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divisione dell'eredità
La divisione può essere di tre tipi, amichevole,
giudiziale o testamentaria. Cominciamo dalla prima che si ha quando i
coeredi raggiungono un accordo sulle modalità della divisone stipulando il
relativo contratto.
In sintonia con la tesi che ritiene la natura dichiarativa, e non
costitutiva, della divisone ereditaria, si giunge alla conclusione cha anche
questo contratto abbia tale natura dichiarativa ; di conseguenza il
contratto ha effetto retroattivo attribuendo il diritto sul singolo bene a
ciascun erede sin dal momento della successione.
Passiamo alla divisone giudiziale. Questa è promossa
da uno o più eredi quando preferiscano adire l'autorità giudiziaria per
giungere alla divisione. Si tratta di una ipotesi di litisconsorzio
necessario poiché devono essere chiamati a partecipare al giudizio tutti i
coeredi. La divisione si svolge attraverso distinte fasi:
1. formazione della massa ereditaria compresi i beni che sono stati donati
ai coeredi dal de cuius; se il coerede era debitore del defunto deve
imputare alla sua quota il valore del suo debito ( artt. 724 e 725 c.c.);
2. stima dei beni (art. 726 c.c.) secondo il loro valore di mercato ,
tuttavia il testatore può indicare una persona che effettui la stima che non
sia erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola
gli eredi, se l’autorità giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la
riconosce contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua;
3. formazione delle porzioni spettanti a ciascun erede ( art. 726 c.c.), ma
se il testatore ha indicato le porzioni, queste sono vincolanti per gli
eredi; nel caso vi sia ineguaglianza in natura delle quote ereditarie si
provvede con un conguaglio in denaro;
4. assegnazione o attribuzione delle porzioni (art. 729 c.c.).
L'assegnazione si ha quando le porzioni sono uguali ed è fatta mediante
estrazione a sorte, mentre l'attribuzione si ha quando le porzioni sono
diseguali.
Veniamo, infine, alla divisone testamentaria.
Questa è eseguita direttamente dal testatore che divide i suoi beni tra gli
eredi (art. 734 c.c.).
Potrebbe accadere che il testatore preveda la formazione dei c.d.
"assegni divisionali" con i quali indica con quali beni dovranno
essere formate le pozioni ( art. 733 c.c.).
In tal caso vi è comunque comunione ereditaria e gli assegni divisionali
sono stati previsti dal testatore in vista di una possibile divisone; non è
questa, quindi, l'ipotesi dell'art. 734 che si riferisce, secondo l'opinione
preferibile, al caso in cui la divisione del testatore impedisce il sorgere
della comunione ereditaria attraverso la concreta attribuzione dei beni ai
singoli eredi. In definitiva l'ipotesi dell'art. 734 non sarebbe vera
divisione poiché mancherebbe il fondamentale presupposto della precedente
comunione ereditaria. La divisone testamentaria è nulla quando il testatore
non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti (art.
735 c.c.), mentre se dalla divisione è stato leso il diritto alla legittima
l'atto non è nullo, ma il coerede leso nella sua quota di riserva può
esercitare l’azione di riduzione contro gli altri coeredi.
Gli artt. 761 e ss. del codice civile si occupano dei casi di annullamento e
rescissione della divisone ereditaria, vediamoli:
Dalla lettura dell'art. 763 si potrebbe desumere che
la rescissione sia possibile solo quando vi sia stata formale divisione
ereditaria.
L'art. 764, però, precisa che l'azione è possibile anche quando vi sia stato
un qualsiasi altro atto che abbia per effetto di far cessare tra i coeredi
la comunione dei beni ereditari.
In altre parole può darsi che i coeredi invece di procedere alla divisone,
abbiano compiuto degli atti con i quali si giunga allo stesso risultato
della divisone ereditaria, come, ad esempio, la cessione di quote tra
coeredi. La rescissione sarà quindi possibile anche in questo caso, vi sono
dei casi, però, in cui la rescissione non è ammessa; vediamoli:
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