Le autonomie
212 domande di diritto costituzionale e pubblico |
3 video in questa pagina sulle autonomie
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Il titolo V della Costituzione è stato modificato nel 2001, con la legge
costituzionale numero 3.
Questo ha cambiato profondamente il volto dello Stato italiano, facendogli
assumere una fisionomia meno centralizzata e più autonomista, e se proprio non è
stato costituito uno Stato federale, possiamo ritenere che è sorta una
Repubblica delle autonomie, oppure secondo la definizione cara a certi autori, è
sorto uno Stato autonomistico.
L'attuale configurazione dello Stato italiano è basata su più livelli
territoriali di governo, ciascuno con una propria autonomia politica
costituzionalmente garantita, e ciò lo intendiamo chiaramente dall'articolo 114
della Costituzione secondo cui:
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. |
La Repubblica si riparte in Regioni province e comuni
Come
si vede l'elenco degli enti che costituiscono la Repubblica oggi parte dal
basso, dal comune, adombrando già il principio di sussidiarietà di cui parleremo
più avanti; rispetto poi al vecchio articolo 114, la Repubblica è costituita non
solo dalle Regioni province e comuni, ma anche dallo Stato, e quindi non è
possibile identificare la Repubblica con il solo Stato.
Le Regioni a statuto speciale.
Venendo alle Regioni italiane, dobbiamo fare due importanti considerazioni, la prima riguarda il fatto che esistono Regioni a statuto ordinario Regioni a statuto speciale, la seconda riguarda il numero delle Regioni italiane, che attualmente è di 21, secondo l'articolo 131 della Costituzione:
"Sono costituite le seguenti Regioni: |
Piemonte; Valle d'Aosta ;Lombardia; Trentino-Alto
Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia;Liguria;EmiliaRomagna;Toscana;Umbria;Marche;Lazio;Abruzzi;Molise;Campania;Puglia;Basilicata;Calabria;Sicilia,
Sardegna". |
Tra queste dobbiamo distinguere Regioni a statuto ordinario dalle
Regioni a statuto speciale, la distinzione ritroviamo nell'articolo 116
della Costituzione primo comma, secondo il quale: |
" Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto
Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e
condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti
speciali adottati con legge costituzionale. |
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province
autonome di Trento e di Bolzano". |
Le Regioni a statuto speciale si distinguono proprio per le modalità attraverso
cui è adottato lo statuto, ed infatti gli statuti delle Regioni di cui stiamo
parlando, sono adottati con legge costituzionale.
Da questo punto di vista, la riforma il titolo V della Costituzione non ha modificato il regime delle Regioni a statuto speciale, tuttavia al terzo comma dell'art. 116 è stata data la possibilità alle regioni a statuto ordinario di chiedere ulteriori forma di autonomia. Si parla in questi casi di autonomia differenziata.
Il consiglio regionale può essere considerato il parlamentino della Regione, ed
infatti esercita la potestà legislativa attribuita alla Regione dalla
Costituzione e dalle leggi, ed inoltre, ha il potere di iniziativa in merito
alla presentazione di leggi al Parlamento nazionale.
La giunta regionale, invece, è il Governo della Regione, ed infatti secondo il
terzo comma dell'articolo 121, la giunta regionale costituisce l'organo
esecutivo della Regione.
Il Presidente della giunta è invece il rappresentante della Regione, dirige la
politica della giunta, e ne è responsabile; il Presidente della giunta promulga
le leggi ed emana i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative a
lui delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del
Governo. Come si vede nel Presidente della Regione è come se cumulassero le
cariche di Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio.
È infatti la legge regionale che stabilisce questi casi, nei limiti però dei
principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, che stabilisce inoltre
anche la durata degli organi elettivi.
La Costituzione però si preoccupa di stabilire alcuni casi di incompatibilità,
ed infatti il secondo comma dell'articolo 122 stabilisce che
non si può appartenere contemporaneamente
al consiglio o la giunta regionale e ad una delle camere del parlamento,
e ancora non si può essere membri della giunta regionale del consiglio regionale
di una certa Regione, ed essere membri del consiglio o della giunta di un'altra
Regione; ancora i membri della giunta del consiglio regionale non possono essere
contemporaneamente membri del Parlamento europeo.
