Gli strumenti di regolazione della crisi
Gli strumenti di regolazione della crisi
Piano attestato di risanamento. Parliamo subito
degli accordi in esecuzione di piani attestati risanamento ex
art. Questo accordo però è basato su un piano, un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. Il piano deve avere il contenuto dell’art. 56, e oltre ad avere la data certa, deve riportare, tra gli altri contenuti, la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell'impresa, le principali cause della crisi e le strategie d'intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. Quindi il piano deve avere necessariamente il contenuto indicato dall’art. 56 e un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano. Se i creditori aderiscono potrebbero essere necessari contratti e atti unilaterali in esecuzione del piano; questi atti dovranno essere provati per iscritto, e devono avere data certa.
Accordi di ristrutturazione, convenzione di
moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi.
Accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57 e ss)
Il primo degli accordi che l’imprenditore può stipulare con i suoi creditori è quello di ristrutturazione dei debiti. In sostanza il debitore riesce a mettersi d’accordo con i sui creditori per rivedere i rapporti di debito credito. Non basterà però stipulare l’accordo, sarà anche necessario omologarlo ex art. 48. Il contenuto formale di questi accordi è minuziosamente disciplinato dall’art. 57. L’accordo deve essere stipulato tra imprenditore anche non commerciale e diverso dall'imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza e i suoi creditori che devono rappresentare almeno il 60% dei crediti. Tuttavia anche questi accordi si basano su un piano che deve avere la stessa struttura di quello dell’art. 56 e di cui ci siamo occupati nel paragrafo precedente e al piano devono essere allegati di documenti previsti dall’art. 39 di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 39. Oltre al piano, gli accordi sempre per l’art. 57 devono avere altri contenuti tra cui ricordiamo l'indicazione degli elementi del piano economico-finanziario che ne consentono l'esecuzione e devono essere idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei nei termini indicati dall’art. 57. Anche per gli accordi di ristrutturazione dei debiti un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano e l'idoneità dell'accordo e del piano ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei all’accordo. L’accordo, una volta stipulato con i creditori, è definivo, ma non è escluso che il debitore e i creditori possano modificare rinegoziare gli accordi già stipulati ex art. 58. È ammessa opposizione davanti al tribunale, nelle forme di cui all'articolo 48 comma 4 cioè nelle stesse forme previste per l’opposizione agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 61)
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono dei contratti che il debitore stipula con i suoi debitori e che non possono, o non potrebbero, essere efficaci anche nei confronti dei creditori che non hanno aderito all’accordo. Si ricorda che anche questi accorsi devono essere omologati. Per l’art. 1373 c.c. il contratto è efficace solo tra le parti e non ha effetto per i terzi, salvo il caso del contratto a favore del terzo ex art. 1411 c.c. dove però il terzo non è obbligato a subire l’effetto del contratto stipulato da altri, ma può dichiarare di volerne profittare rendendo così irrevocabile la stipulazione fatta a suo favore e sempre che gli effetti gli siano favorevoli. Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti vale la stessa regola, ma è anche vero che c’è un interesse che a determinate condizioni può giustificare l’estensione dell’efficacia di un accordo di ristrutturazione dei debiti anche ai creditori che non hanno partecipato all’accordo, e ciò in deroga alle regole generali previste dagli articoli 1373 e 1411 c.c. L’art. 61 prevede proprio questi particolari accordi, e li denomina come accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (ai creditori che non hanno aderito all’accordo) in deroga all’art. 1373 e 1411 c.c. L’art. 61 detta le condizioni per l’estensione dell’efficacia dell’accordo anche a questi creditori. In primo luogo l’efficacia non può essere estesa in maniera indiscriminata a tutti i creditori dell’imprenditore, ma solo a quelli che appartengono alla stessa categoria individuata tenuto conto della omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici ( art. 61 comma 1). Sarà quindi necessario individuare una tale categoria, e, anche se l’art. 61 non lo dice espressamente, tale categoria dovrà essere omogenea anche rispetto ai creditori che hanno già aderito all’accordo. Non basta, però, che vi sia tale categoria di creditori non aderenti, è anche necessario rispettare una serie di regole procedurali e sostanziali per estendere anche a loro l’efficacia dell’accordo tra cui ricordiamo l’obbligo d’informazione e possibilità di partecipazione: tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti e il carattere non liquidatorio dell’accordo. Ricordiamo poi che i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo possono proporre opposizione ai sensi dell'articolo 48, comma 4, cioè nelle stesse forme previste per l’opposizione agli accordi di ristrutturazione dei debiti. Per i creditori , il termine per proporre opposizione decorre dalla data della comunicazione. Rispettando le condizioni e salva la possibilità di opposizione, si può estendere l’accordo anche ai creditori non aderenti, ma ci sono dei limiti a questa estensione. In nessun caso, infatti, per effetto dell'accordo di ristrutturazione, a questi creditori possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti.
