Giurisprudenza
Il cane ti ha morso, chi è il responsabile quando è randagio?
Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 settembre 2019, n. 22522
La responsabilità civile per i danni
causati dai cani randagi deve ricadere sull'ente o sugli enti cui è
attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi
regionali attuative della legge
quadro nazionale n. 281 del 1991) il dovere di prevenire il pericolo
specifico per l'incolumità della popolazione, ossia il compito della
cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi, mentre non può
ritenersi sufficiente, a tal fine, l'attribuzione di generici
compiti di prevenzione del randagismo, quale è il controllo delle
nascite della popolazione canina e felina, avendo quest'ultimo ad
oggetto il mero controllo numerico degli animali, a fini di igiene e
profilassi, e, al più, una solo generica ed indiretta prevenzione
dei vari inconvenienti legati al randagismo.
Fonte Ced Cassazione 2019
Due sentenze molto nette sul tipo di
responsabilità e la prova liberatoria.
Cass. civ. Sez. III Ordinanza,
30-11-2017, n. 28652
Ai sensi dell'art. 2052 c.c. , la
responsabilità dei proprietari dell'animale è presunta, fondata non
sulla colpa ma sul rapporto di fatto con l'animale, di guisa che il
proprietario risponde in ogni caso e in toto per i danni cagionati al
terzo, a meno che non dia la prova del fortuito. Se la prova non è
fornita, il giudice deve condannare il proprietario dell'animale ai
danni per l'intero.
FONTI
Quotidiano Giuridico, 2017
Cass. civ. Sez. III, 28-07-2014, n. 17091
Del danno cagionato da animale
risponde ex art. 2052 cod. civ. il proprietario o chi ne ha l'uso, per
responsabilità oggettiva e non per condotta colposa (anche solo
omissiva), sulla base del mero rapporto intercorrente con l'animale
nonché del nesso causale tra il comportamento di quest'ultimo e l'evento
dannoso, che il caso fortuito, quale fattore esterno generatore del
danno concretamente verificatosi, può interrompere, sicché, mentre grava
sull'attore l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra
l'animale e l'evento lesivo, la prova del fortuito è a carico del
convenuto. (Rigetta, App. Catania, 06/08/2008)
FONTI CED Cassazione, 2014
Non è nemmeno
possibile liberarsi da responsabilità sostenendo che nel momento in cui
si è verificato il danno l’utilizzatore non era presente.. e sembra
anche logico che sia così.
Cass. civ. Sez. III, 04-02-2014, n.
2414
La responsabilità di chi si serve
dell'animale per il tempo in cui lo ha in uso, ai sensi dell'art. 2052
cod. civ., prescinde sia dalla continuità dell'uso, sia dalla presenza
dell'utilizzatore al momento in cui l'animale arreca il danno. (Rigetta,
App. Venezia, 11/03/2009)
FONTI CED Cassazione, 2014
Ancora sul tipo di
responsabilità e prova liberatoria, la giurisprudenza può definirsi
costante.
Cass. civ. Sez. III, 22-03-2013, n. 7260
Posto che la responsabilità
delineata dall'art. 2052 c.c. ha natura oggettiva, ovvero non è fondata
sulla colpa ma sul rapporto di fatto con l'animale, il danneggiato, al
fine di far valere detta responsabilità, deve provare la sussistenza del
nesso tra il fatto dell'animale ed il danno subito, mentre il
proprietario/utilizzatore, per liberarsi dalla responsabilità, deve
provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva,
idoneo ad interrompere il nesso causale (nel caso di specie, un
apicoltore è stato ritenuto responsabile dei danni arrecati ad un fondo
limitrofo da uno sciame di 40.000 api). FONTI Danno e Resp., 2013, 10
Cass. civ. Sez. III, 22-03-2013, n.
7260
Poiché la responsabilità ex art. 2052
cod. civ. per danno cagionato da animali si fonda non su un
comportamento o un'attività del proprietario, ma su una relazione (di
proprietà o di uso) intercorrente tra questi e l'animale, e poiché il
limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore (il
caso fortuito) che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma
alle modalità di causazione del danno, la rilevanza del fortuito deve
essere apprezzata sotto il profilo causale, in quanto suscettibile di
una valutazione che consenta di ricondurre ad un elemento esterno,
anziché all'animale che ne è fonte immediata, il danno concretamente
verificatosi.
Ne consegue che spetta all'attore
provare l'esistenza del rapporto eziologico tra l'animale e l'evento
lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà
provare non già di essere esente da colpa, bensì l'esistenza di un
fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel
nesso causale. (Rigetta, App. Napoli, 10/01/2007) FONTI CED Cassazione,
2013
Gli animali
sottratti all’applicazione dell’art. 2052 sono quelli selvatici, da
questa sentenza indirettamente si ricava tale principio. Ciò non vuol
dire che non vi sia una responsabilità ex art. 2043.
Cass. civ. Sez. III, 22-03-2013, n. 7260 (rv. 625602)
Non rientrano nel novero degli animali
selvatici - sottratti all'applicazione dell'art. 2052 cod. civ. - le api
utilizzate da un apicoltore, il quale pertanto risponde ai sensi di tale
disposizione e non dell'art. 2043 cod. civ. dei danni dalle stesse
cagionati. (Rigetta, App. Napoli, 10/01/2007)
FONTI CED Cassazione, 2013
Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord.,
29-05-2018, n. 13488
In tema di fauna selvatica, la
responsabilità aquiliana per i danni a terzi deve essere imputata
all'ente (sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o
Associazione, ecc.) a cui siano stati concretamente affidati, nel
singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione
della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a
consentire loro di svolgere l'attività in modo da poter amministrare i
rischi di danni a terzi che da tali attività derivino.
FONTI
Quotidiano Giuridico, 2018
Questa massima è
molto interessante, perché esclude dal novero di coloro che possono
ottenere il risarcimento del danno coloro che detengono l’animale, ma
per soddisfare un proprio interesse.
Cass. civ. Sez. III, 11-12-2012, n. 22632
Il proprietario di un animale, ai
sensi dell'art. 2052 cod. civ., non risponde dei danni da questo causati
a chi lo deteneva temporaneamente in vista del perseguimento di un
interesse proprio, onde il trasportatore di animali non può pretendere
dal proprietario di essi il risarcimento del danno causatogli dalle
bestie durante le operazioni di carico o scarico, dal medesimo espletate
in piena autonomia. (Rigetta, App. Bologna, 16/03/2010) FONTI CED
Cassazione, 2012
Anche il danno non
patrimoniale può essere risarcito se causato da animali, non perché vi
sia necessariamente un reato, ma perché può violare un interesse
costituzionalmente protetto.
Cass. civ. Sez. III, 18-08-2011, n. 17344
Esclusa la limitazione dell'art. 185
c.p. posta dall'art. 2059 c.c., le ipotesi di responsabilità oggettiva
(artt. 2051, 2052, 2053 e art. 2054, comma 4, c.c.), pur non costituendo
ipotesi di responsabilità per colpa presunta bensì di responsabilità
fondata solo sull'elemento oggettivo costituito dalla relazione con la
cosa dannosa, comportano, nel caso di lesione di valori
costituzionalmente protetti, il risarcimento del danno sia patrimoniale,
sia non patrimoniale. FONTI Danno e Resp., 2011, 11, 1116
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