Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
conversione sanatoria e interpretazione del testamento
Anche il testamento, come gli altri negozi giuridici,
può essere convertito, mentre possono essere sanate, in ossequio al rispetto
della volontà testamentaria, anche le disposizioni nulle.
Cominciamo con il caso di conversione formale: il testamento segreto, che
manca di qualche requisito suo proprio, vale come testamento olografo,
qualora di questo abbia i requisiti (art. 607 c.c.). Non è possibile
convertire il testamento con un altro atto che ne abbia i requisiti di
sostanza e di forma, così come previsto dall'art. 1424 c.c. per il semplice
motivo che non esistono altri negozi mortis causa in cui convertire il
testamento.
Passiamo, ora, ai casi di sanatoria: la disposizione nulla per qualsiasi
causa è sanata se, conoscendo la causa della nullità, si è confermata la
disposizione o gli si è data volontaria esecuzione dopo la morte del
testatore ( art. 590 c.c.). Si tratta di un'ipotesi particolare, perché
deroga a quanto stabilito dall'art.
Nonostante che l'art. 590 disponga che la disposizione nulla può essere
sanata qualunque sia la causa di nullità, si tende a restringere le ipotesi
di sanatoria ai soli vizi formali, e non a quelli sostanziali, come, ad
esempio, la mancanza di capacità a ricevere, escludendo, altresì, anche i
casi in cui la disposizione sia nulla per contrarietà all'ordine pubblico.
Non si può ritenere, invece, vera e propria sanatoria l'ipotesi dell'art.
627 c.c. concernente la disposizione fiduciaria. È il caso in cui il
testatore abbia solo apparentemente indicato il beneficiario, mentre vero
beneficiario è un'altra persona.
Ebbene, se la persona indicata nel testamento abbia spontaneamente eseguito
la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal
testatore, non può poi agire per la ripetizione.
Qui abbiamo un adempimento di un’obbligazione naturale e non sanatoria della
disposizione nulla, che, in tal caso, non è nemmeno affetta da tale vizio
poiché si tratta di un'ipotesi di disposizione fiduciaria prevista dallo
stesso articolo 627.
Chiudiamo l'argomento soffermandoci sulle regole da seguire
nell'interpretazione del testamento.
In questo caso non esiste una disposizione specifica che ci indichi come
interpretare l'atto; di conseguenza si applicheranno le regole generali
previste in tema di contratti (art. 1362 c.c.); è ovvio, però, che non ci si
potrà riferire alla "comune intenzione dei contraenti" così come dispone
l'art. 1362, ma alla singola volontà del testatore.
È invece possibile utilizzare la regola che dispone di non fermarsi,
nell'interpretazione, al significato letterale delle parole nella ricerca
della volontà del testatore.
Ciò è confermato dall'art. 588 c.c. che ci fornisce un utile
strumento, forse l'unico specifico, per interpretare il testamento. Secondo
il citato articolo, per stabilire se una disposizione è a titolo universale
o particolare, non bisogna attenersi alle parole usate dal testatore, ma
all'attribuzione effettuata; se, infatti, riguarda una quota del patrimonio
sarà a titolo universale e il beneficiario sarà erede, e ciò accade "
qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore".
È confermato, quindi, che nell'interpretazione si dovrà ricercare
l'intenzione del testatore non fermandosi al significato delle parole, ma da
quello che emerge dal complesso dell'atto e dal suo intero comportamento,
anche anteriore alla formazione del testamento.
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