Giurisprudenza
Trattamento dei dati personali e esercizio di attività pericolose. Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 gennaio 2019, n. 207
In tema di onere della prova, in caso
di illecito trattamento dei dati personali per illegittima
segnalazione alla Centrale dei rischi, il pregiudizio non
patrimoniale non può mai essere "in re re ipsa", ma deve essere
allegato e provato da parte dell'attore, a pena di uno
snaturamento delle funzioni della responsabilità aquiliana. La
posizione attorea è tuttavia agevolata dall'onere della prova
più favorevole, come descritto all'art. 2050 c.c.,
rispetto alla regola generale del danno aquiliano, nonché dalla
possibilità di dimostrare il danno anche solo tramite
presunzioni semplici e dal risarcimento secondo equità.
FONTI CED Cassazione, 2019
C’è responsabilità dei produttori di
sigarette per i danni alla salute ex 2050? No. Responsabile è il
fumatore che è al corrente dei danni alla salute provocati dal fumo.
Cass. civ. Sez. III, 10-05-2018, n.
11272
Va esclusa la sussistenza del nesso
causale tra la condotta dei produttori e distributori di sigarette ed il
danno derivato al soggetto in conseguenza del fumo, per avere essi
incluso nel tabacco sostanze tali da generale uno stato di bisogno
imperioso con dipendenza psichica e fisica.
Rileva, in tal senso, da un lato la
circostanza che la dannosità del fumo costituisce da tempo dato di
comune esperienza, di talché non può enfatizzarsi, per sostenere la
pretesa risarcitoria, il ruolo dell'avvertenza introdotta
dall' art. 46 della legge n. 428 del 1990, e, dall'altro, il fatto che
anche a voler configurare una responsabilità ex artt. 2043 e 2050
c.c. in capo al produttore, si perverrebbe ugualmente ad escludere il
nesso di causalità in applicazione del principio della causa prossima di
rilievo, costituito nella fattispecie da un atto di volizione libero,
consapevole ed autonomo di soggetto dotato di capacità di agire, quale
scelta di fumare nonostante la notoria nocività del fumo, a maggior
ragione in una fattispecie caratterizzata da abuso (come nella specie).
FONTI Massima redazionale, De
Agostini 2018
In questa massima si ribadisce un
concetto che è valido in tutti i casi di responsabilità, cioè il caso
fortuito, ma si prende in considerazione l’ipotesi in cui il caso
fortuito sia stato provocato dall’intervento del danneggiato.
Cass. civ. Sez. III Ordinanza,
21-11-2017, n. 27544 (rv. 646469-01)
In materia di responsabilità civile,
il limite della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose
ex art. 2050 c.c. risiede nell'intervento di un fattore esterno, il caso
fortuito, il quale attiene non già ad un comportamento del responsabile
ma alle modalità di causazione del danno, che può consistere anche nel
fatto dello stesso danneggiato recante i caratteri dell'imprevedibilità
e dell'eccezionalità. Peraltro, quando il comportamento colposo del
danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra
la condotta del danneggiante ed il danno, esso può, tuttavia, integrare
un concorso colposo ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. - espressione
del principio che esclude la possibilità di considerare danno
risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso - con conseguente
diminuzione del risarcimento dovuto dal danneggiante in relazione
all'incidenza della colpa del danneggiato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO
ROMA, 31/05/2013)
FONTI
Rafting e viaggi turistici in caravan.
Cass. civ. Sez. III Ordinanza,
26-10-2017, n. 25421 (rv. 646455-01)
Costituisce esercizio di attività
pericolosa, come tale soggetta alla disciplina dell'art. 2050 c.c. ,
l'organizzazione di un tour di autocaravan, in quanto comportante la
circolazione su strade pubbliche di più veicoli, di maggiore ingombro
rispetto alle ordinarie autovetture, in coordinamento tra loro.
(Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 22/11/2013)
FONTI
Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza,
28-07-2017, n. 18903
L'organizzatore di una attività
sportiva (nella specie, "rafting") che abbia caratteristiche intrinseche
di pericolosità o che presenti passaggi di particolare difficoltà, nei
quali il rischio di procurarsi danni alla persona per i partecipanti sia
più elevato della media, deve, nell'ambito della diligenza richiesta per
l'esecuzione della propria obbligazione contrattuale, illustrare la
difficoltà dell'attività o del relativo passaggio e predisporre cautele
adeguate affinché gli stessi, se affrontati, possano essere svolti da
tutti i partecipanti in condizioni di sicurezza. (Rigetta, CORTE
D'APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO, 10/06/2016)
FONTI
Il vero responsabile per l’esercizio dell’attività pericolosa.
Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza,
05-07-2017, n. 16638 (rv. 644946-01)
La particolare responsabilità
prevista dall'art. 2050 c.c. incombe esclusivamente su chi esercita
l'attività pericolosa e non anche su colui che tale attività ha affidato
ad altri in base ad un rapporto che non determina un vincolo di
subordinazione fra committente ed esecutore. (Cassa con rinvio, CORTE
D'APPELLO CAMPOBASSO, 02/04/2015)
FONTI
Cass. civ. Sez. III, 20-05-2016, n.
