Giurisprudenza
Il risarcimento del danno in caso di violazione del diritto d'autore. Cass. civ., Sez. I, 6 settembre 2019, n. 22381
La lesione del diritto d'autore, pur nella
componente di diritto della personalità riferito alla paternità ed
integrità dell'opera e non alla utilizzazione della stessa, può dare
luogo al risarcimento del danno patrimoniale, qualora dalla sua
lesione sia derivato un pregiudizio economico al soggetto che ne è
titolare. In tal caso la risarcibilità del danno - laddove in
concreto ravvisabile - è illimitata, non restando soggetta alla
restrizione ai soli casi determinati dalla legge, la quale riguarda,
invece, il danno non patrimoniale, alla stregua dell'art.
2059 c.c., secondo la sua interpretazione
costituzionalmente orientata. (Nel caso concreto non può
condividersi l'assunto dei ricorrenti secondo cui la violazione
della clausola contrattuale che vietava qualsiasi modifica non
autorizzata del progetto e dell'opera, darebbe luogo ad un danno in
re ipsa, per effetto dell'inadempimento contrattuale.)
Fonte De Agostini Giuridica 2019
Il danno non patrimoniale in caso di ferimento e morte di un congiunto. Cass. civ., Sez. VI-3, Ord., 31 ottobre 2019, n. 28168
Il pregiudizio non patrimoniale patito dai prossimi congiunti di una
persona gravemente ferita, e consistito tanto nell'apprensione per
le sorti del proprio caro, quanto nelle forzose rinunce indotte
dalla necessità di prestare diuturna e prolungata assistenza alla
vittima, è un danno identico per natura, ma diverso per oggetto, dal
pregiudizio patito dalle medesime persone, una volta che il soggetto
ferito sia venuto a mancare. Ne consegue che se una persona venga
dapprima ferita in conseguenza di un fatto illecito ed in seguito
muoia a causa delle lesioni, nella stima del danno patito jure
proprio dai suoi familiari, il giudice deve tenere conto sia del
dolore causato dalla morte, sia dalle apprensioni, dalle sofferenze
e dalle rinunce patite dai suoi familiari per tutto il tempo in cui
la vittima primaria fu invalida e venne da loro assistita.
Fonte De Agostini Giuridica
Una volta che si
sia valutato il grado di invalidità permanente in base a una valutazione
medico legale, è possibile far valere altre voci di danno?
Tendenzialmente no, ma in certe circostanze e a certe condizioni sì.
Cass. civ., Sez.
III, Ord., 28 settembre 2018, n. 23477
Soltanto in
presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, tempestivamente
allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave,
sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente
derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della
stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non
stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede
di personalizzazione della liquidazione. Ne consegue che, laddove un
soggetto abbia riportato una invalidità permanente a seguito di un
incidente stradale non ha diritto alla liquidazione separata del "danno
estetico", atteso che quest'ultimo è già ricompreso nel danno biologico.
Fonte De Agostini
Giuridica
È ormai un dato pacifico che per
ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale è necessario che vi
sia una lesione di diritti costituzionalmente protetti, e certamente tra
questi vi sono i diritti inviolabili della persona, che in realtà
trovano protezione anche in altre fonti esterne come la Cedu; ma la
violazione deve essere seria, un fastidio, per es. non è sufficiente per
ottenere il risarcimento del danno. Cass.
civ., Sez. III, 4 maggio 2018, n. 10596 Fonte De Agostini Giuridica 2018
Questa massima è interessante per
quello che dice, e anche per
quello che non dice. Nel caso riportato, chi ha subito una invalidità
grave, subisce un danno nel campo dei rapporti sociali, come conseguenza
normale; di conseguenza tali danni in un processo andranno certamente
chiesti ma non sarà necessario provarli, o per lo meno
non sarà necessario fornirne una
prova rigorosa. Cass.
civ., Sez. III, 27-03-2018, n. 7513
Consenso informato e danno alla salute; non aver ottenuto il consenso del paziente al trattamento sanitario non realizza di per sé un danno alla salute, ma la lesione di altri diritti fondamentali del paziente
Cass.
civ., Sez. III, Ord., 15 maggio 2018, n. 11749 Fonte De Agostini Giuridica 2018
In questa ordinanza la Cassazione
ribadisce i principi in tema di individuazione dei casi che danno vita
al risarcimento del danno non patrimoniale (cui si fa riferimento in
seguito); è la violazione di diritti costituzionali, oltre quello alla
salute, che può dar luogo
al risarcimento, ma quello che non bisogna fare è indicare lo stesso “vulunus”
con nomi diversi, giungendo così a una moltiplicazione risarcitoria
dello stesso danno.
Cass. civ., Sez. III, Ord., 14
novembre 2017, n. 26805
In tema di danno non patrimoniale,
la natura unitaria dello stesso deve essere intesa come unitarietà
rispetto alla lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente
rilevante non suscettibile di valutazione economica.
In tale ottica, "natura unitaria" sta
a significare che non v'è alcuna diversità nell'accertamento e nella
liquidazione del danno causato dal "vulnus" di un diritto
costituzionalmente protetto diverso da quello alla salute, sia esso
rappresentato dalla lesione della reputazione, della libertà religiosa o
sessuale, della riservatezza o del rapporto parentale;
"natura onnicomprensiva" sta, invece,
a significare che, nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non
patrimoniale, il giudice di merito deve tener conto di tutte le
conseguenze che sono derivate dall'evento di danno, nessuna esclusa, con
il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie, attribuendo
nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia
minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti c.d. "bagattellari".
