Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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incapacità naturale

 

·         Nozione (art. 428 c.c.): è la condizione di chi, non essendo stato dichiarato interdetto, si trova in stato di incapacità di intendere o di volere per qualsiasi causa, anche transitoria nel momento in cui stipula un negozio giuridico.

Come abbiamo visto con l'interdizione si protegge la persona incapace di intendere o di volere, rendendo annullabili gli atti da lei compiuti.
Può succedere, tuttavia, che una persona maggiore d'età, si trovi in uno stato tale da dover essere interdetta, e non lo sia, e ciò può accadere perché nessuno, nemmeno il pubblico ministero, abbia ancora agito per far dichiarare l'interdizione. Ma potrebbe anche accadere che una persona si trovi, temporaneamente, a essere incapace di intendere o di volere, magari perché sotto l'effetto di sostanze alcooliche o stupefacenti, oppure per l'effetto indesiderato di un farmaco e così via.
La legge non può, ovviamente, lasciare privo di protezione un soggetto in tali condizioni, quando pone in essere dei negozi giuridici che potrebbero danneggiarlo, ed è per questo che tutela con la disciplina dell’incapacità naturale (o non dichiarata) la sua posizione.  In merito ai negozi conclusi dall'incapace naturale bisogna però distinguere, vediamo come:

Su quanto esposto, ci si chiede se per l'annullamento dei contratti ci voglia solo la malafede dell'altro contraente, o anche il grave pregiudizio arrecato all'incapace naturale come richiesto nel caso di annullamento di negozi unilaterali. Insomma ci si chiede se nei contratti le due regole si sommano o meno. Secondo la cassazione (sentenza 09/08/2007, n.17583) è sufficiente la malafede dell'altro contraente, senza che sia richiesto un grave pregiudizio per l'incapace; però quando, in concreto, questo pregiudizio si sia verificato, può costituire un sintomo rivelatore della malafede del contraente non incapace. L'art. 428 c.c. dopo aver dettato queste regole, fa salve eventuali diverse diposizioni di legge; il riferimento può riguardare i negozi di diritto familiare (come il riconoscimento del figlio nato al di fuori del matrimonio) o anche il testamento o la donazione. Qui è tale la rilevanza della volontà, che tali atti sono annullabili indipendentemente dal pregiudizio che possa derivare all'incapace naturale. Il termine per proporre l'annullamento è di cinque anni dal compimento dell'atto, e l'azione può essere proposta dall'interessato o dai suoi eredi o aventi causa, e non certo, nel caso del contratto, dall'altro contraente. Chiudiamo questo discorso in merito all’incapacità naturale con un’osservazione.
Il codice parla di annullamento di tutti gli "atti" compiuti dall'incapace naturale, ma noi abbiamo parlato solo dell'annullabilità dei negozi compiuti e non di tutti gli atti giuridici che teoricamente poteva porre in essere.
In realtà la disciplina dell'art. 428 ha maggior senso se riferita ai negozi giudici, dove è essenziale la volontà, e non agli altri atti che chiamiamo "atti giuridici in senso stretto", come il pagamento di un credito; questi atti non negoziali sono validi e efficaci anche se compiuti da chi si trovi in stato di incapacità d'intendere o di volere; ad es. se un ubriaco paga il suo debito scaduto per l'esatto ammontare al suo creditore, non si vede perché non si debba produrre l'effetto di estinguere l'obbligazione liberando entrambe le parti dal rapporto.

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