soggetti legittimati a chiedere il fallimento | 1. debitore; 2. uno o più creditori; 3. pubblico ministero. |
Come si vede il fallimento può essere chiesto da tre soggetti: lo stesso debitore, uno o più creditori, il pubblico ministero.
Rispetto al passato la nuova formulazione della legge sul fallimento non prevede più che l'iniziativa sia presa dallo stesso tribunale che poteva dichiarare d'ufficio il fallimento.
Cominciamo con l'ipotesi prevista dall'articolo 14 della legge fallimentare, in relazione all'ipotesi dell'iniziativa presa dallo stesso debitore che si trovi in stato di insolvenza.
1. Richiesta proveniente dallo stesso imprenditore
L'articolo 14 è rubricato "obbligo dell'imprenditore che chiede il proprio
fallimento" potendo far intendere che quando l'imprenditore-debitore si trovi in
stato di insolvenza sia obbligato a chiedere il proprio fallimento;
in realtà più che di un obbligo si tratta di una facoltà, che però diviene un
vero e proprio obbligo, penalmente sanzionato, nell'ipotesi prevista
dall'articolo 217 legge fallimentare comma quarto relativo alla bancarotta
semplice. Il reato infatti si consuma anche quando l'imprenditore "ha aggravato
il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio
fallimento o con altra grave colpa".
Fatta questa precisazione vediamo come deve fare l'imprenditore che vuole
ottenere il proprio fallimento.
Ovviamente deve far conoscere al tribunale la sua situazione di insolvenza, di
conseguenza dovrà depositare nella cancelleria del tribunale del luogo dove
si trova la sede principale dell'impresa (articolo 9 l.f.), una serie di
documenti necessari per permettere al tribunale di verificare l'esistenza dei
presupposti per la dichiarazione di fallimento, ma anche per permettere l'accertamento del patrimonio dell'imprenditore.
Vediamo quindi quali sono i documenti che
allegherà al ricorso con cui chiede il fallimento.
documenti da depositare in tribunale |
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2. Richiesta proveniente da uno o più creditori.
Si tratta dell'ipotesi tipica, poiché normalmente sono gli stessi creditori a chiedere il fallimento dell'imprenditore. Non è necessario che il fallimento sia chiesto congiuntamente da più creditori, bastando anche la richiesta di un solo.
L'istanza di fallimento si propone con ricorso.
Nel ricorso devono essere fornite, seppure sommariamente, le prove
dell'esistenza del credito e dell'esistenza dei presupposti per la
dichiarazione, cioè lo stato d'insolvenza e la qualità d'imprenditore. Non è
necessario che il creditore sia munito di titolo esecutivo, e che quindi il
credito sia anche liquido e esigibile; è anche vero, però, che la presenza del
titolo esecutivo dà alla richiesta del creditore quel requisito di certezza (v.
art. 474 c.p.c.), che renderà difficile per il debitore avanzare
contestazioni in sede di istruttoria prefallimentare, e d'altro canto, terrà
maggiormente al riparo il creditore istante da contestazioni che possono
avanzare gli altri creditori in sede di accertamento del passivo, o da
successive impugnazioni.
È certo però che il creditore istante non ha alcun titolo di preferenza rispetto
agli altri per il solo fatto di aver presentato la richiesta di fallimento, e
anche lui dovrà presentare istanza di ammissione al passivo; insomma aver
provocato il fallimento del debitore non legittima il creditore istante ad
essere automaticamente ammesso al passivo e a sottrarsi alla verifica del suo
credito.
Si consideri, tuttavia, che potrebbe essere lo stesso tribunale ad accertare autonomamente l'esistenza dei presupposti usando i suoi poteri inquisitori
3. Richiesta proveniente dal pubblico ministero.
Anche il pubblico ministero può prendere l'iniziativa, attraverso un'istanza,
per la dichiarazione di fallimento.
Tale potere è previsto dall'articolo 7 l.f. e si configura come un potere-dovere
del pubblico ministero, e non come una facoltà. I casi in cui il pubblico
ministero è obbligato a chiedere il fallimento dell'imprenditore sono:
il pubblico ministero deve chiedere il fallimento quando: |
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Sentenze rilevanti.
In relazione alla richiesta di fallimento proveniente dallo stesso imprenditore (art. 14 l.f.)
In tema di fallimento, l'esigenza di assicurare la terzietà e l'imparzialità del tribunale fallimentare, emergente da un'interpretazione sistematica della legge fallimentare (così come modificata dal d.lgs. 9 gennaio 2009, n. 5) ed in particolare degli artt. 6 e 7, letti alla luce del novellato articolo 11 della Costituzione porta ad escludere che l'iniziativa del P.M. ai fini della dichiarazione di fallimento possa essere assunta in base ad una segnalazione proveniente dallo stesso tribunale fallimentare, in tal senso deponendo, oltre alla soppressione del potere di aprire d'ufficio il fallimento ed alla riduzione dei margini d'intervento del giudice nel corso della procedura, anche il n. 2 dell'art. 7 cit., che limita il potere di segnalazione del giudice civile all'ipotesi in cui l'insolvenza risulti, nei riguardi di soggetti diversi da quelli destinatari dell'iniziativa, in un procedimento diverso da quello rivolto alla dichiarazione di fallimento, nonché dagli interventi correttivi del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, che hanno reso totalmente estranea al sistema l'ingerenza dell'organo giudicante sulla nascita o l'ultrattività della procedura. Cassazione Civile n. 4632/2009.
È nulla la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal tribunale su iniziativa del p.m. a seguito di segnalazione effettuata dal tribunale fallimentare presso il quale pendeva un procedimento per dichiarazione di fallimento - nel caso di rinuncia da parte del creditore istante - in quanto la segnalazione dello stato di insolvenza può essere effettuata solo nell'ambito di un giudizio civile (fattispecie relativa a fallimento dichiarato dopo il 16 luglio 2006). Corte D'appello di Milano 29/11/2007
In relazione alla richiesta di fallimento presentata dai creditori (art. 6 l.f.)
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