Lo Stato
4 video in questa pagina
212 domande di diritto costituzionale e pubblico |
I diversi autori di diritto costituzionale forniscono diverse definizioni di Stato; prima di leggerle e casomai impararle a memoria, cerchiamo con un esempio di capire cosa può essere uno Stato.
Immaginiamo
che finalmente si trovi il modo di colonizzare Marte, e molte nazioni inviano lì
molti uomini e mezzi, ma poi sorgono difficoltà di comunicazione con la Terra e
gli uomini su Marte devono vedersela da soli, senza contatti con le loro basi
sulla Terra.
Nei primi
tempi ogni gruppo comincia a governarsi da sé, ma la scarsità di risorse e la
sovrappopolazione porta a uno scontro tra le diverse comunità e alla fine due si
impongono su tutte le altre diventando dominanti sul pianeta, e inglobando le
comunità minori che entrano a far parte delle maggiori.
Ecco che si
sono creati due Stati marziani, che potremmo chiamare Alleanza di Apollinaris e
Repubblica di Arcadia, perché è accaduto che ognuno di loro ha imposto il suo
potere su un determinato territorio prevalendo su tutti quelli che vi erano
prima esistenti, e, d’altro canto, nessuno dei due si fa imporre le proprie
scelte dall’altro Stato.
Accade, poi,
che i gruppi che abitavano i territori occupati dalla Alleanza di
Apollinaris e dalla Repubblica di Arcadia entrano a far parte delle comunità
maggiori diventando cittadini dei due Stati, condividendone diritti e doveri.
Ed allora si capisce come un Stato sia una forma
organizzata di comunità a fini generali, composta da soggetti che ne
condividono i principali valori politici, dotata di autonoma struttura e
con un principale centro di potere. |
Lo Stato ha carattere originario e non deriva la sua legittimazione da nessun’altra forma di organizzazione, da lui dipendono e trovano legittimazione tutte le altre organizzazioni interne ad esso, è l’unico che può usare la forza , e non si fa imporre le sue scelte da altri poteri interni o esterni al suo territorio. |
Da ciò si
comprende come elementi costitutivi di uno Stato siano:
1.
Territorio
2. Popolo,
composta da cittadini
3. Sovranità
interna ed esterna.
D’altro
canto è anche vero che uno Stato non può esistere se non possiede un apparato
che gli permetta di funzionare e che ne definisca la struttura, apparato che ne
identifica il tipo di Governo.
2. Le teorie sullo Stato
Fatta questa introduzione, vediamo come i vari autori che si occupano di diritto costituzionale definiscono lo Stato.
il Martines definisce lo Stato come un ordinamento giuridico originario a fini generali ed a base territoriale, dotato di un apparato autoritario posto in posizione di supremazia; |
Precisa poi
il concetto, parlando di Stato istituzione, in riferimento alla
definizione che ha dato in precedenza, come "uno dei tanti corpi sociali
organizzati o istituzioni, con determinate caratteristiche e con propri ed
esclusivi elementi costitutivi che valgono ad individuare l'ordinamento
giuridico statale come comprensivo, oltre che di tutti i minori corpi sociali,
anche di tutti gli ordinamenti particolari ed ad essi sovra ordinato".
Avendo dato questa definizione, distingue ancora lo Stato apparato, inteso come"
quel complesso di autorità e organizzazione a cui l'ordinamento attribuisce il
potere di emanare e di applicare le norme ed i comandi attraverso cui lo stato
esercita la propria supremazia".
Questo autore ritiene che lo Stato apparato
abbia personalità giuridica, e avendo isolato questa definizione riesce più
facile distinguere fra governanti, che coincidono con lo Stato apparato e i
governati, che coinciderebbero con l'ulteriore concetto di Stato comunità.
Il Martines,
però, non accetta la definizione di Stato comunità, se non altro perché mancante
di vertice e di organizzazione comune, e preferisce parlare di comunità statale,
cioè comunità che esiste come realtà sociale anche se non omogenea.
Abbiamo poi
la definizione di Stato degli autori Barbera - Fusaro, secondo i quali:
si può parlare di Stato quando una popolazione, sottomettendosi a un potere politico, dà vita ad un ordinamento in grado di soddisfare i suoi interessi generali |
Diversa è la definizione di Stato che ci è data dagli autori Bin- Pitruzzella, che intendono lo Stato come:
una particolare forma storica di organizzazione del potere politico che esercita il monopolio della forza legittima in un determinato territorio che si avvale di un apparato amministrativo |
Si specifica
che il potere politico è quella specie di potere sociale che permette a
chi lo detiene di imporre la propria volontà ricorrendo alla forza legittima.
