Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le
organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del
codice civile |
Il d.lgs. 155\2006 dà una definizione dei soggetti che possono essere impresa sociale volutamente generica, preoccupandosi di specificare coloro che non possono svolgere l’attività di impresa sociale, e cioè le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, cioè la generalità delle pubbliche amministrazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi.
Tutte le altre organizzazioni private possono quindi essere imprese sociali, anche le società di capitali, quindi, le associazioni e fondazioni o le cooperative, e persino gli enti ecclesiastici, come previsto dal comma 3 dell’art. 1 del d.lgs. n. 155\2006. Ma questo non basterebbe, è anche necessario che queste organizzazioni svolgano particolari attività caratterizzate dall’assenza dello scopo di lucro. Abbiamo allora due parametri fondamentali, cominciamo dal primo.
Attività dell’impresa sociale I beni e servizi di utilità sociale sono quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori
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a) assistenza sociale b) assistenza sanitaria c) assistenza socio -sanitaria d) educazione, istruzione e formazione e) tutela dell'ambiente e dell'ecosistema f) valorizzazione del patrimonio culturale g) turismo sociale h) formazione universitaria e post-universitaria i) ricerca ed erogazione di servizi culturali l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un'impresa sociale n) inserimento al lavoro di soggetti svantaggiati e disabili |
A questo punto è necessario un consiglio didattico. Nelle tabelle sono riportati una serie di casi, ovviamente, per un eventuale esame, non sarà indispensabile saperli tutti a memoria, basterà esporre la regola generale, specificandola con qualche caso. Ciò detto, passiamo al secondo parametro.
Assenza dello scopo di lucro |
L'organizzazione che esercita un'impresa sociale destina gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio (art. 3 d.lgs. n. 155\2006) |
Da quanto esposto sopra, possono farsi due considerazioni;
l’attività d’impresa non deve strutturalmente svolgersi in perdita, non si tratta di beneficenza, ma deve condursi con metodo economico, cioè con una organizzazione che tende almeno al pareggio tra i ricavi e i costi;
ciò non esclude che vi possa essere un profitto, cioè un avanzo dei ricavi sui costi, ma questi, però, non potranno andare a vantaggio dei membri dell’ente, anzi se si producono (se cioè vi saranno avanzi di gestione) dovranno essere indirizzati allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio.
Si potrebbe, però, aggirare questo divieto, attraverso la distribuzione indiretta di utili di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, e di fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori. La norma presume che vi sia questa distribuzione indiretta quando siano previsti compensi eccessivi ad amministratori o lavori subordinati (art. 3 lett. a) del d.lgs. n. 155\2006).