Soci occulti società occulta e società apparente Il fallimento ha un'efficacia estensiva non solo nei confronti dei soci che appaiono essere tali, ma anche nei confronti di quelli che ufficialmente non risultano far pare della società, ma, in realtà sono dei veri propri soci, in quanto di fatto hanno tale veste, svolgendo le funzioni tipiche della figura del socio, come, ad es. partecipare alla divisione degli utili o effettuare conferimenti. In ogni caso è il tribunale che accerta l'esistenza del rapporto sociale e anche la posizione del socio occulto, se cioè questi è limitatamente o illimitatamente responsabile. Ciò detto possiamo meglio interpretare il comma quarto dell'art. 147 l.f. secondo cui
Nel caso della società apparente di cui parlerà tra poco, può
accadere che l'apparenza possa prevalere sulla realtà rendendo
possibile il fallimento di una società che, in realtà, potrebbe anche
non esistere.
Le conseguenze della "scoperta" saranno il fallimento della società occulta e di tutti i soci illimitatamente responsabili e gli effetti del fallimento cominceranno a decorrere dalla data della sentenza pronunciata nei confronti del solo imprenditore. Questa ipotesi non era prevista dall'art. 147 l.f., ma frutto di una interpretazione estensiva del quarto comma del 147; la riforma del 2006, però, ha espressamente previsto tale ipotesi al comma 5, ipotesi che possiamo così riassumere:
Molte discussioni sono sorte sull'applicabilità dell'art. 147 anche
all'ipotesi del cosiddetto imprenditore occulto, cioè al caso di chi si
serva di un prestanome per gestire la società; Occupiamoci, infine, della società apparente. Secondo l'orientamento costante della Corte di cassazione è soggetta
a fallimento la società apparente insieme a coloro che appaiono essere
soci. La tutela dell'affidamento, quindi, prevale su un'eventuale diversa realtà.
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