Per potere
sociale si deve poi intendere la capacità di influenzare il comportamento di
altri individui, e poteri sociali sono anche il potere economico, il potere
ideologico e potere politico;
il potere
economico è dato, appunto, dal fatto che certi soggetti avendo in mano i fattori
della produzione (come ad esempio la proprietà della terra) sono in grado di
ottenere dei comportamenti da parte di chi non possiede tali fattori; i nostri
autori citano il caso del proprietario che avendo il bene ottiene che il non
proprietario lavori per lui;
vi è poi il
potere ideologico, come ulteriore forma di potere sociale, che grazie a
particolari forme di sapere, o religiose, riesce ad ottenere un determinato
comportamento, per esempio andare a messa la domenica, o astenersi dal mangiare
certi cibi in occasione di particolari ricorrenze.
Il potere
politico, invece, può imporre la propria volontà anche ricorrendo alla forza, e
lo Stato rappresenta proprio un'espressione di potere politico, perché può (e a
volte deve) far rispettare i propri comandi attraverso la forza.
Ciò però non
deve far ritenere che uno Stato riesca mantenersi solo grazie all'uso la forza,
perché un qualsiasi Stato riesce a sopravvivere quando la grande maggioranza del
popolo condivide i valori fondamentali sui quali si fonda, diversamente non c'è
forza sufficiente che riesca a mantenere uno Stato senza il consenso.
Se diverse
sono le definizioni di Stato, c'è concordia invece su quali siano gli elementi
essenziali di uno Stato, non solo quello italiano ma di un qualsiasi Stato;
tutti gli autori che abbiamo citato ritengono che lo Stato per esistere abbia
bisogno di tre elementi fondamentali:
1. Il
territorio;
2.il popolo;
3.la
sovranità.
I primi due
elementi si spiegano facilmente, è infatti ovvio che non può esistere uno Stato
che non eserciti il suo potere nell'ambito di un determinato territorio; pensiamo agli ebrei: fino a quando non hanno costituito lo Stato di
Israele, anche se legati da forti legami religiosi e culturali, poiché erano sparsi fra
diversi territori, non potevano essere considerati uno Stato.
Anche il
secondo elemento ( il popolo) è facile da intendere;
uno Stato non potrebbe esistere
senza che nel suo territorio vi sia un popolo; su questo punto però bisogna
intendersi, perché è necessario distinguere i concetti di popolo e popolazione,
perché il popolo è costituito dall'insieme dei cittadini, mentre la popolazione
indica tutti coloro che in un determinato momento si trovano nel territorio
dello Stato, siano essi o meno cittadini. Uno Stato quindi deve necessariamente
avere, per esistere, dei cittadini.
Più
complesso invece è intendere il terzo elemento dello Stato, e cioè la sovranità.
Il termine
sovranità già fa intendere un concetto di potere, infatti la sovranità indica un
potere che si esprime in due modi, verso l'interno e verso l'esterno.
Un ente che
possiamo definire Stato è sovrano solo quando all'interno del suo territorio
possiede il potere di comando, nel senso che non riconosce nessun altro al di
sopra di sé;
il secondo aspetto della sovranità ha invece un'efficacia esterna
allo Stato stesso, nel senso che uno Stato che sia veramente sovrano non si fa
imporre scelte da altri Stati.
Altro
problema poi è stabilire a chi appartiene la sovranità, secondo alcuni autori la
sovranità appartiene allo Stato inteso come persona giuridica, e se
andiamo a vedere quello che diceva lo statuto Albertino, lo Stato era
inteso come sovrano;
la rivoluzione francese introdusse invece il concetto secondo cui la sovranità appartiene alla nazione, cioè l'entità collettiva cui
si appartiene per avere una comunanza di valori ideali, storici e culturali.
Ancora c'era
la tesi secondo cui la sovranità appartiene al popolo, che risale al Rousseau che
però vedeva il Governo di uno Stato esercitato direttamente dai cittadini, senza
l'ausilio di rappresentanti, situazione che ovviamente poteva trovare
applicazione solo in comunità molto piccole, come era la Svizzera, oppure nelle
antiche poleis greche, come era Atene.
