Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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limiti legali

Nella definizione dell'art. 832 abbiamo visto che le facoltà attraverso le quali si esplica il diritto di proprietà sono fondamentalmente illimitate.
Si è infatti deciso di indicare i limiti del diritto di proprietà, piuttosto che elencarne le facoltà, con l'ovvia conseguenza che il proprietario può fare del suo diritto e della cosa che ne è oggetto ciò che vuole, ma questa illimitata signoria del suo volere trova il confine nei limiti imposti dalla legge.
Questi si incontrano sia nel codice civile che nelle leggi speciali, e spesso comprimono in maniera rilevante il diritto di proprietà (pensiamo ai divieti di edificare in zone di interesse paesaggistico o archeologico).
In questa sede ci occuperemo dei soli limiti che emergono dal codice civile, rimandano allo studio del diritto amministrativo lo studio dei provvedimenti e delle altre leggi che incidono sul diritto di proprietà. Le limitazioni cui va incontro il proprietario, soprattutto il proprietario d’immobili o fondi, sono fondamentalmente di due categorie: a)limiti imposti per ragioni di pubblico interesse; b) limiti imposti per salvaguardare i concorrenti diritti di altri soggetti privati.
Prima di affrontare e elencare le diverse ipotesi di limitazione del diritto di proprietà, il codice civile all'art. 833 pone una norma di carattere generale che vieta al proprietario di compiere atti di emulazione che sono; "atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri" (divieto di atti emulativi).
Il proprietario, infatti, del suo bene, può farne ciò che vuole, ma non può compiere degli atti al solo scopo di arrecare danno ad altri.

Si fa spesso riferimento a un caso realmente accaduto in Francia, di un proprietario che piantò dei pali altissimi sul suo terreno per impedire l'atterraggio di un aereo sul terreno confinante. È importante sottolineare, che per realizzare la previsione dell'art. 833 non basta che l'atto possa arrecare danno ad altri, ma è anche necessario che sia stato compiuto "al solo scopo" di arrecare danno o molestia.  Se, quindi, il proprietario pianta dei pali altissimi sul suo terreno anche per istallarci dei reattori eolici, l'atto non sarà emulativo e quindi lecito. 
Ma torniamo ai limiti specifici imposti dall'ordinamento al diritto di proprietà, parlando di quelli imposti per ragioni di pubblico interesse, che si esprimono con espropriazione per pubblica utilità, requisizione, limiti alla proprietà edilizia.
Cominciando dall’espropriazione per pubblica utilità, secondo l’art. 834 c.c. il proprietario può essere privato della proprietà del suo bene (espropriato) in tutto o in parte per causa di pubblico interesse legalmente dichiarata e contro il pagamento di una giusta indennità. L'art. 834 puntualizza ulteriormente la previsione del comma terzo dell'art. 42 della Costituzione che prevede l'espropriazione del diritto di proprietà per motivi di pubblico interesse. La materia ha subito nel corso del tempo numerosi interventi, dalla fondamentale legge 25\06\1865 n. 2359 alla l. 4\08\1992 n. 359 che ha attribuito alle regioni la competenza per la dichiarazione di pubblica utilità. L'espropriazione riguarda fondamentalmente beni immobili, anche se vi sono norme che prevedono l'espropriazione anche di particolari beni mobili.
La requisizione (art. 835 c.c.), può essere disposta per gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili e avere oggetto beni mobili o immobili. La requisizione si distingue dall’espropriazione per una serie di importanti motivi: 1) può essere disposta solo per  gravi ed urgenti necessità pubbliche, militari o civili o non per semplici motivi di pubblico interesse. 2) può riguardare indistintamente beni mobili e immobili; 3) la requisizione di beni immobili ha carattere temporaneo, mentre quella relativa ai beni mobili può  portare al trasferimento del diritto di proprietà sul bene requisito. In comune con l'espropriazione la requisizione ha le fonti normative da cui deriva (leggi speciali) e la previsione dell'indennità dovuta al proprietario. Venendo ai limiti alla proprietà edilizia, come abbiamo più volte affermato, il proprietario può disporre del suo bene nella maniera che ritiene più opportuna. In certi casi, tuttavia, la natura del bene limita molto alcune sue facoltà, e ciò è in particolar modo evidente nel caso di proprietà edilizia. Il codice civile, infatti, agli artt. 869 e ss.  pone una serie di limiti al potere del proprietario di costruire e riedificare, o modificare le costruzioni esistenti. Il limite fondamentale consiste nel rispetto dei piani regolatori, che molto spesso possono anche negare o limitare in maniera incisiva la facoltà di costruire o modificare preesistenti costruzioni. Ricordiamo, inoltre, che in generale il potere di costruire, il c.d. ius aedificandi, era subordinato al rilascio di una concessione edilizia, cioè il provvedimento attraverso il quale l'autorità comunale consentiva che si realizzassero le trasformazioni edilizie richieste. È da notare che la l. 10\1977 (c.d. legge Bucalossi) pareva operare lo scorporo dello ius aedificandi dal contenuto del diritto di proprietà, attribuendo la facoltà di edificare alla pubblica amministrazione, ma la Corte Costituzionale con sentenza n. 5\1980 ha negato carattere costitutivo alla concessione edilizia, affermando l'inerenza del diritto di edificare al diritto di proprietà.  Il d.p.r. 380\2001 (art. 10) ha poi provveduto all'eliminazione della figura della concessione, sostituendola con quella del "permesso di costruire", ma aggiungendo anche il caso della "denunzia di inizio attività" (art. 22), per casi diversi rispetto a quelli previsti dall'art. 10 della stessa legge dove è necessario il permesso a costruire.
Passiamo, ora, agli altri limiti previsti dalla legge, voluti principalmente per regolare i rapporti di vicinato che si manifestano nelle seguenti situazioni:

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