Se, ad esempio, si intenda contestare
che le parti non si sono recate, nel giorno indicato nell'atto, dal notaio,
tale contestazione dovrà essere accertata attraverso la querela di falso.
Ma se s’intende contestare la veridicità delle dichiarazioni
rese dalla parte al pubblico ufficiale, esattamente riportate nell’atto, non
sarà necessaria la querela di falso, poiché la verità di quanto affermato
attiene al contenuto intrinseco dell’atto, non direttamente percepibile dal
notaio. La querela di falso è l’unico strumento disponibile per contestare
un atto pubblico. Con questo mezzo sarà possibile far accertare l’eventuale
falsità dell’atto pubblico, sia per falsità materiale sia per falsità
ideologica. Oggetto della querela possono essere gli atti pubblici, ma anche
le scritture private riconosciute, autenticate o verificate.
Con riferimento alle scritture verificate, per le quali si è
svolto un giudizio, non deve sembrare strano che possano essere sottoposte
ad un nuovo accertamento, in quanto, secondo parte della dottrina,
l’attività svolta per la verificazione serve sostanzialmente a far assumere
alla scrittura privata l’efficacia di prova legale con l’intervento del
giudice. In altre parole il giudice svolge un’attività simile a quella del
pubblico ufficiale nella creazione di un documento al quale viene attribuita
l’efficacia di prova legale; non si formerebbe, quindi, il giudicato
sull’autenticità o meno della scrittura.
Secondo altra dottrina la querela di falso sarebbe anche
possibile contro le scritture verificate, ma solo se non ci sia stato il
giudicato sul fatto oggetto della verificazione. Nel caso di formazione del
giudicato la querela di falso potrebbe proporsi solo su fatti sopravvenuti o
che non siano non oggetto del giudizio di verificazione. La competenza a
decidere sulla querela di falso spetta in via esclusiva al tribunale in
composizione collegiale. È obbligatorio l’intervento del pubblico ministero.
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