Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
la prestazione
La prestazione è l'oggetto
dell'obbligazione, (art. 1174 c.c.) e consiste nello svolgimento di
un'attività o nel conseguimento di un risultato.
Normalmente la prestazione è indicata sia come oggetto
dell'obbligazione sia come contenuto dell'obbligazione, considerando come
sinonimi i due termini. Spesso, però, s’indica nelle obbligazioni di dare,
di cui ci occuperemo tra poco, come oggetto dell'obbligazione il bene dovuto
e analogamente nelle obbligazioni di fare si indica come oggetto
dell'obbligazione il bene frutto dell'attività del debitore.
In ogni caso la terminologia usata dai vari autori che
spesso tendono a uniformare i vari concetti (oggetto dell’obbligazione,
oggetto della prestazione) è fonte di confusione e malintesi e per questo
motivo nel prosieguo della trattazione noi chiameremo oggetto o contenuto
della obbligazione la prestazione, mentre se vorremo indicare l'effetto o le
modalità della prestazione ci riferiremo all'oggetto o al contenuto della
prestazione.
Poiché la prestazione può consistere nello
svolgimento di un'attività o nel conseguimento di un risultato, dobbiamo
appunto distinguere tra:
N
Secondo l'art. 1174 c.c. la
prestazione deve essere suscettibile di valutazione economica e
corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore. È questa
la caratteristica della "patrimonialità" della prestazione, senza la quale
l'intera obbligazione non potrà più essere considerata come tale,
argomento
di cui ci occuperemo nel successivo paragrafo.
Oltre che suscettibile di valutazione economica, la
prestazione deve essere possibile, lecita, determinata o determinabile.
Tale disciplina si ricava dagli articoli 1346 e ss. del
codice civile, riferita all'oggetto del contratto, però, e non alla
prestazione in quanto tale; tuttavia, pur con tutte le difficoltà
nell’individuazione dell'oggetto del contratto, è fuori di dubbio che detti
articoli si riferiscano prevalentemente alla prestazione.
La prestazione è
possibile quando riguarda attività o risultati materialmente o
giuridicamente possibili.
Per questo motivo si distingue tra impossibilità
fisica, quando il fatto è oggettivamente e materialmente impossibile, come
quando ci s’impegna a vendere un bene che non esiste più, o giuridica,
quando la prestazione riguardi attività che, seppure non illecite, non sono
possibili a causa di divieti di legge, come quando ci s'impegni a vendere un
bene demaniale.
Abbiamo parlato di prestazione oggettivamente
impossibile; con ciò vogliamo intendere che l'impossibilità di cui stiamo
parlando, per impedire il sorgere dell'obbligazione, non deve essere
riferita alla persona di chi si è obbligato, ma deve essere assoluta per
qualsiasi debitore; se, invece, la prestazione è oggettivamente possibile,
avremo l'inettitudine a compiere la prestazione, che non influenza il
sorgere dell’obbligazione, ma rileva solo per l'inadempimento della stessa.
La prestazione deve
essere lecita, cioè non deve essere contraria a norme imperative, all'ordine
pubblico e al buon costume.
La prestazione illecita non è più doverosa proprio
perché vietata. Qui si considera la prestazione in sé illecita, che può
scaturire tanto da un negozio lecito, quanto da un negozio già illecito; ad
esempio la prestazione del "killer" è illecita, come illecito è il relativo
accordo, mentre, all'opposto, può essere lecita la prestazione ma illecito
l'accordo; ad esempio è nullo il contratto con cui si vogliano ottenere
prestazioni sessuali a pagamento, mentre non è illecito di per sé il
versamento di una somma di denaro.
La prestazione deve
essere determinata o determinabile.
È evidente che se la prestazione è indeterminata il
debitore non sa che cosa deve eseguire e in tale situazione l'obbligazione
non può sorgere .
La prestazione è determinata quando è specificata in
tutti i suoi elementi, come nel caso in cui si debba una somma di denaro dal
preciso ammontare (liquida), mentre non lo sarebbe se si dovesse " del
denaro". È determinabile quando le parti o la legge fissano i criteri per la
sua successiva determinazione, che può essere affidata anche a un terzo. Ne
troviamo esempi nell'art. 1657 c.c. in tema di appalto, dove in mancanza di
determinazione del compenso ci si riferisce alle tariffe esistenti o agli
usi e, se non vi sono neppure questi, è determinata dal giudice, mentre nel
caso in cui sia stato incaricato un terzo si parla di "arbitratore" da non
confondere con l'arbitro che svolge funzioni analoghe a quella di un
giudice.
Le parti possono affidarsi al terzo che deve procedere
secondo il suo equo apprezzamento, ma potrebbero anche rimettersi al mero
arbitrio del terzo; in questo caso potranno rivolgersi al giudice solo nel
caso in cui l'arbitratore abbia agito in dolo, mentre nel caso precedente
potranno adire il giudice quando la determinazione del terzo è
manifestamente iniqua o erronea (art. 1349 c.c.).
Torna alla pagina iniziale del manuale