Come accade per le Camere del Parlamento della Repubblica, anche il consiglio
regionale elegge fra i suoi componenti un Presidente ed un ufficio di
presidenza, ed anche i consiglieri regionali hanno garanzie simili a quelle
previste, in merito alle opinioni espresse, per i parlamentari.
Dispone infatti il quarto comma dell'articolo 122, che i consiglieri regionali
non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio delle loro funzioni.
Infine lo stesso articolo 122 dispone che il Presidente della giunta regionale è
eletto a suffragio universale, ma vedremo che questa norma è derogabile, a certe
condizioni, dagli statuti regionali, che possono prevedere anche un sistema di
elezione del Presidente della giunta regionale da parte del consiglio.
Gli enti territoriali e le funzioni amministrative.
L'articolo 118 della Costituzione si occupa del
riparto delle funzioni amministrative; abbiamo visto infatti, in base
all'articolo 114, che la Repubblica italiana è ormai una Repubblica delle
autonomie, composta da più enti territoriali, dal comune fino allo Stato.
L'articolo 118 si preoccupa, al primo comma, di stabilire chi deve esercitare le
funzioni amministrative; riportiamo per chiarezza il primo comma dell'articolo
118:
Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per
assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. |
Cominciamo con il principio di sussidiarietà, e
andiamo a scoprire che tale principio fa in realtà riferimento a due ipotesi
diverse:
2. la capacità effettiva dimostrata dal comune di svolgere le funzioni che gli
sono state affidate.
In merito alla dimensione degli interessi coinvolti,
lo stesso articolo 118 parla di funzioni che di regola sono attribuite ai
comuni, salvo che "per assicurarne l'esercizio unitario" siano attribuite ad
enti territoriali superiori; in altre parole bisogna andare a vedere la
dimensione dell'interesse coinvolto, se questo interesse coinvolge più comuni,
di regola la funzione amministrativa dovrà essere attribuita all'ente
territoriale superiore, e solo dove è possibile al comune. Notiamo che in questa
prima accezione il principio di sussidiarietà ha poco a che vedere con il
termine “sussidiario”, da cui deriva “sussidiarietà”;
una attività sussidiaria implica infatti un'attività di supporto, di aiuto, di
sussidio, e non sembra che nell'ipotesi che abbiamo appena espresso ci sia un
qualcosa che faccia riferimento ad un sussidio o ad una aiuto.
In questo senso il principio di sussidiarietà è inteso anche nell'ambito
dell'ordinamento europeo, come quello che disciplina i rapporti tra unione
europea e Stati membri in relazione all'esercizio del funzioni pubbliche; il
trattato di Lisbona, infatti, all'articolo 5 secondo comma dispone che "nei
settori che non sono di sua competenza esclusiva, l'Unione interviene soltanto
se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere
sufficientemente raggiunti dagli Stati membri".
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono
l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio
di sussidiarietà
È questa la cosiddetta sussidiarietà orizzontale, ( per distinguerla dalla
precedente detta verticale) in base alla quale i singoli cittadini e
associazioni possono svolgere anche attività di interesse generale, e in tal
caso gli enti territoriali devono garantire un adeguato supporto (sussidio) a
tali attività.
Questi ulteriori due criteri sono stati pensati dal legislatore costituente in
relazione ad una situazione di fatto che è sotto gli occhi di tutti; tale
situazione riguarda proprio i comuni, che se devono essere indubbiamente
favoriti nell'attribuzione alle funzioni amministrative, devono essere anche in
grado di svolgere effettivamente.
Sappiamo infatti che i comuni italiani, che sono circa 8000, hanno dimensioni e
strutture organizzative diversissime fra di loro, e sarebbe quindi opportuno
attribuire le funzioni amministrative ad un comune quando questi non ha la
capacità di svolgere adeguatamente.
Per questo motivo la Costituzione prevede il principio di differenziazione,
principio che impone al legislatore di tener conto delle diverse realtà
amministrative e il organizzative dei singoli comuni, e attribuire la funzione
amministrativa in relazione a tali capacità, mentre il principio di adeguatezza
costituisce una ulteriore declinazione del principio di sussidiarietà, imponendo
al legislatore di tener conto nell'attribuzione delle funzioni amministrative
della dimensione del singolo comune, essendo chiaro che un comune molto piccolo
ben difficilmente potrà svolgere funzioni amministrative complesse.