La convenzione di moratoria (art. 62)
Un altro strumento messo a disposizione del debitore che sia un imprenditore, anche non commerciale è la convezione di moratoria di cui all’art. 62 del codice. Si tratta di un contratto stipulato tra il debitore e suoi creditori in
pendenza della crisi e diretto a disciplinare in via provvisoria gli
effetti della crisi. Il contratto può avere ad oggetto singolarmente o cumulativamente: a) la dilazione della scadenza dei crediti; b) la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative; c) ogni altra misura provvisoria volta a disciplinare gli effetti della crisi che però non comporti la rinuncia al credito. La particolarità di questo contratto è che può vincolare anche gli altri creditori che non vi hanno aderito in deroga ai principi generali sull’efficacia dei contratti nei confronti dei terzi (art. 1372 e 1411 c.c.) ma solo alle condizioni previste dallo stesso art. 62 anche se in nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti alla convenzione possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Per l’estensione della convenzione di moratoria ai creditori non aderenti sarà necessario rispettare le condizioni previste dal comma 2 dell’art. 62 tra cui ricordiamo che tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti e che un professionista indipendente, abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l'idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi. I creditori non aderenti potranno comunque proporre opposizione ex art. 62 comma 5.
La transazione su crediti tributari e contributivi (art. 62) e gli
effetti degli accordi di ristrutturazione sulla disciplina societaria e
sui contratti in caso di concessione di misure protettive (art. 63)
Come abbiamo visto il codice concede molte possibilità al debitore per cercare di risolvere i suoi problemi con i creditori. Tuttavia spesso i problemi del debitore sono anche di natura fiscale e contributiva e l’art. 62 modificato da ultimo dal d.lgs. 83\2022 regola queste ipotesi. In sostanza il debitore nell'ambito delle trattative che precedono la stipulazione degli accordi di ristrutturazione di cui agli articoli 57, 60 e 61 può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, e dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori. In questi casi l'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti fiscali e previdenziali, deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale. Presentata la domanda dovrà poi intervenire l’adesione dell’amministrazione interessata cui potrà seguire l’omologazione. Quindi anche in questi casi vi sarà l’accordo sotto forma di proposta- adesione e sembra ovvio che mancando l’adesione da parte dell’amministrazione non vi sarà omologazione ma il nuovo comma 2 bis dell’art. 63 permette comunque l’omologazione quando la proposta di soddisfacimento della amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. In ogni caso la transazione conclusa nell'ambito degli accordi di ristrutturazione è risolta di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie Passiamo ora alla disciplina prevista dall’art. 64 relativa agli effetti
degli accordi sulla disciplina societaria e sui contratti in caso di
concessione di misure protettive. Dalla data del deposito della domanda per l'omologazione degli accordi di ristrutturazione disciplinati dagli articoli 57, 60 e 61 oppure della richiesta di misure cautelari e protettive ai sensi di cui all’art. 54 relative ad una proposta di accordo di ristrutturazione e sino all'omologazione, non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, numero 4, e 2545-duodecies del codice civile. In ogni caso per il periodo anteriore al deposito delle domande e della richiesta di misure cautelari e protettive l'applicazione dell'articolo 2486 del codice civile. In altre parole durante questo periodo gli amministratori dovranno solo gestire la società ai solo fini della conservazione dell’integrità del valore del patrimonio sociale. Il “vecchio” articolo 64 prevedeva solo le ipotesi appena menzionate, ma poi il d.lgs. 83\2022 ha introdotto un’altra ipotesi specificamente dedicata ai contratti. Il nuovo comma 3 dell’art. 54, infatti, stabilisce che in caso di domanda relativa alle misure protettive depositata dall’imprenditore (art. 54, comma 3), o di domanda di concessione delle misure protettive in funzione della omologazione degli accordi di ristrutturazioni, i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del deposito delle medesime domande e sono inefficaci eventuali patti contrari. Come si vede si tratta di una disposizione che serve a proteggere l’imprenditore da eventuali comportamenti dannosi da parte dei suoi creditori e questo potrebbe bastare a proteggerlo ma il nuovo e successivo quarto comma dell’art. 63 si spinge ancora più avanti perché dispone che i creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore. Tuttavia questa regola forse troppo severa per i creditori trova un temperamento nel fatto che non riguarda tutti i contratti, ma solo quelli essenziali e in corso di esecuzione. Si specifica che sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell’impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell’attività del debitore.
Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Il piano, secondo il primo comma dell’art. 64 bis può prevedere il soddisfacimento dei creditori, previa suddivisione degli stessi in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei. Ciò chiarito dobbiamo precisare tre punti: 1) il piano dovrà essere omologato; 2) il piano potrà essere presentato solo da un imprenditore commerciale e che non sia titolare di un’impresa minore ex art. 2 comma 1 lettera d); 3) che l’imprenditore commerciale si trovi in stato di crisi o di insolvenza. Per la richiesta sarà necessario presentare la domanda al tribunale con ricorso ex art. 40 eventualmente riservandosi di depositare successivamente i documenti ex art. 39. Ma non basta alla domanda è anche necessario allegare il parere di un professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
La decisione del tribunale e la
gestione dell’impresa. Il tribunale ricevuto il ricorso deve decidere in ordine alla richiesta dell’imprenditore e provvederà con decreto con il quale: 1) valutata la mera ritualità della proposta e verificata la correttezza dei criteri di formazione delle classi, nomina un giudice delegato al procedimento e nomina oppure conferma il commissario giudiziale; 2) adotta i provvedimenti di cui all’articolo 47, comma 2, lettere c) e d) e cioè: c) stabilisce, in relazione al numero dei creditori, alla entità del passivo e alla necessità di assicurare la tempestività e l’efficacia della procedura, la data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi, e fissa il termine per la comunicazione del provvedimento ai creditori; d) fissa il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale il debitore deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma, ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera d), pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal tribunale. Venendo alla gestione dell’impresa per l’art. 64 bis commi 5 e 6 dalla data della presentazione della domanda e fino all’omologazione, l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, sotto il controllo del commissario giudiziale e nel prevalente interesse dei creditori.
La fase della votazione. Per le modalità della votazione da parte dei creditori si applicano in gran parte le regole previste per il voto nel concordato preventivo ( artt. 107, 108, 109, commi 2, 4, 6 e 7, 110 e 111). Nel caso in cui vi sia stata la divisione dei creditori in classi, per ogni classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe. Regole particolari sono previste pre i creditori muniti di diritto di prelazione perché non votano ma a due condizioni: a) se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall’omologazione; b) se la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione e nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile, il termine è di trenta giorni. Ma può darsi che le due condizioni appena viste non ricorrano. In tal caso i creditori muniti di diritto di prelazione votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta. Il comma 9 dell’art. 64 bis dichiara poi applicabili, quanto compatibili, a questa procedura numerose regole previste dal codice (artt. 48, commi 1, 2 e 3, 84, comma 8, 87, commi 1 e 2, 89, 90, 91, 92, 93, 94-bis, 95, 96, 97, 98, 99, 101 e 102, nonché le disposizioni di cui alle sezioni IV e VI, del capo III del titolo IV del codice, ad eccezione delle disposizioni di cui artt. 112 e 114. Ai giudizi di reclamo e di cassazione si applicano gli articoli 51, 52 e 53).
Omologazione del piano da parte
del tribunale. Il tribunale omologa con sentenza il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. Se poi con l’opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.
Richiesta di concordato
preventivo. Questo piano di ristrutturazione ha molti punti in comune con il concordato preventivo, tanto che l’art. 64 quater al comma 2 dà all’imprenditore un generale potere di modificare la domanda relativa al piano in domanda di concordato preventivo. Potrebbe darsi, però, che l’imprenditore sperasse nell’esito favorevole delle votazioni e non aveva l’intenzione di chiedere il concordato preventivo, ma le cose non sono andate bene, perché non tutte le classi hanno approvato il piano. In questa ipotesi prevista dall’art. 64 quater primo comma l’imprenditore può modificare la domanda formulando una proposta di concordato e chiedendo che il tribunale pronunci il decreto previsto dall’articolo 47. L’imprenditore può poi procedere allo stesso modo anche se un creditore ha contestato il difetto di convenienza nelle osservazioni formulate ex art.107, comma 4. La memoria contenente la modifica della domanda è pubblicata nel registro delle imprese e dal giorno della pubblicazione si applicano le disposizioni degli articoli 46, commi 1, 2 e 3, e 47, comma 2, lett. c), nonché il capo III del titolo IV del codice e i termini per l’approvazione della proposta sono ridotti alla metà. Infine il comma 5 dell’art. 64 quater quasi in sordina prevede una regola da applicarsi al concordato preventivo, perché da la possibilità al debitore che ha presentato la domanda di concordato preventivo di modificarla chiedendo l’omologazione del piano di ristrutturazione sino a che non sono iniziate le operazioni di voto. |
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