Giurisprudenza

 

La responsabilità del commercialista (e quindi del professionista in genere); per questo soggetto la diligenza richiesta è quella c.d. professionale ex comma 2 dell’art. 1176.

 

Cass. civ. Sez. III, 23-06-2016, n. 13007

In tema di responsabilità professionale, la responsabilità del dottore commercialista presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, comma 2 c.c. e dell'art. 2236 c.c., tenuto conto della natura e della portata dell'incarico conferito.

Qualora si tratti di attività di consulenza richiesta ad un dottore commercialista, il dovere di diligenza impone, tra gli altri, l'obbligo, non solo di dare tutte le informazioni che siano di utilità per il cliente e che rientrino nell'ambito della competenza del professionista, ma anche, tenuto conto della portata dell'incarico conferito, di individuare le questioni che esulino da detto ambito.

Il professionista incaricato dovrà, perciò, informare il cliente dei limiti della propria competenza e fornire gli elementi e i dati comunque a sua conoscenza per consentire al cliente di prendere proprie autonome determinazioni, eventualmente rivolgendosi ad altro professionista indicato come competente.

FONTI Massima redazionale De Agostini Giuridica 2016

 

 

L’esercente una professione sanitaria deve prestare la diligenza ex art. 1176 comma 2, ma deve anche informare il paziente dei rischi dell’intervento? E cosa accade se non lo fa?

 

Cass. civ. Sez. III, 16-02-2016, n. 2998

In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute. (Rigetta, App. Torino, 27/12/2012) FONTI CED Cassazione, 2016

 

Questa massima è interessante, è il caso in cui il paziente non può dare la prova diretta della negligenza del medico, perché l’ospedale non ha tenuto correttamente la cartella clinica. Ciò non può pregiudicarlo nel prova, potendo anche ricorrere a presunzioni.

 

Cass. civ. Sez. III, 31-03-2016, n. 6209

In tema di responsabilità medica, la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui anzi, in ossequio al principio di vicinanza della prova, è dato ricorrere a presunzioni se sia impossibile la prova diretta a causa del comportamento della parte contro la quale doveva dimostrarsi il fatto invocato.

Tali principi operano non solo ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa del medico, ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la sua condotta e le conseguenze dannose subite dal paziente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito, che aveva escluso la responsabilità dei sanitari nonostante non risultassero per sei ore annotazioni sulla cartella clinica di una neonata, nata poi con grave insufficienza mentale causata da asfissia perinatale, così da rendere incomprensibile se poteva essere più appropriata la rilevazione del tracciato cardiotocografico rispetto alla mera auscultazione del battito cardiaco del feto). (Cassa con rinvio, App. Torino, 18/10/2012) FONTI CED Cassazione, 2016

 

Le sentenze della cassazione sulla violazione dell’obbligo di diligenza si concentrano in modo particolare sulla responsabilità medica. In questa massima il sanitario non è riuscito a dimostrare di aver diligentemente eseguito la sua prestazione, e allora, e solo in quel caso, se vuole andare esente da responsabilità, dovrà dimostrare che il peggioramento delle condizioni di salute dell’infermo non dipende dal suo atto.

 

 

Cass. civ. Sez. III, 21-09-2015, n. 18497

Nel giudizio di risarcimento del danno conseguente ad attività medico chirurgica, il sanitario è gravato dall'onere di provare l'insussistenza di un nesso causale tra l'atto medico e l'esito peggiorativo dello stato di salute dell'infermo solo qualora non sia riuscito a dimostrare di avere correttamente eseguito la propria prestazione. (Rigetta, App. Caltanissetta, 28/09/2012) FONTI CED Cassazione, 2015.

 

Occupiamoci della diligenza dell’avvocato e dei sui obblighi di informazione, tra i quali spicca quello di dissuadere il cliente da liti temerarie. Si noti, poi, che la responsabilità dell’avvocato sussiste anche quando aveva avvertito il cliente del rischio di un atto processuale ma questi l’abbia sollecitato comunque l’avvocato a compierlo. Forse quest’ultima affermazione della cassazione è troppo severa nei confronti dell’avvocato e può darsi che in futuro sarà rivista, perché non tiene conto dei risvolti pratici del rapporto avvocato cliente.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-05-2015, n. 10289

La responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c. 

Tale violazione, ove consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa, né ridotta, dalla circostanza che l'adozione di tali mezzi sia stata sollecitata dal cliente stesso, poiché è esclusivo compito del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale. 

L'avvocato, inoltre, all'atto del conferimento del mandato e nel corso dello svolgimento del rapporto, è tenuto non solo al dovere di informazione del cliente, ma anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione dello stesso, nonché a sconsigliare all'assistito la introduzione o la prosecuzione di un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole. (Nella fattispecie concreta è, pertanto, immune da censure la pronuncia del giudice di merito recante l'affermazione della responsabilità del professionista che ha chiamato in causa il terzo, nonostante la prevedibilità della formulazione, da parte di questi, dell'eccezione di prescrizione, tra l'altro fondata, non attribuendo rilievo, in senso contrario, alla dedotta circostanza che la scelta di chiamare in causa il terzo era frutto di accordo tra professionista e cliente). FONTI Massima redazionale De Agostini Giuridica 2015

 

Cass. civ. Sez. III, 20-05-2015, n. 10289

La responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, cod. civ.; tale violazione, ove consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa né ridotta quando tali modalità siano state sollecitate dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto ininfluente, ai fini della responsabilità professionale, la condivisione del cliente della scelta di chiamare in garanzia un terzo sebbene il diritto da tutelare fosse prescritto, come poi puntualmente eccepito dal terzo chiamato). (Rigetta, App. Perugia, 30/03/2011). FONTI CED Cassazione, 2015.

