Illimitatamente responsabili

Elenchiamo, brevemente, le categorie di soci sottoposti al fallimento:

soci della s.n.c.
soci accomandatari della accomandita semplice 
accomandanti che hanno amministrato la società o abbia aggiunto il suo nome nella ragione sociale ex artt. 2314 comma 2 e 2320 c.c. (ma si tratta di un' ipotesi controversa)
gli accomandatari della S.a.a.
i soci della società di fatto se responsabili

Bisogna notare che poiché anche alle società di persone è riconosciuta la possibilità di avere come soci delle società che falliranno anch'esse.

Il fallimento della società si estende, quindi, ai singoli soci, ed infatti si parla di fallimento in estensione.
Non sono poi applicabili in questo caso, le regole del codice civile (art. 2304 c.c.) che prevedono la responsabilità sussidiaria dei soci delle società di persone rispetto alla società.
Ciò vuol dire che il socio fallito non potrà opporre il c.d. beneficium excussionis nei confronti del fallimento, chiedendo che sia escusso prima il patrimonio sociale, prima del suo patrimonio.

Non è sottoposto al fallimento, invece, l'unico socio della società per azioni e della s.r.l. perché le loro società non sono citate dal primo comma dell'art. 147 l.f. , anche nei casi in cui risponde illimitatamente per le obbligazioni della società (v. 2325 c.c.).

Abbiamo già parlato dell'ipotesi prevista dall'art. 118 comma 2, relativa ai casi di chiusura del fallimento e del rapporto di questa con un socio che fosse a sua volta imprenditore commerciale; secondo il citato articolo  la chiusura del fallimento "determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell'art. 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale".
Si tratta di un'ipotesi particolare, perché il socio-imprenditore è dichiarato fallito insieme insieme alla società senza che si accerti se lui era in stato di insolvenza: è questa l'opinione di gran parte della dottrina e della quasi totalità della giurisprudenza.
Si giustifica questa posizione sostenendo che lo stato di insolvenza deve riguardare la società, senza che si debba anche indagare sulla posizione dei singoli soci, ed è per questo che, in sostanza, si giunge ad una deroga dei criteri oggettivi per la dichiarazione di fallimento ex art. 5 l.f. cioè quelli relativi allo stato di insolvenza.


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