Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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prova della filiazione

Come si fa a provare la filiazione? A questa domanda rispondono gli articoli 236 e ss. del codice civile.
La prova principale è l’atto di nascita ( art. 236)
iscritto nei registri dello stato civile. L’atto di nascita, poi comporta irreclamabilità di uno stato di figlio contrario a quello attribuito dall'atto di nascita, salve le eccezioni riportate dall’art. 238, di cui parleremo in seguito. Ma può darsi che l’atto di nascita manchi, e allora sarà necessario il possesso dello stato di figlio, per provare la filiazione, ma sorge subito un’altra domanda: come si fa ad accertare il possesso dello stato di figlio?
Rispondiamo: da una serie di fatti che, tutti insieme, valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
Questi fatti dovranno essere individuati caso per caso, ma l’art. 237 individua dei particolari fatti che dovranno comunque ricorrere per riconoscere il possesso di stato e sono:

In casi particolarmente sfortunati, però, può mancare sia l’atto di nascita sia il possesso di stato. In queste ipotesi l’art. 241 dispone che la prova della filiazione può essere fornita in giudizio con ogni mezzo.
Come abbiamo visto l’atto di nascita o il possesso di stato costituiscono una prova sufficiente della filiazione, e abbiamo anche visto che ex art. 238 se esiste l’atto di nascita nessuno può reclamare una stato diverso.

Tuttavia, come già accennato, lo stesso articolo 238 pone una serie di eccezioni alla regola sulla, potremmo dire, autosufficienza dell’atto di nascita. La prima fa riferimento all’art. 128, cioè ai casi di matrimonio putativo, la seconda fa riferimento all’art. 234, cioè della nascita del figlio dopo i 300 giorni, la terza concerne il caso previsto dall’art. 244, cioè nelle ipotesi di disconoscimento della paternità e, infine, abbiamo i casi degli articoli 239 e 240.

Analizziamoli separatamente:

L’art. 239 si riferisce al reclamo dello stato di figlio, e ci indica una serie di situazioni particolari, vediamole:

 Sembra evidente che ricorrendo casi del genere il figlio, nonostante quanto risulti dall’atto di nascita, può reclamare uno stato diverso.  Lo stato di figlio può essere ancora reclamato anche da chi è nato nel matrimonio, ma, chissà per quale motivo, fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che ne frattempo sia intervenuta una sentenza di adozione.  Ci sono poi ipotesi ancora più particolari dove può essere reclamato lo stato di figlio.

Poniamo che vi sia una presunzione di paternità.  Qui può accadere che:

a) il figlio si trova a essere in contrasto con questa presunzione; in altre parole secondo la presunzione non sarebbe figlio di quel padre; in tal caso può reclamare il suo stato di figlio, nonostante le risultanze dell’atto di nascita;
b) il figlio si trova, grazie alla presunzione, ad essere riconosciuto tale in base a un’altra presunzione di paternità, ma ritiene, invece, di essere figlio di persona diversa rispetto  a quella che risulta dalla presunzione; anche in questo caso può reclamare, nei confronti del vero padre, il suo stato di figlio, nonostante le risultanze dell’atto di nascita.

Se poi il precedente stato di figlio è stato rimosso, tale figlio rimasto “senza stato” può reclamare un diverso stato di figlio. Fino ad ora ci siamo occupati del reclamo dello stato di figlio, cioè delle ipotesi in cui il figlio chiede di essere riconosciuto come tale verso determinati genitori, nonostante che esista un eventuale atto di nascita che certifichi il contrario.
Ora ci occupiamo dell’ipotesi opposta ex art. 239, cioè del caso in cui si voglia contestare lo stato di figlio e quindi anche le risultanze di un eventuale atto di nascita.

Ciò sarà possibile solo in tre casi:

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