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incapacità naturale
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Nozione (art. 428
c.c.): è la condizione di chi, non essendo stato dichiarato interdetto, si
trova in stato di incapacità di intendere o di volere per qualsiasi causa,
anche transitoria nel momento in cui stipula un negozio giuridico.
Come abbiamo visto con
l'interdizione si protegge la persona incapace di intendere o di volere,
rendendo annullabili gli atti da lei compiuti.
Può succedere, tuttavia, che una persona maggiore
d'età, si trovi in uno stato tale da dover essere interdetta, e non lo sia,
e ciò può accadere perché nessuno, nemmeno il pubblico ministero, abbia
ancora agito per far dichiarare l'interdizione. Ma potrebbe anche accadere
che una persona si trovi, temporaneamente, a essere incapace di intendere o
di volere, magari perché sotto l'effetto di sostanze alcooliche o
stupefacenti, oppure per l'effetto indesiderato di un farmaco e così via.
La legge non può, ovviamente, lasciare privo di
protezione un soggetto in tali condizioni, quando pone in essere dei negozi
giuridici che potrebbero danneggiarlo, ed è per questo che tutela con la
disciplina dell’incapacità naturale (o non dichiarata) la sua posizione.
In merito ai negozi conclusi dall'incapace
naturale bisogna però distinguere, vediamo come:
Su quanto esposto, ci si
chiede se per l'annullamento dei contratti ci voglia solo la malafede
dell'altro contraente, o anche il grave pregiudizio arrecato all'incapace
naturale come richiesto nel caso di annullamento di negozi unilaterali.
Insomma ci si chiede se nei contratti le due regole si sommano o meno.
Secondo la cassazione (sentenza 09/08/2007, n.17583) è sufficiente la
malafede dell'altro contraente, senza che sia richiesto un grave pregiudizio
per l'incapace; però quando, in concreto, questo pregiudizio si sia
verificato, può costituire un sintomo rivelatore della malafede del
contraente non incapace. L'art. 428 c.c. dopo aver dettato queste regole, fa
salve eventuali diverse diposizioni di legge; il riferimento può riguardare
i negozi di diritto familiare (come il riconoscimento del figlio nato al di
fuori del matrimonio) o anche il testamento o la donazione. Qui è tale la
rilevanza della volontà, che tali atti sono annullabili indipendentemente
dal pregiudizio che possa derivare all'incapace naturale. Il termine per
proporre l'annullamento è di cinque anni dal compimento dell'atto, e
l'azione può essere proposta dall'interessato o dai suoi eredi o aventi
causa, e non certo, nel caso del contratto, dall'altro contraente. Chiudiamo
questo discorso in merito all’incapacità naturale con un’osservazione.
Il codice parla di annullamento di tutti gli
"atti" compiuti dall'incapace naturale, ma noi abbiamo parlato solo
dell'annullabilità dei negozi compiuti e non di tutti gli atti giuridici che
teoricamente poteva porre in essere.
In realtà la disciplina dell'art.
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