strutture sanitarie pubbliche che sono tenute a trattenere e ricercare le persone inferme di mente, insomma tutti coloro che hanno un dovere giuridico di sorveglianza. La responsabilità di questi soggetti è presunta, ma il sorvegliante può provare, per evitarla, di non aver potuto impedire il fatto.  Questa espressione comprende certamente le ipotesi di caso fortuito o  forza maggiore, ma si ritiene che il sorvegliante per andare esente da responsabilità potrà anche provare di avere usato la normale diligenza. Se il sorvegliante riesce a provare la sua mancanza di colpa, al danneggiato non spetterà alcun risarcimento; ma il secondo comma dell'art. 2047 prevede che il giudice in " considerazione delle condizioni economiche delle parti" possa condannare l'incapace a un'equa indennità.

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