Secondo la nostra Costituzione la sovranità appartiene al popolo (articolo 1
comma secondo) che però la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Ciò vuol dire che la Costituzione ritiene che questo potere supremo che abbiamo
indicato come sovranità trova la sua fonte di legittimazione nella volontà
popolare, volontà popolare che però non si esprime direttamente, come voleva
Rousseau, ma attraverso dei rappresentanti, e infatti la nostra democrazia è una
democrazia rappresentativa, come accade per tutte le grandi democrazie
occidentali.
Avendo
chiarito il concetto di sovranità, dobbiamo meglio approfondire gli altri due
concetti di territorio e popolo.
Il
territorio, come avevamo già accennato in precedenza, è lo spazio delimitato
entro cui lo Stato esercita la propria sovranità;
è chiaro
infatti che uno Stato come quello italiano può esercitare il potere nell'ambito
dei confini italiani, ma non potrebbe certo esercitare questo potere sovrano
nell'ambito di confini di Stati diversi, come, ad esempio, nell'ambito dello
Stato egiziano, e ancora, per chiarire meglio il concetto, un giudice italiano
non potrebbe, di regola, pronunciare una sentenza in relazione a questioni
accadute all'interno dello Stato egiziano e relative a suoi cittadini; si
riflette infatti che seppure tale sentenza venisse pronunciata (e qui non ci
occupiamo però certi aspetti particolari del diritto internazionale), lo Stato
italiano non potrebbe certo imporre la sua volontà all'interno dei confini
egiziani, facendo valere detta sentenza.
Venendo al
territorio dello Stato questo è composto in primo luogo dalla terraferma,
terraferma che ovviamente può essere una penisola come nel caso dell'Italia,
oppure un arcipelago di isole, come accade per il Giappone.
I confini
della terraferma sono spesso delineati da confini naturali, come accade in molti
casi per gli Stati europei, ma non è infrequente che i confini tra gli Stati
sono identificati in base alle linee immaginarie decise dalla politica, come
spesso accade agli Stati africani.
Il secondo
elemento che identifica il territorio di uno Stato è il mare territoriale,
ovviamente quando tale mare ci sia, cosa che non accade, ad esempio, per la
Svizzera.
L'estensione
del mare territoriale è normalmente individuata nella fascia compresa entro
Tale
estensione è stata fissata nell'ambito della convenzione di Montego Bay del
1982, e in tale convenzione è stato anche riconosciuto il diritto agli Stati
rivieraschi di sfruttare le risorse naturali nell'ambito della piattaforma
continentale che si estende oltre il limite delle
Lo
sfruttamento della piattaforma continentale è attribuito agli Stati che si
affacciano sul mare e su tale piattaforma, ma comunque questi Stati devono
assicurare la libertà delle acque. Altri elementi che fanno parte del territorio
dello Stato sono lo spazio aereo che sovrasta il territorio, e il cosiddetto
territorio fluttuante, e cioè le navi, gli aerei mercantili, quando però si
trovino oltre il mare territoriale di altri Stati, ed inoltre le navi e gli
aerei militari ovunque si trovino, quindi anche all'interno di un porto
straniero.
Venendo al
concetto di popolo, abbiamo già chiarito che questo non deve essere confuso con
il concetto di popolazione, perché il popolo è in realtà costituito solamente
dai cittadini, cioè soggetti che si trovano in un particolare vincolo rispetto
allo stato, e tale vincolo è il vincolo della cittadinanza. Dal fatto di essere
cittadini di un determinato Stato, derivano una serie di diritti e doveri, ne
deriva quindi un particolare status del soggetto - cittadino. Venendo
all'Italia, l'acquisto (e anche la perdita) della cittadinanza è regolata dalla
legge 5 febbraio 1992 n. 91, che specifica i modi attraverso cui si può
acquistare la cittadinanza italiana; normalmente per esemplificare si indicano
con dei termini latini in modi di acquisto della cittadinanza, ed infatti si può
diventare cittadini italiani:
ius
sanguinis, cioè per nascita, ed infatti è cittadino italiano il figlio di padre o
madre cittadini italiani;
ius soli, e fa riferimento all'ipotesi in cui si nasca nel territorio italiano;
bisogna però precisare che diviene cittadino italiano chi nasce nel territorio
italiano quando i genitori siano ignoti o apolidi (cioè soggetti che non hanno
cittadinanza) oppure quando il figlio non segue la cittadinanza dei genitori
secondo le regole dettate dallo Stato di appartenenza dei genitori stessi.
ius connubii,
facciamo riferimento all'ipotesi in cui un cittadino straniero o apolide sposi
un cittadino italiano, in questo caso l'acquisto della cittadinanza non è
automatico, ma devono ricorrere particolari condizioni previste dalla legge.
