Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
Il riconoscimento, una volta
effettuato, è irrevocabile (art. 256).
Questo non vuol dire, però, che non possa
mai essere contestato dallo stesso autore dell'atto, dal riconosciuto o da
chiunque vi abbia interesse, quando si pensi che non corrisponda a verità.
L'art. 263 del codice civile prevede una specifica
azione che permette d'impugnare il riconoscimento, l’impugnazione del
riconoscimento per difetto di veridicità. Vediamone le caratteristiche
soffermandoci sui termini
entro
i quali deve essere proposta e i legittimati ad agire che sono:
Tra i legittimati
all’impugnazione del riconoscimento troviamo anche il rappresentante legale
dell’interdetto che ha effettuato il riconoscimento, e dallo stesso
interdetto autore del riconoscimento entro un anno dalla data della revoca
della sentenza di interdizione (art. 266).
Come abbiamo visto, che il figlio riconosciuto può
sempre impugnare il riconoscimento per difetto di veridicità, ma dovrebbe
aspettare la maggiore età per poterlo fare.
A tale situazione pone rimedio l’art. 264
prevedendo che l’azione può essere promossa
da un curatore speciale nominato
dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che
ha compiuto quattordici anni, oppure del
pubblico ministero o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto
il figlio, quando si tratti di figlio di età inferiore.
La prova che il rapporto di filiazione non
sussiste può essere fornita con qualsiasi mezzo non escluso il test del DNA,
ma anche con testimoni o presunzioni.
Abbiamo visto che il riconoscimento può essere
impugnato per violenza, ma non per errore o per dolo, perché quello che
conta veramente è solo la verità del riconoscimento, e non la causa che l’ha
provocato.
Se, quindi, vi fu errore o dolo, ma il
riconoscimento era veritiero, sarà comunque valido; se, invece, in presenza
di detti vizi non era veritiero, sarà possibile impugnarlo.
Viene da chiedersi, allora, come mai si dia una
specifica rilevanza all'ipotesi della violenza che comunque può essere
servita a riconoscere “un figlio vero ".
La risposta sta nel fatto che la violenza è il più
antigiuridico dei vizi della volontà ed intacca alla radice la
discrezionalità del riconoscimento. Se, poi, non fosse prevista
l'impugnazione per violenza il figlio avrebbe un facile mezzo, più del dolo,
per raggiungere i suoi scopi.
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