Limiti alla proprietà edilizia

Come abbiamo più volte ribadito il proprietario può disporre del suo bene nella maniera che ritiene più opportuna.

In certi casi, tuttavia, la natura del bene limita fortemente alcune sue facoltà, e ciò è in particolar modo evidente nel caso di proprietà edilizia.

Il codice civile, infatti, agli artt. 869 e ss.  pone una serie di limiti al potere del proprietario di costruire e riedificare, o modificare le costruzioni esistenti.

Il limite fondamentale consiste nel rispetto dei piani regolatori, che molto spesso possono anche negare o limitare in maniera incisiva la facoltà di costruire o modificare preesistenti costruzioni.

Ricordiamo, inoltre, che in generale il potere di costruire, il c.d. ius aedificandi,  è subordinato al rilascio di una concessione edilizia che è il provvedimento attraverso il quale l'autorità comunale consente che si realizzino le trasformazioni edilizie richieste.

È da notare che la l. 10\1977 (c.d. legge Bucalossi) pareva operare lo scorporo dello ius aedificandi dal contenuto del diritto di proprietà, attribuendo la facoltà di edificare alla pubblica amministrazione, ma la Corte Costituzionale con sentenza n. 5\1980 ha negato carattere costitutivo alla concessione edilizia, affermando l'inerenza del diritto di edificare al diritto di proprietà.

Il d.p.r. 380\2001 ( art. 10) ha poi provveduto  all'eliminazione della figura della concessione, sostituendola con quella del "permesso di costruire", ma aggiungendo anche il caso della "denunzia di inizio attività" (art. 22), ma poi  l'art. 19 della legge sul procedimento amministrativo ha sostituito, nella maggior parte dei casi la dichiarazione di inizio attività con la segnalazione certificata di inizio attività, detta anche SCIA.
 

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