Ancora si
può divenire cittadini italiani per naturalizzazione, nel caso dello straniero
che risieda da almeno 10 anni nel territorio della Repubblica italiana o abbia
prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano per almeno cinque anni;
in questo caso, ma ne sono altri previsti dalla legge, il Presidente della
Repubblica concede la cittadinanza allo straniero sentito il Consiglio di Stato
e su proposta del ministro dell'interno.
Come abbiamo
già detto la legge n. 91 del 1992 stabilisce anche i casi in cui si può perdere
la cittadinanza, e alcune ipotesi riguardano il caso del cittadino italiano che
accetta un impiego pubblico o una carriera pubblica presso uno Stato estero, o
ente internazionale cui non partecipi l'Italia, oppure se presta servizio
militare per uno Stato estero.
Il cittadino
italiano perde la cittadinanza quando si rifiuta di lasciare l'incarico che
ricopre presso lo Stato estero; ancora il cittadino italiano perde la
cittadinanza quando in caso di guerra, ha accettato o non abbandonato una carica
pubblica oppure ha prestato servizio militare per uno Stato nemico. In ogni caso
però la stessa legge prevede le ipotesi in cui la cittadinanza persa possa
essere riacquistata, di certo però solo la legge può stabilire quali sono i casi
in cui si può perdere la cittadinanza (vi è quindi un'ipotesi di riserva di
legge) e d'altro canto la stessa Costituzione pone un limite al legislatore in
merito alla perdita della cittadinanza, ed infatti l'articolo 22 dispone che
nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della
cittadinanza e del nome, volendo così evitare che la cittadinanza possa essere
un'arma messa a disposizione di chi comanda per allontanare dall'Italia gli
avversari politici.
Ricordiamo
poi che essendo l'Italia uno dei membri dell'Unione Europea, i cittadini
italiani posseggono, oltre alla cittadinanza italiana, la cittadinanza europea,
e quindi acquisiscono anche lo status di cittadini europei; la cittadinanza
europea quindi si aggiunge alla cittadinanza italiana, ma non la sostituisce, e
permette ai cittadini italiani di acquisire ulteriori diritti, come quello di
circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, di avere
il diritto di voto per l'elezione dei membri del Parlamento europeo, o ancora
l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali di una città di uno Stato
membro, quando però si risieda in quella città, il diritto di ottenere, nel
territorio di un paese terzo del quale lo Stato membro di cui fa parte cittadino
non abbia una rappresentanza diplomatica, la tutela da parte dell'autorità
diplomatiche e consolari di un qualsiasi Stato membro dell'unione.
In
precedenza abbiamo parlato del concetto di Stato, ora dobbiamo approfondire il
nostro discorso considerando le forme di Stato.
Lo stato
moderno si fa risalire all'anno 1648, anno in cui fu firmata la pace di
Westfalia, con la quale si metteva fine alla guerra dei trent'anni, è
sostanzialmente si faceva anche cessare la struttura feudale che esistita per
quasi tutto il medioevo.
Nel medioevo infatti non era possibile parlare di uno
Stato, poiché mancava una organizzazione amministrativa unitaria, e comunque i
poteri più importanti dell'epoca, il papato e l'impero, non erano realmente
in grado di imporre la propria volontà all'interno dei rispettivi territori (e
ciò valeva in particolare per l'impero romano germanico); il potere infatti era
frammentato fra i vari feudatari, che erano legati da una complessa serie di
vincoli fra di loro, e con l'imperatore e il papa.
Mancava quindi un unico centro di potere che caratterizza il concetto moderno di
Stato. Questi centri di potere però, vennero col tempo affermandosi, e ciò accadeva quando i feudatari
più importanti riuscivano a sconfiggere gli altri e ad imporre la prova volontà
su vaste aree di territorio, diventavano quindi dei veri e propri principi e
successivamente dei re.