10422
Per i danni da investimento
ferroviario verificatosi in corrispondenza di passaggio a livello
custodito in affidamento a lavoratore autonomo (c.d. assuntoria), non
adeguatamente informato, risponde il gestore ferroviario quale esercente
di attività pericolosa.
FONTI
Che caratteristiche deve avere l’attività pericolosa? Deve essere
pericolosa in sé oppure per i mezzi adoperati? Per la cassazione sono
valide entrambe le ipotesi.
Cass. civ. Sez. III, 07-11-2013, n.
25058
Ai fini dell'applicabilità dell'art.
2050 cod. civ., relativo alle responsabilità per l'esercizio di attività
pericolose e, quindi, ai fini della sussistenza della presunzione di
colpa, posta dall'art. 2050 cod. civ. e della conseguente inversione
dell'onere della prova, occorre che il danno sia cagionato
dall'esercizio di un'attività che sia pericolosa in sé, ossia per la sua
intrinseca natura, o per la natura dei mezzi adoperati, dovendosi
ritenere che tali condizioni ricorrano nell'esercizio dell'attività
venatoria, la quale importa l'uso di armi da fuoco, ossia di mezzi
destinati naturalmente all'offesa e, come tali, pericolosi per
l'incolumità pubblica. La presunzione di colpa opera anche se
all'attività pericolosa partecipi chi patisce danno dall'esercizio
dell'attività, salva la graduazione dell'efficienza causale delle azioni
rispettivamente compiute dai vari partecipi. (Dichiara inammissibile,
App. Caltanissetta, 19/01/2007) FONTI CED Cassazione, 2013
Per non essere responsabili per
l’esercizio di attività pericolose è necessario dimostrare di aver preso
tutte le misure idonee per evitare il danno. Ma se tali misure non sono
state prese vi è automatica responsabilità? No, vi può essere
comunque il caso fortuito che può interrompere il nesso di causalità che
consistere nel fatto del terzo o anche dello stesso danneggiato e quindi
far venir meno la responsabilità.
Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza,
30-10-2013, n. 24549.
Con riguardo all'esercizio di attività
pericolosa, anche nell'ipotesi in cui l'esercente non abbia adottato
tutte le misure idonee ad evitare il danno, in tal modo realizzando una
situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la
causa efficiente sopravvenuta, che abbia i requisiti del caso fortuito e
sia idonea - secondo l'apprezzamento del giudice di merito,
incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione
- a causare da sola l'evento, recide il nesso eziologico tra
quest'ultimo e l'attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e
ciò anche quando sia attribuibile al fatto di un terzo o del danneggiato
stesso.
(In applicazione di tale principio, la
S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito aveva
respinto la domanda risarcitoria avanzata da parte attrice in relazione
al danno consistito nella perdita della mano sinistra, amputatagli per
effetto dello scoppio di un petardo rimasto inesploso, domanda proposta
nei confronti dei titolari di una società che aveva allestito in un
campo sportivo uno spettacolo di fuochi pirotecnici, contravvenendo - a
conclusione dello stesso - a un preciso obbligo di bonificare il
terreno, rilevando che l'attore, anziché avvertire la pubblica autorità
del rinvenimento del materiale pirico inesploso, lo aveva portato in
quantità nella sua abitazione, prendendo successivamente a maneggiarlo
per giocare "all'artificiere"). (Rigetta, App. Salerno, 17/05/2011)
FONTI CED Cassazione, 2013.
Cass. civ. Sez. III, 22-12-2011, n.
28299
Ai fini della responsabilità per
l'esercizio di attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 cod. civ.,
il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno ed
estraneo, costituito dalla condotta del danneggiato, a recidere il nesso
eziologico tra l'evento e l'attività pericolosa, deve essere adeguato
alla natura e alla pericolosità della cosa, sicché, quanto meno essa è
intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile
pericolo é suscettibile di essere prevista e superata attraverso
l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato,
tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza del comportamento
imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino ad
interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere,
pertanto, la responsabilità dell'esercente l'attività.
(Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito, la quale aveva rigettato la domanda
risarcitoria proposta dall'attrice in relazione al danno subito per la
caduta in una voragine aperta nel manto viario in un cantiere stradale,
risultando che detta parte si era consapevolmente introdotta nel
cantiere, delimitato da una recinzione e segnalato come pericoloso da
cartelli che avvertivano della presenza di scavi aperti, così
interrompendo il nesso di causalità). (Rigetta, App. Torino, 28/05/2009)
FONTI CED Cassazione, 2011
L’attività di
polizia è attività pericolosa? Non direttamente, ma potrebbe diveltarlo.
