Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
la forma
|
Consideriamo,
infatti, che le norme che impongono una forma determinata per particolari
tipi di negozi giuridici sono da considerarsi eccezionali e non vanno
applicate al di fuori dei casi da esse regolati.
Vige, quindi, il
principio della libertà delle forme. In
conseguenza di ciò un negozio potrà nascere validamente con una forma
puramente orale, oppure attraverso dei gesti, come di solito avviene durante
le aste, o, ancora, attraverso fatti concludenti, cioè attraverso
comportamenti che fanno intendere in modo univoco la volontà di porre in
essere negozio giuridico come nel caso dell'erede che accetta tacitamente
l'eredità (articolo 476 c.c.).
Nell’esempio ora riportato se il chiamato
all'eredità decide di vendere alcuni beni dell’asse ereditario, questa sua
attività farà tacitamente intendere l'accettazione dell'eredità. Si parla,
in proposito di manifestazione di volontà
espressa,
nel primo caso, e
tacita,
nel secondo. La differenza sta nel fatto che nel primo caso c'è un
comportamento diretto a far conoscere la propria volontà, mentre nel secondo
caso la volontà si presume in base a comportamenti (univoci) del soggetto,
incompatibili con una volontà diversa. In definitiva in questa seconda
ipotesi si presume una certa volontà e ci si potrebbe chiedere se una
dichiarazione contraria (protestatio contraria) serva a togliere il
significato che si dà a quel comportamento (come, ad es. il chiamato
all'eredità aliena i beni ereditari dichiarando contestualmente che non
intende accettare l'eredità).Vi sono, poi,
i
negozi di
attuazione,
dove la volontà si manifesta con la stessa
realizzazione dello scopo, ad esempio impossessamento della cosa abbandonata
nel caso di occupazione. Pur se non è detto chiaramente dalla dottrina
che accetta tali distinzioni, si può ritenere che questo secondo tipo di
negozi rientra nella categoria degli atti a manifestazione tacita. Abbiamo
già visto che in alcuni casi la legge richiede una determinata forma per la
validità del negozio giuridico.
L'articolo 1350 c.c.
elenca i casi in cui la forma scritta è
richiesta per i contratti (ma anche più generale per i negozi giuridici) a
pena di nullità;
ricordiamo, ad esempio, che i
negozi riguardanti i beni immobili richiedono la forma scritta a pena di
nullità. Si
parla in questi casi di negozi " solenni " e ritroviamo tali tipi di negozi
in diverse norme del codice e di leggi speciali.
Ricordiamo, ad esempio, le norme riguardanti i contratti di locazione di
beni immobili che richiedono necessariamente la forma scritta, oppure l'atto
pubblico richiesto a pena di nullità per il contratto di donazione.
In tutti questi casi si parla di forma necessaria per la validità del
negozio giuridico, cioè di forma ad substantiam.
Quando è richiesta la forma ad substantiam non è
possibile usare una forma diversa e neppure è possibile sanare il negozio
attraverso la sua esecuzione o attraverso atti ricognitivi. Si è soliti
discorrere, oltre che di forma ad substantiam, anche di forma ad
probationem; i due concetti però non devono essere confusi.
La forma ad substantiam
è richiesta per l'esistenza stessa del negozio, mentre
la forma ad probationem
è richiesta solo per provare l'esistenza del
negozio, come nel caso di trasferimento di azienda.
È necessario sottolineare che il negozio mancante
della forma ad probationem è perfettamente valido ed efficace, ma, in caso
di processo, l'unico modo per provare l'esistenza di quel particolare
negozio sarà la forma che la legge richiedeva, salva la possibilità di
ricorrere al giuramento di ottenere la confessione.
Ricordiamo infine che i privati possono
convenzionalmente prevedere per i loro atti determinate forme, come nel caso
in cui si stabilisca che la disdetta del contratto debba necessariamente
avvenire per iscritto attraverso un telegramma; anche in questo caso è da
ritenersi, salvo diversa volontà, che il mancato rispetto della forma
prevista convenzionalmente comporti la nullità dell'atto.
Torna alla pagina iniziale del manuale