Per
forma di Stato si intende individuare il rapporto esistente fra governanti e
governati, distinguendo così la forma di Stato dalla forma di Governo, essendo
quest'ultima il rapporto che intercorre fra i governanti, cioè il
modo in cui è distribuito il potere tra gli organi fondamentali di un'organizzazione statale.
Partendo da
queste definizioni si distinguono diverse forme di Stato, ma è necessario
osservare che le diverse forme di Stato e di Governo, costituiscono pur sempre
dei modelli, modelli che nella realtà storica possono corrispondere
perfettamente o meno a reali forme di Stato di Governo. In altre parole la
dottrina ricorre ai modelli per esemplificare in via teorica le diverse forme di
Stato e di Governo, ma nulla esclude che nella realtà storica possano esistere
forme di Stato e di Governo che solo in parte possono corrispondere ai modelli
teorici elaborati dalla dottrina.
La prima
forma di Stato che normalmente viene presa in considerazione è lo Stato
assoluto, dove tutto il potere è concentrato nelle mani del sovrano (o meglio
della corona), sovrano che deriva il suo potere non dal popolo ma direttamente
da Dio.
Gli Stati assoluti hanno avuto la loro massima espressione fra il
sedicesimo e il diciassettesimo secolo, e sicuramente lo Stato francese ne è
stata una delle maggiori espressioni, ricordiamo ad esempio la famosa frase
attribuita a
Luigi XIV il quale affermava "lo Stato sono io".
Dobbiamo però anche osservare
che uno Stato che vede effettivamente tutto il potere concentrato nelle mani del
sovrano non è forse mai realmente esistito, perché il sovrano doveva comunque
rispondere ad una serie di corpi sociali intermedi con i quali alla fine
divideva il potere; parlando ancora della Francia ricordiamo il grande peso che
avevano sulle decisioni del sovrano i tre Stati, quello che rappresentava la
nobiltà, quello che rappresentava il clero, ed infine il cosiddetto terzo Stato,
che rappresentava principalmente la borghesia, per non parlare poi dell'enorme
potere della magistratura, come il Parlamento di Parigi, (che era un importante
tribunale) che aveva il compito di registrare, e quindi dare efficacia ai
decreti pronunciati dal re.
La seconda
forma di Stato è lo Stato di diritto, organizzazione che nacque in seguito alla
rivoluzione francese del 1789, rivoluzione che fece cessare in maniera anche
violenta l'assolutismo monarchico dei re francesi; lo Stato di diritto si
caratterizza per il fatto che il potere non è più esercitato dal re, ma dal
Parlamento, e che lo stesso potere è sottoposto
alla legge; accade, quindi, che i diritti dei cittadini sono garantiti anche nei
confronti dello Stato dalla legge, cui lo Stato stesso deve inchinarsi. Tale
potere della legge deriva dal fatto che la legge è espressione del Parlamento, e
il Parlamento rappresenta la nazione titolare della sovranità popolare.
Oltre a ciò
lo Stato di diritto introduce il principio della separazione dei poteri
(principio che fu indicato per la prima volta da Montesquieu nella sua opera "lo
spirito delle leggi" del 1748). I poteri dello Stato sono, secondo Montesquieu,
tre:
1.il potere
legislativo, cioè il potere di porre in essere le leggi, intese come norme
generale ed astratte. Il potere legislativo quindi esercita la funzione
legislativa;
2.il potere
esecutivo, cioè il potere di dare attuazione alle leggi, e quindi curare in
concreto i pubblici interessi. Il potere esecutivo esercita quindi la funzione
esecutiva;
3.il potere
giurisdizionale, e cioè il potere di applicare le leggi. Il potere
giurisdizionale esercita quindi la funzione giurisdizionale.
Si potrebbe
osservare che questi poteri esistevano anche nello Stato assoluto, ma la
particolarità dello Stato di diritto è che questi poteri devono essere affidati
ad organi diversi, perché la concentrazione di questi poteri in uno stesso
organo, come ad esempio la corona, comporterebbe il rischio che lo Stato sia
guidato in maniera tirannica;
tali organi
poi devono esercitare questa attività in maniera separata, cioè devono essere
autonomi l'uno dall'altro, nel senso che ogni organo deve vedere rispettate le
proprie competenze.
