Claudio Mellone, Manuale di Diritto Privato
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accettazione dell'eredità

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 Secondo l'art. 459 c.c. l'eredità si acquista con l'accettazione che, se esercitata, produce i suoi effetti sin dal momento in cui si è aperta la successione; dalla lettura di quest’articolo si comprende come sia necessario distinguere il diritto di accettare l'eredità dal negozio di accettazione.
È chiaro che l'uno presuppone l'altro e che tale diritto sorge in testa al chiamato all'eredità fin dal momento dell’apertura della successione.
Vediamo gli aspetti essenziali del diritto di accettazione:

 Su quanto riportato, è necessario fare due importati precisazioni in merito alla prescrizione e alla decadenza dal potere di accettare l'eredità.
Sulla prescrizione del diritto di accettare l'eredità, osserviamo che se vi sono altri chiamati, il termine corre anche per loro, salvo che non vi sia stato acquisto dell'eredità poi venuto meno da parte dei primi chiamati.
Sulla decadenza dal potere di accettare ricordiamo che oltre l'ipotesi riportata  nell’elenco di cui sopra, ex art. 481, si decade dall'accettazione anche nel caso dell'art. 487 ultimo comma (inventario non preceduto dalla dichiarazione di accettazione; se la dichiarazione di accettazione non è fatta nei 40 gg. dal compimento dell’inventario si perde il diritto di accettare l’eredità).
Consideriamo, ora, il negozio di accettazione.
Come già detto, si tratta di negozio unilaterale e non recettizio attraverso il quale il chiamato all'eredità esercita il suo diritto di acquistare l'eredità.
Si tratta di un atto che non ammette l'apposizione di termini o condizioni (actus legitimus), che, se apposti, lo renderebbero nullo; analoga conseguenza si ha nel caso di accettazione parziale (art. 475 c.c.).
La nullità, però, non fa perdere al chiamato il diritto di accettare (o di rinunziare) che potrà sempre esercitare in un secondo momento.
Una volta effettuata regolarmente l'accettazione, non sarà più possibile revocarla: semel heres semper heres. Veniamo ora ai tipi di accettazione. L'art. 470 c.c. distingue, in merito alle modalità di accettazione, due ipotesi:

 Ci occuperemo in seguito dell'accettazione con beneficio di inventario.
Osserviamo da subito, però, che questa non è una condizione posta all'accettazione e, comunque, comporta l'acquisto della qualità di erede.
In merito alla forma dell'accettazione (art. 474 c.c.) distinguiamo tra:

 Gli articoli 477 e 478 c.c. prevedono due ipotesi di accettazione tacita qualificata, cioè espressamente previste dalla legge;
si parla, in proposito, anche di accettazione legale, proprio perché trova la sua fonte nella legge. Vediamone i casi:

La seconda ipotesi di accettazione legale non deve far pensare a una sanzione per il chiamato che invece di rinunciare semplicemente, rinuncia dietro corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati. 
È vero, invece, che il chiamato per trasferire i diritti di successione deve necessariamente divenirne prima titolare, ed è per questo che tale rinunzia (detta anche rinunzia traslativa) integra un'ipotesi di accettazione tacita.
Altre ipotesi di accettazione senza espressa dichiarazione sono:

1. presa di possesso dei beni ereditari senza aver compiuto l'inventario nel termine entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione (art. 485 c.c.). 2. sottrazione dei beni ereditari (art. 527 c.c.).

Queste ipotesi, però, non integrano un’accettazione tacita, ma, piuttosto, un caso di accettazione ope legis che avviene contro la volontà del chiamato.
 All'eredità, come abbiamo visto, si può rinunziare, ma una volta accettata non è possibile la revoca dell’accettazione; è però possibile impugnare l'accettazione in due ipotesi, e cioè per violenza o dolo.
Tale impugnazione è possibile solo per l'accettazione espressa. La violenza o il dolo sono rilevanti da chiunque provengano (art. 482 c.c.).
Non è possibile impugnare l'accettazione anche per errore a causa dell'espresso divieto del primo comma dell'art. 483 c.c.
Il rigore del primo comma dell'art. 483 è tuttavia mitigato dal successivo secondo comma, dove si fa il caso che si scopra un testamento dopo che sia intervenuta l'accettazione.
In tal caso l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell'eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta.

 

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