Come è possibile chiedere il fallimento dell'imprenditore individuale, così è possibile chiedere il fallimento dell'imprenditore collettivo, cioè delle società commerciali.
La legge fallimentare (artt.146-154) detta le regole essenziali in caso di fallimento di società; l'esiguità delle norme dedicate a tale ipotesi è spiegata dal fatto che in questi casi si applica la normale procedura prevista per il fallimento dell'imprenditore individuale, adattata alla natura collettiva della società.
In primo luogo è essenziale chiedersi quali sono le società che possono fallire, e la risposta la troviamo nell'art. 1 della legge fallimentare, che parla dei presupposti del fallimento.
Di certo non possono fallire le società agricole, e nemmeno gli enti pubblici,
possono invece fallire le società commerciali, ma solo quelle che superano uno dei parametri indicati dall'art. 1 legge fallimentare così come modificato dal d.lgs. n. 169\2007 |
Anche altri soggetti collettivi, che non sono società, possono fallire; ricordiamo i consorzi, le associazioni e fondazioni che abbiano come scopo l'esercizio di un'attività commerciale.
In merito al tempo della dichiarazione di fallimento l'art. 10 l.f. espressamente stabilisce al primo comma:
Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo |
Il passaggio dell'anno rende quindi impossibile chiedere il fallimento della società, e ciò si capisce dal secondo comma dell'art. 10 che permette di chiedere ancora il fallimento dopo l'anno, ma solo per gli imprenditori individuali e per le società cancellate d'ufficio dal registro delle imprese che abbiano, nonostante la cancellazione, continuato l'attività. Da ciò discende che per le società che hanno regolarmente chiesto la cancellazione, trascorso l'anno, non si potrà più chiedere il fallimento.
In merito alla istanza di fallimento la legge non dice a chi spetti ex art. 14 l.f. nel caso di società; un punto di riferimento legislativo può essere costituito dall'art. 152 l.f. che indica chi sono i soggetti che possono chiedere, nel caso di società, il concordato fallimentare; per le società di capitali e cooperative la richiesta di fallimento è di competenza degli spetta agli amministratori, anche se sembra opportuno che questi convochino l'assemblea straordinaria prima di decidere in proposito; per le società di persone la questione è più complessa, perché il fallimento della società di persone comporta il fallimento dei soci illimitatamente responsabili; si va quindi dalle tesi che ritengono che sia sufficiente la maggioranza assoluta del capitale, a chi ritiene, invece, necessaria l'unanimità.
Vediamo ora posizione degli amministratori della società:
posizione degli amministratori |
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In relazione alle ipotesi indicate in tabella, quella che suscita maggiore interesse è quella relativa all'azione di responsabilità; l'articolo 146 l.f. comma 2 fa riferimento a due ipotesi, in generale nei confronti delle società di capitali, e in particolare ( nel n. 2 del comma 2 dell'art. 146), in caso specifico relativo alla s.r.l., cioè contro i soci della s.r.l.
Cominciando dalla s.p.a. nel codice civile l'art. 2394 bis prevede
sostanzialmente la stessa ipotesi dell'art. 146 l.f. attribuendo il potere di
esercitare le azioni di responsabilità al curatore; sappiamo, però, che la s.p.a.
può assumere diverse forme di amministrazione e controllo, secondo il sistema
dualistico e monistico.
Già l'art. 146 sostanzialmente estende anche agli organi di amministrazione e
controllo di questi sistemi alternativi la possibilità di promuovere
l'azione di responsabilità da parte del curatore, ma riferimenti specifici
all'art. 2394 bis (che prevede già la possibilità per il curatore di promuovere
l'azione di responsabilità), sono contenuti i numerosi articoli del codice
civile ( es. artt. 2407, 2409 sexies, noviedecies, decies, undecies), ma la
portata omnicomprensiva dell'art 146 l.f. spazza via tutti i problemi che
potrebbero sorgere da un mancato richiamo dell'art. 2394 bis da parte di altri
articoli del codice civile in merito alla legittimazione del curatore a
esercitare le azioni di responsabilità proprio perché questo articolo la prevede
"contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori
generali e i liquidatori".
In merito alla s.r.l. l'articolo di riferimento è il 2476 c.c. , che però, fa
riferimento alla azione di responsabilità che può essere proposta da ciascun
socio, mentre non vi è alcun riferimento alla azione di responsabilità che nella
s.r.l. potrebbe essere proposta dai creditori sociali, come accade per la s.p.a.
all'art. 2394 c.c.
È quindi è logico ipotizzare che il curatore, nel caso di fallimento
della s.r.l. non possa esercitare tale azione; nel caso, invece, previsto
dall'art. 2476 c.c. comma 7 (relativo all'ipotesi di azione di
responsabilità anche contro i soci della s.r.l. che hanno intenzionalmente
autorizzato o deciso il compimento di atti dannosi per la società), l'art. 146
al n. 2 del comma 2, prevede espressamente che il curatore possa esercitare
l'azione di responsabilità nei confronti di quei soci.