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obbligazioni pecuniarie
Il codice civile disciplina in
generale le obbligazioni e si occupa, in particolare, di alcune specie di
obbligazioni che, per la loro rilevanza, meritano una considerazione
particolare. Le prime a esser considerate sono le obbligazioni
pecuniarie che si caratterizzano proprio per il fatto di avere a oggetto una
somma di denaro.
Secondo parte alla dottrina le obbligazioni pecuniarie
sarebbero una specie delle obbligazioni generiche, poiché hanno a oggetto
l'attribuzione in proprietà di un bene generico quale è il danaro.
Altra parte la dottrina, però, ritiene che le
obbligazioni pecuniarie non rientrino della categoria di obbligazioni
generiche, poiché hanno a oggetto il denaro che è considerato non per il suo
valore intrinseco, come potrebbe accadere per delle monete d'oro, ma per il
valore di cui esso è simbolo. In altre parole questi autori partono dalla
considerazione che le obbligazioni generiche hanno a oggetto " cose ",
mentre il danaro non può essere considerato una " cosa " proprio nella sua
caratteristica di essere simbolo di un valore.
Una delle caratteristiche delle obbligazioni pecuniarie
riguarda l'applicazione del principio nominalistico previsto sempre
dall'articolo 1277, secondo cui: ”le
obbligazioni pecuniarie si eseguono in conformità del loro importo nominale”.
Ciò vuol dire che se io contraggo un debito di 100 dovrò restituire 100 e
non una somma diversa anche se, in ipotesi, la restituzione sia avvenuta
dopo dieci anni dall'assunzione dell'obbligo.
Il legislatore si è anche preoccupato di precisare che
l'estinzione dell'obbligazione avviene con moneta avente corso legale dello
Stato al tempo del pagamento.
Questa precisazione è di fondamentale importanza, sia
perché illustra quale mezzo deve essere usato per estinguere l'obbligazione,
sia perché, in un periodo che ha visto la sostituzione dell'euro alla lira,
ci illustra il modo per convertire il vecchio valore nominale al nuovo e, in
effetti, il secondo comma dell'articolo 1277 dispone che: ”se
la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al
tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per
valore alla prima”. Com'è facile intuire, l'applicazione del principio
nominalistico può comportare un danno al creditore che, a causa del fenomeno
dell'inflazione, si troverebbe a ricevere una somma di valore reale
inferiore rispetto al passato. In realtà a non tutte le obbligazioni
pecuniarie si applica il principio nominalistico poiché se ne distinguono
due tipi, ed esattamente:
In definitiva i due tipi di
obbligazione, di valore e di valuta, si distinguono profondamente tra di
loro, perché nelle obbligazioni di valore l'oggetto consiste in una cosa
diversa dal danaro, mentre nelle obbligazioni di valuta l'oggetto alla
prestazione è proprio il danaro, e per questo motivo che quest'ultimo caso
si applica rigidamente il principio nominalistico.
Per chiarirci le idee con un esempio,
possiamo senz'altro ritenere obbligazioni di valore quelle che hanno a
oggetto il risarcimento danno, poiché la moneta che lo quantifica deve
essere riportata al valore reale e attuale del danno, mentre se devo 100
euro per averli avuti in prestito, il debito è sicuramente di valuta, poiché
il riferimento del mio debito non consiste in una cosa diversa dal denaro ma
proprio in quello.
Questa diversità di disciplina tra obbligazioni di
valore e di valuta, ha fatto ritenere alla giurisprudenza che le
obbligazioni di valore non rientrino nella categoria delle obbligazioni
pecuniarie, proprio perché non si applica il principio nominalistico.
La dottrina, però, in maniera quasi unanime, le ritiene
facenti parte delle obbligazioni pecuniarie, poiché hanno pur sempre ad
oggetto una somma di denaro; di conseguenza anche ai debiti di valore si
applicano la maggior parte delle regole previste per i debiti di valuta,
come l'individuazione del luogo del pagamento, ad esclusione però, della
regola che impone il principio nominalistico. Ricordiamo infine che
l'articolo 1278 c.c. permette di pagare con moneta avente corso legale nello
Stato un debito contratto in valuta estera, sempreché non si sia stabilito,
attraverso un'apposita clausola, che il pagamento deve avvenire solo con la
valuta estera.
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