Si può pensare che i creditori verranno pagati solo quando sono sati liquidati tutti i beni del debitore fallito; in realtà è più utile far ottenere ai creditori quello che gli spetta mentre le alienazioni dei beni sono in corso, ed è per questo che l'art. 110 l.f. prevede un procedimento per le ripartizioni parziali, che vediamo nella successiva tabella.
Ricordiamo che cliccando sulle parole in corsivo si attivano i collegamenti ipertestuali.
Ricordiamo che per l’art.
104 ter (modificato dal d.l. 59\2016 conv. con l. 119\2016)
costituisce giusta causa di revoca del curatore il mancato rispetto
dell’obbligo di cui all’art. 110 comma 1, anche questo modificato dal d.l.
59\2016 conv. con l. 119\2016. L’ipotesi riguarda il caso in cui vi
siano in corso dei giudizi ex art. 98 l.f. cioè impugnazioni contro lo stato
passivo.
In questo caso il curatore deve indicare per ciascun creditore l’importo
delle somme da ripartire ma tali somme devono essere divise in due
categorie, quelle che sono immediatamente ripartibili e le somme che possono
essere ripartite ( perché contestate) solo in seguito al rilascio di una
fideiussione autonoma e a prima richiesta rilasciata dai soggetti e per gli
importi indicati dallo stesso articolo 110 l.f.
La fideiussione di cui stiamo parlando, sempre per l’art. 110, deve essere
rilasciata (e quindi chiesta dal curatore) anche ai creditori che avrebbero
diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti
insussistente in tutto o in parte il credito avente diritto
all’accantonamento oppure oggetto di controversia ex art. 98 l.f.
È necessario soffermarsi
sulle caratteristiche di questa fideiussione, perché differisce dalle
ordinarie fideiussioni sia in relazione ai soggetti che devono prestarla,
sia in merito al tipo di fideiussione richiesta.
In merito ai soggetti,
l’art. 110 l.f. specifica che tale garanzia può essere rilasciata solo dai
soggetti indicati dall’art. 574 c.p.c. primo comma secondo periodo, non da
tutti, quindi. L’art. 574 c.p.c. primo comma fa riferimento al caso in cui
l’aggiudicatario di un immobile ottenuto in seguito alla vendita forzata,
invece di pagare tutta la somma dovuta, chieda di versare la detta somma a
rate ed anche chieda di essere immesso nel possesso dell’immobile. In
tal caso l’aggiudicatario potrà vedere accolte le sue richieste dal giudice
a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a
prima richiesta, rilasciata da:
1) banche;
2) società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via
esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono
sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione per un
importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.
Questi stessi soggetti sono quelli che possono rilasciare la fideiussione nel caso previsto dall’art. 110 l.f. e la garanzia offerta dalla fideiussione deve essere idonea a garantire la restituzione alla procedura fallimentare delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell’ambito dei giudizi ex art. 98 l.f., oltre gli interessi secondo il tasso applicato dalla banca centrale europea alle sue recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all’effettiva restituzione. Il curatore, quindi deve stare bene attento ai soggetti che rilasciano la fideiussione e al suo importo.
La seconda particolarità riguarda il tipo di
fideiussione da rilasciare.
E' diversa da quella prevista dall’art. 1936 c.c. ed è normalmente
inquadrata nella figura del contratto autonomo di garanzia il
c.d. garantievertrag.
Questa fideiussione atipica è definita dalla cassazione (Cass. civ. Sez. I,
31-07-2015, n. 16213) in questo modo:
“Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla
fideiussione per l'assenza dell'accessorietà della garanzia, derivante
dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le
eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c., e
dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga
al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché
dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al
pagamento effettuato da quest'ultimo. FONTI, Claudio Mellone, Manuale di
diritto privato commentato con la giurisprudenza 2016
CED Cassazione, 2015”
L’unica eccezione opponibile, nel caso di garantievertrag, è quella relativa
alla c.d. exceptio doli. Secondo la cassazione l’exceptio doli nel
contratto autonomo di garanzia, deve essere sollevata dal garante in
relazione a una condotta abusiva del creditore nei suoi confronti e non
rispetto al debitore principale, principio affermato nella successiva
sentenza:
“Cass.
civ. Sez. I, 31-07-2015, n. 16213
L'inopponibilità delle eccezioni di merito derivanti dal
rapporto principale, che contraddistingue il contratto autonomo di garanzia
rispetto alla fideiussione, comporta che, ai fini dell'"exceptio
doli", il garante non può limitarsi ad allegare circostanze fattuali idonee
a costituire oggetto di un'eccezione che il debitore garantito potrebbe
opporre al creditore ma debba far valere una condotta abusiva del creditore,
il quale, nel chiedere la tutela giudiziale del proprio diritto, abbia
fraudolentemente taciuto, nella prospettazione della vicenda, situazioni
sopravvenute alla fonte negoziale del diritto azionato ed aventi efficacia
modificativa o estintiva dello stesso, ovvero abbia esercitato tale diritto
al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto
dall'ordinamento, o comunque all'esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad
altri, o, ancora, contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui.