 

In questa massima la cassazione afferma che l’avvocato pur dissentendo dall’orientamento della cassazione, deve comunque tenerlo presente per evitare di danneggiare il suo cliente.

 


Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza, 28-02-2014, n. 4790

L'avvocato, i cui obblighi professionali sono di mezzi e non di risultato, è tenuto ad operare con diligenza e perizia adeguate alla contingenza, così da assicurare che la scelta professionale cada sulla soluzione che meglio tuteli il cliente.

Ne consegue che il professionista, ove una soluzione giuridica, pure opinabile ed, eventualmente, non condivisa e convintamente ritenuta ingiusta ed errata dal medesimo, sia stata tuttavia riaffermata dalle Sezioni Unite della Corte regolatrice (come, nella specie, con riguardo alla validità della notifica della sentenza presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, in mancanza di elezione di domicilio della controparte nel circondario in cui ha sede l'autorità adita, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione del provvedimento), non è esentato dal tenerne conto per porre in essere una linea difensiva volta a scongiurare le conseguenze, sfavorevoli per il proprio assistito, alla prevedibile applicazione dell'orientamento ermeneutico da cui pur dissente. (Dichiara inammissibile, App. L'Aquila, 08/09/2012) FONTI CED Cassazione, 2014

 

Ancora sugli obblighi di informazione dell’avvocato.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-11-2009, n. 24544

L'avvocato, nell'adempimento della propria prestazione professionale, è tenuto ad informare il cliente sulle conseguenze del compimento o del mancato compimento degli atti del processo, e, se del caso, a sollecitarlo nel compimento di essi ovvero, sussistendo le condizioni, a dissuaderlo della loro esecuzione. Pertanto, la circostanza che il cliente abbia omesso di fornire indicazioni al proprio avvocato circa la propria intenzione di proporre o meno impugnazione avverso una sentenza sfavorevole non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione dell'appello, se questi non aveva provveduto ad informare il cliente sulle conseguenze dell'omessa impugnazione. (Cassa con rinvio, App. Catania, 14/09/2004)

FONTI CED Cassazione, 2009

 

Fino a ora ci siamo occupati dell’art.1176, passiamo ora all’art. 1218; in questa massima si ribadisce il principio espresso nel paragrafo circa la prova da fornire in caso di obbligazioni di mezzi. E’, infatti, l’attore che deve provare la mancanza di diligenza del debitore, l’avvocato, in questo caso.

 

Cass. civ. Sez. III, 24-05-2016, n. 10698

Ai fini della sussistenza della responsabilità dell'avvocato per negligenza, è onere dell'attore dimostrare che la sua domanda giudiziale, ove correttamente formulata e sostenuta dall'avvocato, avrebbe avuto ragionevoli probabilità di accoglimento.

FONTI Quotidiano Giuridico, 2016

 

In questa massima l’obbligazione del medico è considerata più di risultato che di mezzi; visto il contenuto della prova che incombe sul danneggiato.  Ma il ragionamento è sempre quello già visto; una volta che sia stata fornita la prova della negligenza o del mancato risultato, il debitore potrà liberarsi provando il fatto a lui non imputabile.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-10-2015, n. 21177

In tema di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'attore deve provare l'esistenza del rapporto di cura, del danno e del nesso causale e solo allegare la colpa del medico, sul quale incombe l'onere di dimostrare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, sia dipeso da causa a sé non imputabile.

(Affermando il principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del medico per una vaccinazione inoculata per via intramuscolo, eseguita nel rispetto dei protocolli per la localizzazione e le modalità operative dell'iniezione, riconducendo l'evento dannoso al caso fortuito, consistente, nella specie, dall'andamento variabile e imprevedibile del nervo circonflesso). (Rigetta, App. Napoli, 27/09/2011) FONTI CED Cassazione, 2015

 

Ancora l’affermazione dello stesso principio già visto prima per casi diversi.

 

Cass. civ. Sez. III, 27-07-2015, n. 15721

Nella ipotesi di incendio della cosa locata, il conduttore risponde della perdita o deterioramento del bene, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, ponendo l'art. 1588 c.c. a suo carico una presunzione di colpa, superabile solo con la dimostrazione di avere adempiuto diligentemente i propri obblighi di custodia e con la prova positiva che il fatto da cui sia derivato il danno o il perimento della cosa è addebitabile ad una causa esterna al conduttore a lui non imputabile, da individuarsi in concreto, ovvero al fatto di un terzo, del quale è invece irrilevante accertare l'identità, esulando l'identificazione di tale soggetto dall'attività oggetto della prova liberatoria. (Cassa con rinvio, App. Torino, 25/10/2012)

FONTI CED Cassazione, 2015

Cass. civ. Sez. III, 17-02-2014, n. 3612

L'iscrizione e l'ammissione di un minore a una scuola di sci determinano la nascita di un vincolo contrattuale che fa sorgere a carico della scuola l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità dell'allievo per il tempo in cui costui usufruisce dell'insegnamento; pertanto, ove il minore subisca un infortunio durante la lezione (nella specie, caduta all'indietro sulla coda degli sci), per affermare la responsabilità della scuola occorre accertare se quest'ultima abbia adempiuto a tali obblighi di protezione, applicando il regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c., in forza del quale l'allievo è tenuto esclusivamente ad allegare l'inesatto adempimento, mentre spetta alla scuola provare, anche per presunzioni, che le lesioni sono state conseguenza di un fatto alla stessa non imputabile. FONTI Foro It., 2014, 9, 1, 2573.


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