Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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obbligazioni pecuniarie

 

Il codice civile disciplina in generale le obbligazioni e si occupa, in particolare, di alcune specie di obbligazioni che, per la loro rilevanza, meritano una considerazione particolare. Le prime a esser considerate sono le obbligazioni pecuniarie che si caratterizzano proprio per il fatto di avere a oggetto una somma di denaro.
Secondo parte alla dottrina le obbligazioni pecuniarie sarebbero una specie delle obbligazioni generiche, poiché hanno a oggetto l'attribuzione in proprietà di un bene generico quale è il danaro.
Altra parte la dottrina, però, ritiene che le obbligazioni pecuniarie non rientrino della categoria di obbligazioni generiche, poiché hanno a oggetto il denaro che è considerato non per il suo valore intrinseco, come potrebbe accadere per delle monete d'oro, ma per il valore di cui esso è simbolo. In altre parole questi autori partono dalla considerazione che le obbligazioni generiche hanno a oggetto " cose ", mentre il danaro non può essere considerato una " cosa " proprio nella sua caratteristica di essere simbolo di un valore.
Una delle caratteristiche delle obbligazioni pecuniarie riguarda l'applicazione del principio nominalistico previsto sempre dall'articolo 1277, secondo cui: ”le obbligazioni pecuniarie si eseguono in conformità del loro importo nominale”. Ciò vuol dire che se io contraggo un debito di 100 dovrò restituire 100 e non una somma diversa anche se, in ipotesi, la restituzione sia avvenuta dopo dieci anni dall'assunzione dell'obbligo.
Il legislatore si è anche preoccupato di precisare che l'estinzione dell'obbligazione avviene con moneta avente corso legale dello Stato al tempo del pagamento.
Questa precisazione è di fondamentale importanza, sia perché illustra quale mezzo deve essere usato per estinguere l'obbligazione, sia perché, in un periodo che ha visto la sostituzione dell'euro alla lira, ci illustra il modo per convertire il vecchio valore nominale al nuovo e, in effetti, il secondo comma dell'articolo 1277 dispone che: ”se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima”. Com'è facile intuire, l'applicazione del principio nominalistico può comportare un danno al creditore che, a causa del fenomeno dell'inflazione, si troverebbe a ricevere una somma di valore reale inferiore rispetto al passato. In realtà a non tutte le obbligazioni pecuniarie si applica il principio nominalistico poiché se ne distinguono due tipi, ed esattamente:

In definitiva i due tipi di obbligazione, di valore e di valuta, si distinguono profondamente tra di loro, perché nelle obbligazioni di valore l'oggetto consiste in una cosa diversa dal danaro, mentre nelle obbligazioni di valuta l'oggetto alla prestazione è proprio il danaro, e per questo motivo che quest'ultimo caso si applica rigidamente il principio nominalistico.
Per chiarirci le idee con un esempio, possiamo senz'altro ritenere obbligazioni di valore quelle che hanno a oggetto il risarcimento danno, poiché la moneta che lo quantifica deve essere riportata al valore reale e attuale del danno, mentre se devo 100 euro per averli avuti in prestito, il debito è sicuramente di valuta, poiché il riferimento del mio debito non consiste in una cosa diversa dal denaro ma proprio in quello.
Questa diversità di disciplina tra obbligazioni di valore e di valuta, ha fatto ritenere alla giurisprudenza che le obbligazioni di valore non rientrino nella categoria delle obbligazioni pecuniarie, proprio perché non si applica il principio nominalistico.
La dottrina, però, in maniera quasi unanime, le ritiene facenti parte delle obbligazioni pecuniarie, poiché hanno pur sempre ad oggetto una somma di denaro; di conseguenza anche ai debiti di valore si applicano la maggior parte delle regole previste per i debiti di valuta, come l'individuazione del luogo del pagamento, ad esclusione però, della regola che impone il principio nominalistico. Ricordiamo infine che l'articolo 1278 c.c. permette di pagare con moneta avente corso legale nello Stato un debito contratto in valuta estera, sempreché non si sia stabilito, attraverso un'apposita clausola, che il pagamento deve avvenire solo con la valuta estera.

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