Presupposti del concordato

I presupposti del concordato preventivo sono illustrati nell'art. 160 l.f.
Quello che si evidenzia è che la richiesta può provenire da un imprenditore (o anche società), che si trova in stato di crisi o in stato di insolvenza (art. 160 ultimo comma).
Dello stato di insolvenza già sappiamo, mentre il legislatore non ha mai definito lo stato di crisi, che, quindi, è stato individuato dalla giurisprudenza in vari modi, ritenendolo a volte una sorta di insolvenza minore, cioè una situazione di dissesto temporaneo che potrebbe portare all'insolvenza, ma che può ancora essere sanata, altre volte ha fatto coincidere lo stato di crisi con quello d'insolvenza.
È certo, però, che stato di crisi e d'insolvenza non possono essere lo stesso fatto, se non altro perché lo stesso articolo 160 l.f. li distingue (v. ultimo comma dell'art. 160) e anche perché se la richiesta dovesse provenire solo da imprenditori in stato di crisi-insolvenza, troppo alti sarebbero i rischi di trasformare la richiesta di concordato a un passaggio per il  fallimento.
La questione ha comunque una importanza relativa, visto che entrambe le situazioni sono alternativamente previste per poter chiedere il concordato, e sembra che il legislatore abbia voluto evitare, piuttosto, che una semplice difficoltà dell'impresa possa essere già sufficiente per poter accedere alla procedura.

Altra questione riguarda i soggetti che possono chiedere il concordato, che sono gli stessi che possono essere sottoposti al fallimento, e ciò lo si intende leggendo la rubrica dell'art. 1 l.f. che parla di " Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo" ; si tratterà, quindi, di imprenditori o società commerciali che hanno superato almeno uno dei tre parametri previsti dall'art. 1 l.f.

Elemento essenziale è il piano che il debitore deve presentare per uscire dalla stato di crisi o insolvenza.
Quello che colpisce, nella disciplina legislativa,  è che il contenuto del piano non è imperativo (" un piano che può prevedere" etc etc  art. 160 comma 1), e, in definitiva il debitore può proporre un qualsiasi piano, che però salvaguardi la posizione dei creditori privilegiati (art. 160 comma 2) con la corretta documentazione; il piano poi dovrà essere "fattibile", cioè ragionevole, logico; starà poi ai creditori accettarlo o meno, dopo la verifica dei requisiti da parte del tribunale, di cui si parlerà in seguito.

Riassumiamo, quindi, i presupposti per il concordato preventivo.

presupposti per l'ammissione al concordato
 stato di crisi o di insolvenza 
imprenditore commerciale o società commerciale ex art. 1 l.f.
piano per uscire dalla crisi debitamente documentato

 Soffermiamoci, ora, sul contenuto eventuale del piano.

contenuto eventuale del piano.
Il piano può prevedere
la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito
l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato
la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse
che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione.
l'eventuale transazione fiscale ex art. 182 ter l.f.

Non c'è molto da aggiungere rispetto a quanto riportato in tabella, se non alcune osservazioni.
In primo luogo la ristrutturazione dei debiti consiste in un modo diverso di considerare i debiti, prevedendo un pagamento non integrale degli stessi, tempi diversi di adempimento rispetto a quelli originali, e soprattutto modalità di adempimento differenziate, magari ricorrendo a una datio in solutum, ad accollo, cessione di beni o cessione ai creditori di quote della società che chiede la procedura di concordato, emissione di obbligazioni a favore dei creditori e così via.
Altra considerazione riguarda l'intervento di un assuntore, che nei fatti rileva l'impresa in crisi e se ne assume o debiti. L'assuntore può essere ovviamente un terzo, ma anche un creditore o addirittura una società di nuova costituzione le cui azioni sono da attribuire ai creditori.

L'art. 160 si riferisce alla possibilità che il debitore proponga di dividere i creditori in classi "omogenee" in quanto a posizione giuridica e interessi economici.
Nulla di più è detto, ed allora il debitore può essere abbastanza libero nella creazione della classi, e, in definiva, tutta questa libertà del creditore trova il limite nella valutazione che farà poi il tribunale;
è vero, infatti, che il tribunale svolgerà un controllo prevalentemente formale, ma se il debitore sceglie di utilizzare una delle possibilità offerte dall'art. 160,  dovrà anche conformarsi; questo è proprio il caso delle classi di creditori e della successiva ipotesi relativa ai creditori privilegiati.
Se quindi il debitore crea delle classi, sarà poi il tribunale a valutare la loro omogeneità.
Anche per le cause di prelazione vi è un limite; il debitore, nel suo piano, deve considerarle secondo quanto dispone l'art. 160; deve, infatti, rispettare precisi limiti in merito alla soddisfazione dei crediti privilegiati, deve rivolgersi a un professionista qualificato, iscritto nell'albo dei revisori contabili, e non può alterare l'ordine previsto dalla legge per le cause di prelazione. Anche in questo caso, e sempre che il piano preveda tale particolarità, il tribunale non  ammetterà il concordato se non rispetta le condizioni previste per i creditori privilegiati.

Avendo illustrato le caratteristiche essenziali della proposta relativa ai creditori privilegiati,  riassumiamola nei seguenti punti:

1)  i creditori oggetto della proposta del debitore sono garantiti da privilegio pegno o ipoteca su beni del debitore;

2) che detti creditori non saranno soddisfatti per intero;

3) che la loro parziale soddisfazione non possa essere comunque inferiore al valore della probabile liquidazione del bene oggetto della garanzia; di conseguenza il debitore suppone che il valore del bene oggetto della garanzia sia comunque insufficiente a soddisfare il creditore privilegiato, ed è per questo che l'art. 160 vuole anche che ci sia una relazione di un professionista particolarmente qualificato ad attestare tale situazione; nel calcolare poi il probabile valore di liquidazione del bene il professionista dovrà, insieme al debitore, tener conto anche alla collocazione del credito privilegiato rispetto agli altri crediti privilegiati;

4) che l'operazione effettuata dal debitore sui crediti privilegiati non possa alterare l'ordine della cause legittime di prelazione.

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