Cass. civ. Sez. III, 10-10-2014, n. 21426 (rv. 633092)
L'attività di polizia, svolta per la
tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, sebbene non sia,
per sua natura, attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 cod. civ.,
configurandosi quale compito indefettibile imposto allo Stato in difesa
di beni e interessi della collettività, può, in concreto, ricondursi
alla fattispecie prevista da detta norma "per la natura dei mezzi
adoperati", quali armi o altri mezzi di coazione di pari pericolosità,
sempreché - sulla base di un giudizio di merito, non implicante alcun
sindacato sulle scelte discrezionali della P.A. - emerga un uso imperito
o imprudente degli stessi, ovvero il loro carattere di anormalità od
eccedenza e, dunque, di sproporzionalità evidente rispetto alla
situazione contingente, sì da rendere inoperativa la scriminante di cui
all'art. 53 cod. pen. (Cassa con rinvio, App. Bari, 05/10/2010) FONTI
CED Cassazione, 2014
Per esserci responsabilità per attività pericolosa è per sempre
necessario che vi sia ( e sia dimostrato) il nesso di causalità tra
l’attività e il danno.
Cass. civ. Sez. I, 28-05-2012, n. 8451
Il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15,
comma 1, espressamente stabilisce che "Chiunque cagiona danno ad altri
per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento
ai sensi dell'art. 2050 cod. civ.".
In applicazione dei criteri
stabiliti dall'art. 2050 cod. civ., in tema di responsabilità per
esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del
danneggiante posta dall'art. 2050 cod. civ., presuppone il previo
accertamento dell'esistenza del nesso eziologico - la cui prova incombe
al danneggiato - tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non
potendo il soggetto agente essere investito da una presunzione di
responsabilità rispetto ad un evento che non è ad esso in alcun modo
riconducibile. Sotto il diverso profilo della colpa, incombe invece
sull'esercente l'attività pericolosa l'onere di provare di avere
adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno.
FONTI
Cass. civ. Sez. III, 22-09-2014, n. 19872 (rv. 632680) In
tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la
presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall'art. 2050
cod. civ., presuppone la sussistenza del nesso eziologico tra
l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, la cui prova è a carico
del danneggiato, sicché va esclusa ove sia ignota o incerta la causa
dell'evento dannoso. (Nella specie, la corte territoriale aveva escluso
la riconducibilità dell'inquinamento del fondo ad una attività
industriale poiché lo sversamento delle acque reflue di lavorazione era
solo eventuale). (Rigetta, App. Brescia, 15/11/2010) FONTI CED
Cassazione, 2014
Questa sentenza
può essere sorprendente, perché fa riferimento al trattamento dei dati
personali, che possono essere considerati attività pericolosa.
Cass. civ. Sez. VI - 3, 05-09-2014, n.
18812 (rv. 632940)
I danni cagionati per effetto del
trattamento dei dati personali in base all'art. 15 del d.lgs. 30 giugno
2003, n.196, sono assoggettati alla disciplina di cui all'art. 2050 cod.
civ., con la conseguenza che il danneggiato è tenuto solo a provare il
danno e il nesso di causalità con l'attività di trattamento dei dati,
mentre spetta al convenuto la prova di aver adottato tutte le misure
idonee ad evitare il danno.
(Nella specie, la S.C. ha confermato
la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza della prova
liberatoria in un caso in cui l'illegittimo trattamento dei dati -
consistito nella propalazione delle circostanze fattuali in cui era
maturata l'infrazione amministrativa presupposto dell'ingiunzione, e
cioè la violazione di ordinanza sindacale volta a contrastare il
fenomeno della prostituzione su strada - era avvenuto da parte di un
Comune mediante la notifica del provvedimento a mezzo dei messi
comunali, senza avvalersi della possibilità di notifica nel domicilio
eletto dall'interessato nel procedimento amministrativo, ovvero presso
lo studio del suo difensore). FONTI CED Cassazione, 2014
Il calcio non è un’attività pericolosa..almeno per i giocatori.
Cass. civ. Sez. III, 27-11-2012, n. 20982
L'attività sportiva riferita al gioco
del calcio non può ricondursi ad un'attività pericolosa rilevante nei
termini di cui all'art. 2050 c.c., poiché trattasi di una disciplina che
privilegia l'aspetto ludico, pur consentendo, con la pratica,
l'esercizio atletico.
Quanto innanzi trova conferma
nell'ulteriore circostanza che tale sport viene normalmente praticato
all'interno delle scuole di tutti i livelli come attività di agonismo
non programmatico finalizzato a dare esecuzione ad un determinato
esercizio fisico.
In tal senso, pertanto, l'infortunio
occorso al giocatore nel corso di una partita di calcio, in assenza di
qualsivoglia elemento idoneo a dimostrare la violazione di obblighi e
cautele da parte della società sportiva, ovvero il verificarsi di
un'azione anomala e/o in contrasto con le regole del gioco, deve
ricondursi ad un normale incidente di gioco determinato da caso
fortuito, in relazione al quale nessuna responsabilità può attribuirsi
alla predetta società sportiva, ovvero al danneggiante. FONTI Massima
redazione De Agostini Giuridica, 2012
Cass. civ. Sez. III, 08-04-2016, n.
6844
L'attività sportiva riferita al gioco
del calcio non integra gli estremi di un'attività pericolosa.
FONTI
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