Ricordiamo, infine, che l'articolo 118 secondo comma dispone che "I Comuni,
le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative
proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze".
Questo secondo comma dell'articolo 118 vuole affermare che comunque gli enti
territoriali minori devono avere funzioni amministrative proprie, funzioni che
normalmente sono individuate in base alla tradizione storica di questi enti,
comune in primo luogo; in questo modo lo stesso legislatore non può attribuirsi
tutte le funzioni amministrative, sia perché così farebbe venir meno l'autonomia
degli enti territoriali minori (che in tal modo non farebbero più nulla), sia
perché violerebbe il secondo comma dell'articolo 118.
La ripartizione delle competenze tra Stato Regioni; la riforma del titolo quinto della Costituzione, gli statuti regionali e le leggi regionali.
1. Video |
1.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali.
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione
delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione
del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici
nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia
amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico
e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere
dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
3.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti
internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero;
tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i
settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo;
protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti
di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e
integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di
risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di
credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di
legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che
per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione
dello Stato.
4.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Passando al secondo comma, l'articolo 117 dispone che lo Stato ha potestà
esclusiva in tutte le materie e poi lo stesso secondo comma elenca; abbiamo
quindi individuato una serie di materie che spettano esclusivamente allo Stato,
e non spettano alle Regioni. Notiamo che il nuovo articolo
Passiamo al terzo comma dell'articolo
In
Ma in che cosa consiste la legislazione concorrente? Ci risponde lo stesso terzo
comma dell'articolo 117, secondo cui: Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello
Stato.
Come si vede l'intervento delle Regioni è fondamentale anche nei casi di
legislazione concorrente, perché sono le Regioni che devono legiferare in quelle
materie, anche se lo Stato con legge determina i principi fondamentali entro cui
deve muoversi la legislazione regionale.
Possiamo allora intendere quello che prima abbiamo accennato, e cioè che
tutto quello che non rientra nella potestà esclusiva dello Stato, o concorrente
tra Stato Regioni, diviene di potestà esclusiva delle Regioni stesse, con un
meccanismo, come abbiamo detto, più simile ad uno Stato federale e ad uno Stato
regionale come il nostro.
Abbiamo visto come si divide la competenza legislativa tra Stato Regioni,
tuttavia tra le competenze esclusive dello Stato ve ne sono alcune che
inevitabilmente vanno a toccare la competenza delle Regioni, e si tratta di
quelle materie che la Corte Costituzionale ha chiamato "materie trasversali", e
questo accade quando abbiamo particolari leggi statali che perseguendo obiettivi
o valori il più delle volte di carattere costituzionale, vanno ad incidere anche
in competenze riservate alle Regioni.
Se riprendiamo l'articolo 117, vediamo che lo Stato ha competenza esclusiva in
merito alla tutela della concorrenza, alla determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali (lettera m), funzioni
fondamentali degli enti locali (lettera p), la tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali (lettera s); abbiamo poi inoltre anche
delle materie di legislazione concorrente particolarmente rilevanti, come può
essere quello relativo alla tutela della salute.
In questi casi possiamo avere la situazione in cui lo Stato per perseguire i
propri obiettivi deve necessariamente andare a toccare competenze che spettano
alle Regioni, pensiamo ad esempio alle ipotesi di tutela della concorrenza, che
è uno strumento fondamentale di politica economica.
Ovviamente scelte del genere possono andare anche ad incidere sulla competenza
regionale in merito alle scelte di politica economica e la Regione vuole attuare
all'interno il proprio territorio, ma è anche vero che lo Stato per tutelare la
concorrenza deve necessariamente perseguire obiettivi che siano omogenei
nell'ambito dell'intero territorio nazionale, e quindi anche riguardo alla
politica economica in relazione alla tutela della concorrenza, le Regioni non
possono con la propria legislazione attuare interventi che in qualche modo siano
in grado di ostacolare la disciplina della concorrenza su tutto il territorio
nazionale impostata dallo Stato, anche se tali interventi rientrano nella
propria competenza esclusiva. Ovviamente il fatto di avere individuato queste
materie cosiddette trasversali, ha dato luogo a parecchi conflitti tra Stato e
Regioni, facendo così di molto aumentare lavoro della Corte Costituzionale.
