Qui tutti i lavori giuridici di Claudio Mellone
accettazione dell'eredità
È chiaro che l'uno presuppone l'altro e che tale diritto sorge in testa al
chiamato all'eredità fin dal momento dell’apertura della successione.
Vediamo gli aspetti essenziali del diritto di accettazione:
Sulla prescrizione del diritto di accettare l'eredità, osserviamo che se vi
sono altri chiamati, il termine corre anche per loro, salvo che non vi sia
stato acquisto dell'eredità poi venuto meno da parte dei primi chiamati.
Sulla decadenza dal potere di accettare ricordiamo che oltre l'ipotesi
riportata nell’elenco di cui
sopra, ex art. 481, si decade dall'accettazione anche nel caso dell'art. 487
ultimo comma (inventario non preceduto dalla dichiarazione di accettazione;
se la dichiarazione di accettazione non è fatta nei 40 gg. dal compimento
dell’inventario si perde il diritto di accettare l’eredità).
Consideriamo, ora, il negozio di
accettazione.
Come già detto, si tratta di negozio unilaterale e non recettizio attraverso
il quale il chiamato all'eredità esercita il suo diritto di acquistare
l'eredità.
Si tratta di un atto che non ammette l'apposizione di termini o condizioni
(actus legitimus), che, se apposti, lo renderebbero nullo; analoga
conseguenza si ha nel caso di accettazione parziale (art. 475 c.c.).
La nullità, però, non fa perdere al chiamato il diritto di accettare (o di
rinunziare) che potrà sempre esercitare in un secondo momento.
Una volta effettuata regolarmente l'accettazione, non sarà più possibile
revocarla: semel heres semper heres. Veniamo ora ai tipi di accettazione.
L'art. 470 c.c. distingue, in merito alle modalità di accettazione, due
ipotesi:
Osserviamo da subito, però, che questa non è una condizione posta
all'accettazione e, comunque, comporta l'acquisto della qualità di erede.
In merito alla forma
dell'accettazione (art. 474 c.c.) distinguiamo tra:
si parla, in proposito, anche di
accettazione legale, proprio perché trova la sua fonte nella legge.
Vediamone i casi:
La seconda ipotesi di accettazione legale non deve
far pensare a una sanzione per il chiamato che invece di rinunciare
semplicemente, rinuncia dietro corrispettivo o a favore di alcuni soltanto
dei chiamati.
È vero, invece, che il chiamato per trasferire i diritti di successione deve
necessariamente divenirne prima titolare, ed è per questo che tale rinunzia
(detta anche rinunzia traslativa) integra un'ipotesi di accettazione tacita.
Altre ipotesi di accettazione senza espressa dichiarazione sono:
1. presa di possesso dei beni ereditari senza aver
compiuto l'inventario nel termine entro tre mesi dal giorno dell'apertura
della successione (art. 485 c.c.). 2.
sottrazione dei beni ereditari (art. 527 c.c.).
Queste ipotesi, però, non integrano un’accettazione
tacita, ma, piuttosto, un caso di accettazione ope legis che avviene contro
la volontà del chiamato.
All'eredità, come abbiamo visto, si
può rinunziare, ma una volta accettata non è possibile la revoca
dell’accettazione; è però possibile impugnare l'accettazione in due ipotesi,
e cioè per violenza o dolo.
Tale impugnazione è possibile solo per l'accettazione espressa. La violenza
o il dolo sono rilevanti da chiunque provengano (art. 482 c.c.).
Non è possibile impugnare l'accettazione anche per errore a causa
dell'espresso divieto del primo comma dell'art. 483 c.c.
Il rigore del primo comma dell'art. 483 è tuttavia mitigato dal successivo
secondo comma, dove si fa il caso che si scopra un testamento dopo che sia
intervenuta l'accettazione.
In tal caso l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre
il valore dell'eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli è
dovuta.
Torna alla pagina iniziale del manuale