Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
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Nozione: è l'atto con il quale uno od entrambi i
genitori si attribuiscono la paternità o maternità di una data persona.
Il riconoscimento non è vicenda che si verifica automaticamente, ma si produce solo alle condizioni previste dal codice civile agli articoli 250 e seguenti.
Vediamo nella le caratteristiche essenziali dell'atto del riconoscimento, che può avvenire:
Il riconoscimento può essere effettuato solo nelle forme previste dalla legge, senza le quali l'atto è nullo. Secondo l’art. 254 il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.
Vediamo, ora, chi sono i soggetti legittimati a effettuare il riconoscimento.
Sono quindi legittimati al
riconoscimento i genitori (o il singolo genitore).
È necessario, però, che l'atto non sia in
contrasto gli interessi dei figlio e per questo motivo si è stabilito:
1. L' inammissibilità del riconoscimento in
contrasto con un precedente stato di figlio in cui questo si trovi (art. 253
c.c.).
2. Se il figlio ha già compiuto 14 anni sarà
necessario anche il suo consenso al riconoscimento (art. 250 c.c. comma 2).
3. Il consenso dell'altro genitore (che già aveva
effettuato il riconoscimento) non può essere rifiutato se risponde
all'interesse del figlio.
Quest'ultimo punto è molto delicato; c'è, infatti,
un genitore che si oppone al successivo riconoscimento che vuole effettuare
l'altro genitore.
È facile immaginare come i motivi di questa
opposizione possano non essere dettati dalla salvaguardia dell'interesse del
figlio, ma da motivi di rancore del genitore che ha già effettuato il
riconoscimento nei confronti dell'altro.
Per questo motivo se un genitore intende comunque
riconoscere il figlio, nonostante l'opposizione dell'altro, dovrà ricorrere
alla procedura prevista dal comma 4 dell'art. 250 c.c. che si svolge secondo
questi passaggi:
1) Rifiuto del consenso al
riconoscimento dell'altro genitore;
2) Il genitore che vuole riconoscere il figlio
ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del
ricorso all'altro genitore;
3) Notifica del ricorso con cui si chiede il
riconoscimento del figlio, nonostante l'opposizione.
Nel ricorso il genitore che si è visto rifiutare il consenso, presumibilmente metterà in luce l'irragionevolezza del rifiuto, e come, all'opposto il suo riconoscimento giovi all'interesse del figlio.
Tutto lo svolgimento della procedura dipende dall'atteggiamento dell'altro genitore, che può opporsi, o meno al ricorso che gli è stato notificato; consideriamo l'ipotesi in cui il genitore non si opponga:
a) il genitore che aveva
rifiutato in consenso non propone opposizione entro trenta giorni dalla
notifica del ricorso;
b) il giudice decide con sentenza che tiene luogo
del consenso mancante.
Ma può darsi che l'atro genitore nei trenta giorni si opponga al ricorso. Vediamo cosa accade.
a) il genitore che aveva
rifiutato in consenso propone opposizione entro trenta giorni dalla
notifica del ricorso;
b) il giudice, assunta ogni opportuna
informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i
dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume
eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la
relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata;
c) Nel caso in cui accolga il ricorso, il giudice
decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante, e assume i
provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del
minore ai sensi dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi
dell'articolo 262.
Si discute circa la natura
giuridica del riconoscimento in quanto si dubita che abbia natura negoziale;
È vero che si è dato massimo valore alla volontà
contenuta nell'atto (e ciò farebbe propendere per la tesi che lo vede come
negozio giuridico), ma è anche vero che il riconoscimento è irrevocabile
anche se contenuto in un testamento, e ciò fa intendere che il legislatore
ha dato la prevalenza all'interesse del figlio, anche contro una successiva
volontà di chi ha effettuato il riconoscimento. È certo, comunque, che
riconoscimento è atto giuridico unilaterale, discrezionale volontario e non
recettizio.
Sul cognome che il figlio
dovrà assumere in seguito al riconoscimento è necessaria una piccola
digressione. L’art. 262 detta una dettagliata disciplina circa il cognome
che dovrà assumere il figlio riconosciuto, che prevede anche l’intervento
del giudice, e in Italia
al
figlio di una coppia sposata è attribuito il cognome del padre, cui si può
aggiungere, rivolgendo domanda al prefetto, quello della madre.
La Corte europea dei diritti umani ha però
stabilito che i genitori hanno il diritto di dare ai propri figli anche il
solo cognome della madre, condannando l’Italia per aver negato a una coppia
tale diritto.
L’Italia dovrà quindi adeguarsi alla sentenza, e
il 10 gennaio 2014 il governo ha presentato un disegno di legge per adeguare
la normativa italiana alla sentenza della Corte di Strasburgo;
non
è quindi escluso che normativa in preparazione avrà effetto anche in merito
al cognome dei figli riconosciuti e quindi sullo stesso articolo 262.
Quale che sia la sorte dell’art. 262, una volta
riconosciuto il figlio, possono sorgere dei problemi, quando il genitore che
l’ha riconosciuto è già sposato , o ha effettuato il riconoscimento ma dopo
ha contratto matrimonio; in tutti e due i casi supponiamo che il genitore
che ha riconosciuto il figlio sia sposato con una persona diversa dal
genitore del figlio che ha riconosciuto. I problemi, poi, possono aumentare
quando il genitore che ha effettuato il riconoscimento, non solo è già
sposato, ma ha anche altri figli che siano conviventi con lui.
Si tratta allora di stabilire a quali
condizioni sarà possibile l’inserimento del figlio nato al di fuori del
matrimonio nella famiglia del genitore che l’ha riconosciuto. A tutti questi
problemi cerca di dare una risposta l’art. 252; in primo luogo si stabilisce
che quando il figlio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il
matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine
all'affidamento del
minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela
del suo interesse morale e materiale. Il primo problema da risolvere,
quindi, riguarda l’affidamento del figlio minore nato al di fuori del
matrimonio, e di questo se ne farà carico il giudice.
E veniamo all’inserimento del figlio nato al di fuori del matrimonio nella famiglia del genitore che l’ha riconosciuto.
Se tutti i soggetti che
abbiamo citato sono d’accordo per l’inserimento, il figlio sarà inserito
nella famiglia del genitore che ha effettuato il riconoscimento, non
sorgeranno problemi, come pure, ma nel senso opposto, non ne sorgeranno se
nessuno è favorevole all’inserimento.
Ma potrebbe accadere che vi siano contrasti circa
l’inserimento del figlio; in tal caso l’art. 252 ultimo comma, dispone che
in caso di disaccordo tra i genitori, oppure di mancato consenso degli altri
figli conviventi, la decisione è presa dal giudice tenendo conto
dell'interesse dei minori. Prima dell'adozione del provvedimento, il
giudice dispone l'ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni
dodici e anche di età inferiore ove capaci di discernimento.
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