Dopo che è stata presentata istanza di fallimento, il tribunale dovrà decidere se accoglierla o respingerla.
Rispetto al passato, il riformato articolo 15 l.f. ha rafforzato il diritto al contradditorio soprattutto nei confronti dell'imprenditore, che, secondo il vecchio art. 15 poteva (e non doveva) essere sentito dal tribunale. Ciò detto, vediamo quindi la relativa procedura in base al nuovo art. 15, che è stato riformato dalla legge 17\12\2012;
Possiamo così sintetizzare le varie fasi della procedura;
a) in primo luogo, sarà stata presentata richiesta di fallimento, con ricorso,
innanzi al tribunale dove è posta la sede principale dell'impresa;
b) Il tribunale convoca, con decreto apposto in
calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel
procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l'iniziativa per la
dichiarazione di fallimento;
Il tribunale ha quindi deciso la data dell'udienza, e deve fissarla non oltre
quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, ma è necessario che il
debitore sia informato di questa udienza. Come fare?
Si procede a notifica ma tramite PEC ( posta elettronica certificata), a cura
della cancelleria, che dovrà provvedere a notificare ricorso, decreto e data
d'udienza all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante
dal registro delle imprese ovvero dall'Indice nazionale degli indirizzi di posta
elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. Il ricorrente sarà
informato dell'esito della notifica tramite PEC, perché l'esito della
comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all'indirizzo di posta
elettronica certificata del ricorrente.
Può accadere, però, che la notifica tramite PEC non sia andata a buon fine.
E allora la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue
esclusivamente di persona a norma dell'articolo 107, primo comma, del decreto
del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede
risultante dal registro delle imprese.
Ma anche in questo caso può darsi che la notifica non abbia avuto esito
positivo, e allora la notifica si esegue con il deposito dell'atto nella casa
comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si
perfeziona nel momento del deposito stesso.
Bene, ma in che termini deve essere eseguita la notifica? E' necessario,
infatti, che al debitore sia lasciato uno spazio di tempo sufficiente per
potersi difendere, ed è per questo che l'art. 15, comma 3, dispone che tra la
data della comunicazione o notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere
un termine non inferiore a quindici giorni, mentre fino a sette giorni prima
dell'udienza sarà possibile presentare memorie e depositare documenti e
relazioni tecniche.
Come si vede il debitore deve essere ritualmente informato dell'udienza, e la nullità della comunicazione o notificazione rende nulla la eventuale dichiarazione di fallimento per violazione del principio del contradditorio. Si ritiene che l'unico modo per far valere tale vizio sia il reclamo ex art. 18 l.f. (quello contro la sentenza di fallimento), ma, fermo restando che è ben difficile che il fallito non venga a conoscenza della procedura, non sembra corretto limitare solo a questa ipotesi la possibilità del fallito di far valere un diritto fondamentale come quello del contradditorio.
Sempre in merito alla notifica del decreto e in generale per i termini della procedura l'art. 15 l.f. comma 5 prevede che questi possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se vi sono particolari ragioni di urgenza. In questi casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza "siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi".
Come si vede si dà luogo ad una vera e propria istruttoria prefallimentare volta ad accertare le condizioni richieste per la dichiarazione di fallimento; questa può chiudersi con una decisione di accoglimento o di rigetto, ma potrebbero anche sorgere delle necessità cautelari proprio durante il periodo dell'istruttoria; in tal caso è lo stesso tribunale che, su istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell'impresa, che però hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e, come tutti i provvedimenti cautelari, possono essere confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l'istanza.
Si è anche prevista la possibilità che il collegio deleghi al giudice relatore l'audizione delle parti.
Sentenze Rilevanti.