FONTI, Claudio Mellone, Manuale di diritto privato commentato con la
giurisprudenza 2016. CED Cassazione, 2015”.
"Cass. civ.
Sez. I, 31-07-2015, n. 16213L'inopponibilità delle eccezioni
di merito derivanti dal rapporto principale, che contraddistingue il
contratto autonomo di garanzia rispetto alla fideiussione, comporta che, ai
fini dell'"exceptio doli", il garante non può limitarsi ad allegare
circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di un'eccezione che il
debitore garantito potrebbe opporre al creditore ma debba far valere una
condotta abusiva del creditore, il quale, nel chiedere la tutela giudiziale
del proprio diritto, abbia fraudolentemente taciuto, nella prospettazione
della vicenda, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto
azionato ed aventi efficacia modificativa o estintiva dello stesso, ovvero
abbia esercitato tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da
quello riconosciuto dall'ordinamento, o comunque all'esclusivo fine di
arrecare pregiudizio ad altri, o, ancora, contro ogni legittima ed
incolpevole aspettativa altrui. FONTI, Claudio Mellone, Manuale di
diritto privato commentato con la giurisprudenza 2016; CED Cassazione, 2015".
Il mancato rispetto di questi obblighi relativi al rilascio delle fideiussioni da parte del curatore costituisce una giusta causa di revoca dello stesso curatore. Altra novità introdotta dal citato decreto legge fa riferimento al caso in cui siano stati proposti reclami contro il progetto di ripartizione delle somme tra i creditori. In presenza di tali reclami non era possibile distribuire le somme oggetto del reclamo, queste, infatti, dovevano essere necessariamente accantonate. Ora, però, con la modifica dell’art. 110 l.f. si può anche evitare l’accantonamento quando sia presentata in favore della procedura una fideiussione (conforme a quanto prevede il primo comma del 110) idonea a garantire la restituzione delle somme che all’esito del provvedimento che decide il reclamo risultino ripartite in eccesso.
Il fatto si spiega considerando che si tratta di un atto del curatore, dove il
giudice delegato sembra avere un ruolo del tutto formale, ed è quindi sembrato
opportuno riferirsi a quella procedura; l'unica differenza sta nel fatto che qui
il termine non è di 8 gg., ma di 15 dalla comunicazione del deposito.
Le cose si complicano, però, quando passiamo a considerare l'impugnazione del
provvedimento del giudice che decide sul reclamo.
Si dovrà applicare la disciplina dell'art. 36 comma 2 o quella dell'art. 26? A
guardare bene è l'art. 36 a doversi applicare, sia perché espressamente
richiamato, sia perché lo stesso art. 26 prevede una possibilità di revoca, ma
anche e soprattutto perché segue con coerenza lo schema:
1. atto curatore--> 2. reclamo--> 3. decisione giudice delegato--> 4. ricorso
tribunale ex art. 36.
L'art. 26, invece, postula l'impugnazione di un atto proprio del giudice
delegato ( o del tribunale), e questo non è certo il caso.
Diversamente dovrebbe accadere nel caso in cui il giudice delegato, mancando i
reclami, dichiari esecutivo (con decreto) il progetto di ripartizione. Qui non
si propone lo schema cui abbiamo fatto cenno prima (1. atto curatore--> 2.
reclamo--> 3. decisione giudice delegato--> 4. ricorso tribunale ex art. 36 ), e
quindi l'impugnabilità del decreto del giudice andrà effettuata ex art. 26 l.f.
Le ripartizioni parziali non possono superare l'80% delle somme da distribuire, e ciò perché il rimanente 20% deve essere tenuto per far fronte a eventuali imprevisti; il limite dell'80% delle somme da distribuire, però, può essere ulteriormente abbassato, e ciò accade quando è necessario trattenere delle somme per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e ogni altro debito prededucibile.
Abbiamo visto che sono ammessi al fallimento anche creditori di cui non è certo il diritto (creditori ammessi con riserva), e che possono pendere dei giudizi di impugnazione dello stato passivo; sorge quindi la necessità di di depositare le somme eventualmente loro spettanti, ed è il giudice delegato che decide le modalità del deposito; ma vediamo analiticamente quali sono i creditori per cui è necessario il deposito per le somme relative ai loro crediti.
1) ai creditori ammessi con riserva;
2) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari;
3) ai creditori opponenti la cui domanda è stata accolta ma la sentenza non è passata in giudicato;
4) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revocazione.
Altre somme di denaro possono giungere al fallimento, di cui è incerta la loro attribuzione definitiva; pensiamo al caso in cui il curatore sia risultato vittorioso in un giudizio in primo grado, ma non in via definiva, perché il provvedimento che riconosce i diritti del fallimento, seppure esecutivo, non sia ancora passato in giudicato, con il rischio, quindi, che proposta un'impugnazione, poi vittoriosa, si debba restituire quanto ricevuto. Per questo motivo le somme ricevute in seguito a tali provvedimenti devono essere trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.