Il fatto che adesso Regioni abbiano la loro fetta di competenza esclusiva, fa
sorgere anche il problema in merito alla potestà regolamentare; sappiamo infatti
che per quanto riguarda lo Stato è il Governo l'organo che ha la potestà
regolamentare, e questo è anche il riflesso del fatto che spetta allo Stato
attraverso il Parlamento la potestà legislativa. In merito alla potestà
regolamentare riportiamo il sesto comma dell'articolo 117 della
Costituzione:
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite |
di conseguenza alle Regioni spetta la potestà regolamentare nelle materie di
legislazione concorrente e legislazione esclusiva delle Regioni stesse.
Il sesto comma dell'articolo 117 che abbiamo citato fa riferimento anche alla
possibilità che lo Stato deleghi alle Regioni la potestà regolamentare, nelle
materie di competenza esclusiva dello Stato stesso. Da una prima lettura di
questo comma, può sembrare che lo Stato possa permettere alle Regioni di emanare
regolamenti nelle materie di competenza esclusiva dello Stato; in realtà sembra
che debba prevalere l'interpretazione secondo cui lo Stato può delegare sue
funzioni amministrative alle Regioni, per esempio la localizzazione di impianti
o risorse, e quindi la Regione dovendo lei esercitare queste funzioni
amministrative potrà farlo attraverso un proprio regolamento.
Gli statuti regionali.
Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali |
In altre parole lo statuto regionale può stabilire se la Regione possa avere la
forma di governo di tipo presidenziale, oppure di tipo parlamentare, o forse
anche di tipo semi presidenziale alla francese.
Dobbiamo però notare che la Costituzione comunque individua i caratteri
essenziali della forma di governo regionale, e ciò accade nell'articolo 122
quinto comma, lì dove si afferma che:
"Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale
disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il
Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta." |
La Costituzione quindi individua una forma di governo regionale di tipo
presidenziale, prevedendo appunto l'elezione diretta del Presidente della
Regione, così come accade negli Stati Uniti per l'elezione del Presidente di
quello Stato. Lo stesso articolo 122, però, stabilisce che tale forma di governo
può essere anche cambiata e ciò in applicazione del
primo comma dell'articolo 123 che sopra abbiamo riportato. Vista così può
sembrare che la Regione possa "inventarsi" una qualsiasi forma di governo, ma in
realtà ci sono comunque dei limiti alle scelte statutarie in merito alla forma
di governo regionale.
I limiti di troviamo nell'articolo 126 della Costituzione, al secondo e terzo
comma, secondo cui:
Il Consiglio regionale
può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta
mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi
componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei
componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre
giorni dalla presentazione.
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Sempre secondo il citato articolo 123 della Costituzione, lo statuto regionale
ha anche la competenza a determinare l'esercizio del diritto di iniziativa, e
anche del referendum, su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione,
oltre ad indicare le modalità di pubblicazione delle leggi e dei regolamenti
regionali.
Vediamo ora però come si fa ad adottare lo statuto regionale, e leggendo secondo terzo comma dell'articolo 123 della Costituzione, scopriamo che lo statuto regionale e approvato in una forma potremmo dire "aggravata" rispetto all'approvazione delle normali leggi regionali, un sistema che ricorda la modifica della Costituzione ex articolo 138. Riportiamo il secondo terzo comma dell'articolo 123:
" Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due
deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi.
Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del
Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la
questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi
alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
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Le leggi regionali.
Da quanto abbiamo visto finora è ormai chiaro che la legge regionale nelle
materie di competenza esclusiva della Regione ha pari dignità della legge dello
Stato, e quindi non può sorgere mai un problema gerarchico fra legge statale e
legge regionale.
Di conseguenza anche le leggi regionali sono sottoposte al sindacato di
legittimità della Corte Costituzionale, e alle leggi regionali sono equiparate
le leggi provinciali emanate dalle province di Trento e Bolzano, e ciò in virtù
della particolare autonomia riconosciuta a quelle province.
