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Nell'ambito della categoria degli imprenditori il codice opera una
distinzione in merito alle dimensioni dell'impresa individuando la figura del
piccolo imprenditore.
I piccoli imprenditori, pur potendo svolgere attività commerciale anche se
piccola, sono iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese, non
possono essere sottoposti alla liquidazione giudiziale, non hanno obbligo di tenuta delle scritture
contabili. Non sono mai piccoli imprenditori le società commerciali.
Individuiamo meglio le sue caratteristiche delineate nell'art. 2083 c.c.
piccolo imprenditore art. 2083 c.c. |
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L'elemento fondamentale è dato, quindi, dalla "prevalenza".
Come abbiamo
visto la piccola impresa è definita nell'articolo 2083 del codice civile dove vi
sono anche indicati tutti coloro che esercitano una attività professionale
organizzata prevalentemente col lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Elemento caratterizzante della piccola impresa rispetto all'impresa commerciale è proprio la
caratteristica della prevalenza del lavoro del titolare dell'impresa. Ma ci si
chiede su che cosa deve essere prevalente il lavoro del titolare dell'impresa.
Secondo parte della dottrina l'elemento lavoro del titolare delle piccola
impresa dovrebbe essere prevalente sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al
capitale investito, e ciò si può argomentare mettendo a confronto l'art. 2083
con il 2082 che si riferisce alla figura generale dell'imprenditore.
Anche così, però, i problemi non sono risolti, ci si è chiesti, infatti:
prevalenza di che tipo? Quantitativa o qualitativa? In dottrina sono sostenute
entrambe le tesi, in particolare si sostiene che si ha prevalenza qualitativa
"se l'apporto personale dell'imprenditore e dei suoi familiari abbiano rilievo
prevalente nell'organizzazione dell'impresa ( cioè nel coordinamento di capitale
e lavoro) e caratterizzino i beni o servizi prodotti (Campobasso)".
Particolarmente penetrante è
poi l'analisi del Ferri che esprime le sue perplessità in merito a
particolari ipotesi. Ferri osserva che se si riferisce la prevalenza al
capitale o al lavoro altrui, ( in senso quantitativo) non si risolvono i dubbi rispetto a particolari
ipotesi, come nel caso dei grandi commissionari oppure di coloro che esercitano
il commercio in base a depositi con autorizzazione a vendere.
Ancora si osserva che questo criterio, oltre a non risolvere i suddetti dubbi,
non sembra essere accolto in numerose disposizioni speciali relative ai piccoli
imprenditori, dove non si individua il piccolo imprenditore con la prevalenza
del suo lavoro rispetto al lavoro altrui o al capitale investito. Nel caso del
coltivatore diretto, per esempio, vediamo che si ammette che il lavoro proprio
del coltivatore e dei suoi familiari può rappresentare 1\3 di quello necessario
alla coltivazione del fondo.
Come si vede si ammette espressamente che non vi sia prevalenza del lavoro del
coltivatore rispetto al lavoro altrui. Analogamente accade nel caso delle
imprese artigiane dove il numero dei dipendenti può essere anche molto elevato
potendo raggiungere anche più di 32 unità. Altri esempi possono essere portati
per dimostrare come nel caso di piccole imprese non vi sia prevalenza del lavoro
del piccolo imprenditore rispetto al capitale investito.
Vero è che il professore Ferri ammette che molte di queste leggi speciali
portate ad esempio, riguardano situazioni particolari e che queste non
potrebbero essere decisive per determinare la figura del piccolo imprenditore,
ma è anche vero che tutte queste leggi sembrano indicare una tendenza del
legislatore e quindi possono servire per interpretare l'articolo 2083.
Se quindi accogliamo la tesi di Ferri che ritiene che la prevalenza non possa
essere riferita al capitale o lavoro altrui, dobbiamo con lui ritenere che la
prevalenza vada riferita all'elemento dell'organizzazione. Infatti un piccolo
imprenditore non si caratterizza tanto per il fatto che il suo lavoro e quello
dei suoi familiari sia prevalente rispetto al capitale e al lavoro altrui, ma si
caratterizza essenzialmente per il fatto che il suo lavoro è prevalente rispetto
all'organizzazione. Questa è soltanto elemento accessorio alla piccola impresa,
tanto accessorio che può addirittura mancare, come vediamo nell'articolo 1647
del codice civile, dove nel riferirsi a figura del coltivatore diretto non si fa
alcun riferimento all'elemento dell'organizzazione.
Osserva poi il Ferri che la differenza fra impresa e piccola impresa
è certamente di carattere anche qualitativo, poiché diverso è il ruolo che
assume l'elemento dell'organizzazione nei due tipi di impresa.
Nell'impresa, l'attività si esplica in un organismo economico, che ha una
propria autonomia economica e una propria funzionalità, indipendentemente dalla
persona che l'ha creato; in altre parole nell'impresa esiste sempre l'elemento
aziendale nettamente separabile degli altri elementi che compongono l'impresa.
Situazione completamente diversa la troviamo nella piccola impresa perché questa
non è altro che la stessa attività personale del piccolo imprenditore che si
avvale di determinati mezzi per meglio esplicarsi. In altre parole nell'impresa
abbiamo una attività di organizzazione volta alla produzione di un reddito,
mentre nella piccola impresa abbiamo solo una attività esecutiva e l'elemento
dell'organizzazione è marginale potendo, in alcuni casi, anche mancare del
tutto. Così facend0, però, il Ferri non sembra più distinguere la figura del
lavoratore autonomo da quella del piccolo imprenditore, anzi il suddetto autore
ritiene che la stessa piccola impresa sia al di fuori della figura dell'impresa,
tanto che non le si applicano le regole previste per l'impresa, salvo che non
sia stabilito diversamente, come nel caso dei rapporti di lavoro subordinato.
A questo punto può essere interessante puntualizzare la differenza tra piccolo
imprenditore e lavoratore autonomo poiché si tratta di figure molto vicine tra
loro.
Si risponde al quesito affermando ( Campobasso, che è in disaccordo con il Ferri
circa la mancanza di organizzazione nella piccola impresa) che quando manca una pur minima
organizzazione del capitale proprio o altrui o del lavoro altrui con il proprio
lavoro si ha la figura del lavoratore autonomo e non del piccolo imprenditore;
in altre parole manca il requisito della "etero organizzazione" che, secondo il
citato autore, deve pur sempre esistere, anche se in maniera minima; si potrebbe
obiettare che anche un idraulico o un elettricista si avvale di un "capitale",
ma è pur vero che questo non è altro che lo strumento necessario per lavorare,
come il trapano, o il pennello per l'imbianchino.