Ciò però non
vuol dire che ogni organo titolare di un determinato potere possa agire senza
limiti, perché inevitabilmente cercherebbe sempre di prevalere sugli altri; per
questo motivo lo stesso Montesquieu prevedeva che i tre poteri, affidati ad
organi diversi, debbono comunque potersi reciprocamente condizionare, con un
sistema di controlli reciproci, di pesi e contrappesi, costituiti in modo da
evitare abusi.
Secondo uno schema tradizionale:
1. Il potere
legislativo spetta al Parlamento, che quindi esercita la funzione legislativa;
2.Il potere esecutivo spetta al Governo, che quindi esercita la funzione
esecutiva;
3.Il potere
giurisdizionale spetta la magistratura, che quindi esercita la funzione
giurisdizionale.
Dobbiamo
però osservare che questa attribuzione di poteri diversi ad organi diversi non è
mai veramente realizzata in maniera totale, ricordiamo ad esempio che il
Governo, titolare del potere esecutivo, è anche titolare di una funzione
normativa propria, che esercita attraverso regolamenti, oltre che di una
funzione legislativa che esercita attraverso i decreti legge e i decreti
legislativi; d'altro canto lo stesso Parlamento esercita una limitata
giurisdizionale quando deve decidere le controversie relative ai propri
dipendenti (autodichia), e anche la magistratura può in certi casi operare come
organo amministrativo, pensiamo ad esempio delle particolari ipotesi di
volontaria giurisdizione.
I concetti
quindi di potere e funzione sono paralleli, quando parliamo di funzione ci
riferiamo al tipo di attività svolta, quando invece parliamo di potere
intendiamo più riferirci al soggetto che è chiamato a svolgere una determinata
funzione.
Avendo quindi parlato di tre poteri dello Stato, abbiamo anche
implicitamente affermato quali sono le tre funzioni di uno Stato, ma dobbiamo
anche chiederci se oltre a queste tre funzioni di uno Stato, ne possa esistere
per lo meno una quarta, e la risposta deve essere positiva, indicando come
ulteriore funzione dello Stato la funzione di indirizzo politico, che consiste
nella individuazione delle linee fondamentali verso cui dovrà muoversi
l'ordinamento. Questa funzione di indirizzo politico, però, incontra delle
difficoltà concettuali nel momento in cui si cerca di identificarla in un
determinato potere, e questa spetta in parte al Governo, e in parte anche se in
misura minore, al Parlamento, ed è per questo che alcuni autori ( Martines),
negano trattarsi di una vera e propria funzione dello Stato, perché mancherebbe
"quelle attività, globalmente considerata, imputabile ad un ufficio, rivolta ad
un fine determinato e che assume un certo contenuto in relazione ad una data
materia".
Insomma per Martines la funzione di indirizzo politico non avrebbe un
carattere autonomo rispetto alle altre, e quindi non assumerebbe un rilievo a sé
stante; è anche vero però che la stessa Costituzione italiana all'articolo 95
espressamente menzione la funzione di indirizzo politico, in relazione
all'attività del Governo, e d'altro canto bisogna anche considerare che la
stessa attività legislativa ed esecutiva non avrebbero senso, se non ci fosse
una predeterminazione dei fini da raggiungere.
Tornando al nostro discorso, abbiamo visto che lo Stato di diritto ha sostituito lo Stato assoluto, e dobbiamo aggiungere che lo Stato di diritto, nato con la rivoluzione francese si è poi evoluto in forme di Stato più vicine a noi;
la prima forma è
stata quella dello Stato liberale, che è nato non solo grazie all'evoluzione
nata dalla rivoluzione francese, ma anche grazie alla rivoluzione americana, e
alla più antica forma di rivoluzione inglese che già nel 1689 riuscì a
trasferire gran parte del potere dalla monarchia alla Camera dei Comuni.
Lo stato
liberale si fonda anch'egli sui principi dello Stato di diritto e della
separazione dei poteri, ma si caratterizzava per due importanti elementi:
1. era uno
Stato monoclasse;
2. era uno
Stato minimo.
Per Stato
monoclasse intendiamo il fatto che nel Parlamento era rappresentata una sola
classe sociale, la borghesia, non esistendo il voto a suffragio universale
essendo esclusi dal voto sia coloro che non raggiungevano un certo reddito, sia
coloro che non raggiungevano un certo grado di cultura; le
donne non potevano partecipare al voto.