Vediamo ora quale è il procedimento che porta alla promulgazione di una legge
regionale.
Dobbiamo notare però che mentre per la legge dello Stato la Costituzione si
preoccupa di individuare i procedimenti attraverso cui la legge stessa è
approvata, ciò non accade in riferimento alla legge regionale, perché la
Costituzione si preoccupa solo di individuare alcuni aspetti della disciplina
relativa alla formazione della legge regionale, mentre tutto il resto è
demandato allo statuto della Regione, ed anche ai regolamenti interni del
consiglio regionale.
In generale possiamo sintetizzare il procedimento relativo alla legge regionale
attraverso le tre fasi che già conosciamo in relazione alla legge statale.
In merito alla iniziativa questa di regola spetta alla giunta e ai consiglieri
regionali (e ciò si può anche ricavare dall'articolo 121), ma può spettare anche
ad altri soggetti individuati dagli statuti.
Ricordiamo infatti che secondo
l'articolo 123 lo statuto " regola l'esercizio del diritto di iniziativa e
del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione", ed
in genere il potere di iniziativa spetta anche, secondo i vari statuti, al corpo
elettorale o agli enti locali.
Dopo che vi sia stata la fase di iniziativa, ci sarà l'eventuale approvazione
della proposta di legge regionale da parte del consiglio regionale, che secondo
l'articolo 121 secondo comma, esercita la potestà legislativa.
Anche in questo caso sono state previste delle commissioni.
Di regola la legge regionale è approvata con maggioranza semplice, ma lo statuto
regionale potrebbe prevedere per l'approvazione delle leggi regionali anche una
maggioranza superiore a quella semplice. Ricordiamo poi gli statuti regionali
possono anche indicare le modalità attraverso cui il consiglio delle autonomie
può partecipare al procedimento legislativo, e ciò per espressa previsione
dell'ultimo comma dell'articolo 123, secondo cui:
"In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie
locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali". |
Dopo che vi è stata l'approvazione della legge regionale da parte del consiglio,
segue la promulgazione la stessa legge da parte del Presidente della Regione,
potere che gli è espressamente attribuito dal terzo comma dell'articolo 121,
insieme al potere di emanare regolamenti regionali.
"I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla
Costituzione", costituzionalizzando il principio secondo cui gli enti
locali sono autonomi, e hanno diritto a darsi dei propri statuti;
l'articolo 118, d'altro canto, riconosce, in via di principio, le funzioni
amministrative in capo all'ente territoriale più vicino ai cittadini, cioè il
comune, salvo che l'applicazione dei criteri di sussidiarietà, differenziazione
e adeguatezza possono portare ad uno spostamento di tali funzioni in capo
all'ente di dimensioni maggiori, argomento del quale ci siamo già occupati in
precedenza.
La Costituzione quindi prevede in generale l'esistenza di tali funzioni in capo
a tali enti, ma la regolamentazione precisa delle attività, dei poteri, e delle
funzioni di questi si trova principalmente in un atto normativo dello Stato, e
precisamente nel decreto legislativo numero 267 del 2000, il testo unico degli
enti locali (TUEL);
tale decreto legislativo è composto da 275 articoli, divisi in quattro parti,
una parte relativa all'ordinamento istituzionale, la seconda relativa
all'ordinamento finanziario e contabile, la terza che si riferisce alle
associazioni tra enti locali, ed infine l'ultima parte che si occupa delle
disposizioni transitorie e di attuazione.
Il Tuel è stato più volte modificato, da ultimo nel 2019 e un'importante novità riguarda il sostanziale ridimensionamento della Provincia effettuato con la legge 56\2014. La Provincia rimane, ma come ente di secondo grado, i cui organi non sono più eletti a suffragio universale, ma da organi dei Comuni che ne fanno parte. In effetti per abolire la provincia sarebbe necessaria una riforma della Costituzione. D'altro canto dove sono costitute le Città metropolitane non c'è spazio per la Provincia.
Si rimanda per un approfondimento degli aspetti relativi agli enti locali alla lettura del Tuel, facilmente reperibile in rete.
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