Le presunzioni |
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nozione |
sono “le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato” (art. 2727 c.c.) |
Un fatto può essere provato attraverso gli ordinari mezzi
di prova, come la testimonianza, la scrittura privata etc.
In questi casi il giudice si limita a valutare se la prova da sola è in grado, o
meno, a rappresentare il fatto di causa.
Con la presunzione si riesce a provare un fatto di causa,
non attraverso una valutazione della prova, ma attraverso un ragionamento.
Le presunzioni sono, infatti, “le conseguenze che la legge o il giudice trae da
un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato” (art. 2727 c.c.).
Per giungere all’accertamento del fatto, quindi, si ricorre ad un ragionamento.
Alle volte il ragionamento è stato già compiuto dal legislatore che ha ritenuto
necessariamente scaturire da certi fatti determinate conseguenze, altre volte è
il giudice che compie liberamente il ragionamento, senza essere vincolato dalle
scelte del legislatore.
Vi sono, quindi, due tipi di presunzioni, legali e semplici.
Le presunzioni legali sono le conseguenze che la legge trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto; contenute, di solito, nel codice civile, dispensano la parte favorita dalla presunzione dal provare i fatti di causa. Possono a loro volta dividersi in due categorie:
presunzioni assolute, che non ammettono prova contraria (es. art. 599 c.c.);
presunzioni relative, che ammettono prova contraria (es. artt. 234, 235 c.c.).
Le presunzioni semplici sono quelle ricavate dal giudice e
non dalla legge. La signoria del giudice, però, non è anche in questo caso
piena.
Il giudice, recita l’art. 2729 c.c., non deve ammettere che presunzioni gravi,
precisi e concordanti.
Non è possibile, inoltre, far ricorso a tali presunzioni nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni, come ad es. nelle ipotesi degli art. 2721, 2722 c.c.
Generalmente si ritiene che i fatti che il giudice pone alla base delle presunzioni semplici siano indizi.
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