Come
affermato, lo Stato liberale era uno Stato minimo, nel senso che si occupava
solo di quelle attività indispensabili per il funzionamento di uno Stato, come
per esempio il battere moneta, assicurare la difesa l'ordine e la giustizia, ma,
non si occupava di intervenire nell'economia, e neppure di rimuovere le
diseguaglianze fra i cittadini.
Come
evoluzione dello stato liberale abbiamo lo Stato democratico, che vede come sua
caratteristica fondamentale l'introduzione del suffragio universale; il
Parlamento diviene quindi luogo dove si consumano e si compongono i conflitti
sociali, lo Stato democratico poi si evolve ulteriormente come Stato sociale,
che, a differenza dello Stato liberale, interviene direttamente nell'economia
anche nell'intento di ridurre le diseguaglianze economiche tra i cittadini,
oltre a sostenere chi ha più bisogno.
Nell'attuale evoluzione storica
possiamo affermare che lo Stato che si è affermato nell'Europa occidentale, è lo
Stato sociale, anche se dobbiamo osservare che l'attuale globalizzazione mette
in crisi questo modello, perché gli Stati singolarmente hanno sempre meno peso
nella gestione di un enorme economia mondiale, e sono quindi costretti spesso a
ridurre le loro politiche sociali, per essere essi stessi competitivi a livello
internazionale.
Come
ulteriori forme di Stato, fortunatamente in Europa per lo meno quasi
completamente scomparse, ricordiamo lo Stato autoritario, che si è sviluppato
tra le due guerre mondiali; questi era caratterizzato dal fatto non
esistevano diritti, se non per coloro che detenevano il potere.
In tale Stato, come
quello fascista in Italia o nazista in Germania, esisteva un solo partito; il
Parlamento si vedeva completamente spogliato dei suoi poteri, mentre tutto il
potere era sostanzialmente concentrato nel Governo e nel suo capo.
Un'altra forma di Stato che possiamo ritenere quasi completamente scomparsa, e
lo Stato socialista, nato con la rivoluzione bolscevica del 1917, diffusosi poi in tutto
il mondo, e che entra in crisi con la caduta del muro di Berlino nel 1989, crisi
da cui non si è più ripreso.
Attualmente gli unici Stati realmente socialisti
del mondo sono la Corea del Nord e Cuba. In tale Stato si impone l'eguaglianza
economica e sociale dei cittadini, lo Stato diviene unico proprietario di tutti
i mezzi di produzione, non esiste la proprietà privata, l'economia è totalmente
pianificata e centralizzata. Il potere è affidato ad una potente burocrazia
espressione di un partito unico, il partito comunista.
Avendo
parlato le forme di Stato, dobbiamo ora occuparci delle forme di Governo, che,
come detto, indica il rapporto che intercorre tra i governanti, e cioè come è
organizzato il potere nell'ambito di uno Stato.
In particolare ci occupiamo
delle forme di Governo che sono derivate dallo Stato liberale, e che possiamo
distinguere in quattro tipi fondamentali:
1. forma di Governo parlamentare, caratterizzata dal rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo). In particolare si parla di parlamentarismo dualista, quando il Governo deve ottenere una doppia fiducia, cioè dal re e dal Parlamento, e parlamentarismo monista quando il Governo deve ottenere la fiducia dal solo Parlamento.
2.forma di
Governo presidenziale, caratterizzata dal fatto che il presidente è eletto
direttamente dal corpo elettorale; cumula le funzioni di capo del Governo e
capo dello Stato, e non è legato da un rapporto di fiducia con il
Parlamento.
3.forma di Governo semipresidenziale, è una forma ibrida fra le prime due, e si caratterizza per il fatto che il presidente della Repubblica è capo dello Stato, ed è eletto direttamente dal corpo elettorale, accade però che, a differenza del sistema presidenziale, non è anche capo del Governo; il presidente della Repubblica dovrà scegliere infatti il capo del Governo, capo del Governo che dovrà però ottenere anche la fiducia del Parlamento
4. forma di
Governo direttoriale, poco diffusa, trova la sua espressione in Svizzera; il
Governo in questo caso è esercitato collegialmente da più soggetti (direttorio),
il Governo poi è scelto dal Parlamento, ma una volta scelto non può di regola
essere sfiduciato dallo stesso Parlamento.
|
|