La struttura del reato

 

Video, introduzione alla lezione 2 

 

Sulla struttura del reato le tesi sono molto diverse; senza prendere posizione su nessuna di esse, limitiamoci a elencarle.

Le teorie bipartite, di derivazione italiana, ritengono che il reato sia composto da un elemento oggettivo ( il fatto tipico, cioè condotta, eventualmente accompagnata  nesso di causalità e evento) e da un elemento soggettivo ( il dolo e la colpa). L’antigiuridicità, cioè l’illiceità del fatto tipico che si verifica in assenza di cause di giustificazione, sarebbe l’essenza oppure il presupposto del reato.

 

Le teorie tripartite di derivazione tedesca, ritengono che il reato sia composto di tre elementi, cioè il fatto tipico, l’antigiuridicità e la colpevolezza, ma divergono sul contenuto del primo e dell’ultimo elemento.

Secondo la teoria meno recente il fatto tipico si riferisce alla sola condotta (eventualmente accompagnata  nesso di causalità e evento), l’antigiuridicità e la colpevolezza, che è composta dall’elemento soggettivo, psicologico, cioè dal dolo e dalla colpa.

Per l’altra teoria tripartita il fatto non è tipico se non fa riferimento anche all’elemento soggettivo, e quindi il fatto tipico comprende sia l’elemento oggettivo sia quello soggettivo, poi abbiamo l’antigiuridicità e infine la colpevolezza, che svuotata dall’elemento soggettivo, si sostanzia nella rimproverabilità, cioè il rimprovero mosso al soggetto agente di  potersi comportarsi in maniera diversa.

Il problema di queste teorie è che i vari autori che le sostengono sono poi costretti a tali acrobazie logiche per rientrare nei diversi schemi, da rendere astruso e complesso lo stesso studio del reato.

Si consideri, poi, che per quanto si voglia spezzettare il reato in elementi e sotto elementi, esso rimane un fatto unitario, e ben raramente si è visto un giudice che nel accertare l’esistenza di reato abbia seguito alla lettera l’uno o l’altro schema.

Tra le teorie proposte, tuttavia, la seconda tripartita sembra più adatta allo studio del reato, perché se è pur vero che non può adattarsi a tutti i casi, è anche vero che ha due caratteristiche che la distinguono dalle altre; in primo luogo segue un percorso logico migliore, secondo lo schema: fatto tipico- antigiuridicità -colpevolezza.

In secondo luogo fa rientrare nel fatto tipico non solo la condotta, ma anche l’elemento soggettivo del reato. Effettivamente è difficile immaginare un comportamento umano distinto dalle ragioni che l’hanno determinato, e quindi estraneo alla componente psicologica del dolo e della colpa.

Il fatto è quindi tipico, e quindi rispondente alla previsione normativa, quando è sorretto anche dall’elemento psichico.

Lo schema da seguire, quindi è: elemento oggettivo- elemento soggettivo (fatto tipico)-----Antigiuridicità ----Colpevolezza intesa come rimproverabilità.

In ogni caso nel presente lavoro non si seguirà nessuna corrente di pensiero, ma si analizzeranno i vari elementi del reato, cioè l’elemento oggettivo, l’elemento soggettivo, e l’antigiuridicità. Si tratterà poi dell’imputabilità.

Questi elementi saranno analizzati uno per uno senza la pretesa di inserirli in uno schema piuttosto che in un altro.