L'accertamento e la liquidazione del danno non patrimoniale
costituiscono, pertanto, questioni concrete e non astratte.
Gli articoli 2043 e 2059 non sono
autonomi l’uno dall’altro.. con tutto quel che segue da questa
constatazione. Alcune
sentenze fondamentali della cassazione a sezioni unite.
Cass. civ. Sez. Unite, 19-08-2009, n.
18356
L'art. 2059 c.c. non disciplina una
autonoma fattispecie di illecito, distinta da quella di cui all'art.
2043 c.c., ma si limita a disciplinare i limiti e le condizioni di
risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, sul presupposto della
sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito
richiesti dall'art. 2043 c.c.: e cioè la condotta illecita, l'ingiusta
lesione di interessi tutelati dall'ordinamento, il nesso causale tra la
prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal
titolare dell'interesse leso. Il danno non patrimoniale e' risarcibile
nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, (a) quando il fatto
illecito sia astrattamente configurabile come reato; (b) quando ricorra
una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro
del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato;
(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti
inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale;
in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno quando la
lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una
soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a
dire che non consista in meri disagi o fastidi, come nel caso di
molestie causate da ripetute infondate richieste di pagamento del canone
televisivo.
FONTI Resp. civ. on line, 2009
Cass. civ. Sez. Unite Sent., 19-08-2009, n. 18356
La peculiarità del danno non
patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla
natura dell'art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla
legge (e quindi ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti
riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno)
ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela
minima risarcitoria, con la precisazione in quest'ultimo caso, che la
rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il
pregiudizio conseguentemente sofferto e che la risarcibilità del
pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia
grave (e cioè superi la soglia minimadi tollerabilità, imposta dai
doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a
dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura
meramente immaginario). FONTI Resp. civ., 2009, 12, 984.
Cass. civ. Sez. Unite Sent.,
11-11-2008, n. 26972
Anche dall'inadempimento di
un'obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, che
sarà risarcibile nei casi espressamente previsti dalla legge, ovvero,
quando l'inadempimento abbia leso in modo grave un diritto della persona
tutelato dalla Costituzione, il danno non patrimoniale va risarcito
integralmente, ma senza duplicazioni: deve pertanto ritenersi sbagliata
la prassi di liquidare in caso di lesioni della persona sia il danno
morale sia quello biologico; come pure quella di liquidare nel caso di
morte di un familiare sia il danno morale, sia quello da perdita del
rapporto parentale: gli uni e gli altri costituiscono infatti pregiudizi
del medesimo tipo.
FONTI Danno e Resp., 2009, FONTI
2009, 299-300, 212.
Il calcolo del danno biologico nel
caso di decesso; questo va calcolato sulla durata effettiva delle vita
del defunto e non su quella probabile ma questo accade solo quando la
persona è deceduta per cause indipendenti dal fatto illecito subito.
Cass. civ. Sez. III, 18-01-2016, n. 679
In tema di risarcimento del danno
biologico, ove la persona offesa sia deceduta per causa non
ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito,
l'ammontare del danno spettante agli eredi del defunto "iure
successionis" va parametrato alla durata effettiva della vita del
danneggiato, e non a quella probabile, in quanto la durata della vita
futura, in tal caso, non costituisce più un valore ancorato alla mera
probabilità statistica, ma è un dato noto.
(Nella specie, la S.C. ha confermato
la sentenza di merito, la quale, dopo avere escluso che la morte del
danneggiato fosse riconducibile con certezza, o anche con congrua
probabilità, al trattamento sanitario ricevuto dallo stesso danneggiato
due anni prima del decesso, dal quale era conseguita una menomazione
permanente, aveva ritenuto che il danno biologico trasmissibile "iure
hereditatis" dovesse calcolarsi non sulla base della aspettativa di vita
media, bensì dell'effettiva vita residua goduta dal danneggiato.).
(Rigetta, App. Trieste, 05/07/2012)
FONTI CED Cassazione, 2016
Le diverse componenti del danno
biologico secondo la definizione dell’art. 138 cod. ass.
Cass. civ. Sez. III, 18-02-2010, n. 3906
Il valore vincolante della
definizione legislativa del danno biologico risultante dagli
artt. 138 e 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (c.d. codice delle
assicurazioni), non avente carattere innovativo in quanto
sostanzialmente ricognitiva e confermativa degli indirizzi
giurisprudenziali in materia, impone, nella liquidazione del danno, un
obbligo motivazionale congruo ed adeguato, che dia conto, ai fini del
risarcimento integrale del danno alla persona e della sua
personalizzazione, sia delle componenti a prova scientifica
medico-legale, sia di quelle relative all'incidenza negativa sulle
attività quotidiane (c.d. inabilità totale o parziale), sia di quelle
che incidono sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del
danneggiato (che attengono anche alla perdita della capacità lavorativa
generica e di attività socialmente rilevanti ovvero anche meramente
ludiche, ma comunque essenziali per la salute o la vita attiva). (Cassa
con rinvio, App. Firenze, 27/06/2005) FONTI CED Cassazione, 2010
Le tabelle sul calcolo del danno
biologico elaborate dal tribunale di Milano sono da sempre punto di
riferimento per i pratici del diritto.
Cass. civ. Sez. III, 10-05-2016, n. 9367
In tema di applicazione delle cd.
tabelle milanesi di liquidazione del danno, qualora dopo la
deliberazione della decisione e prima della sua pubblicazione, sia
intervenuta una loro variazione, deve escludersi che l'organo
deliberante abbia l'obbligo di riconvocarsi e di procedere ad una nuova
operazione di liquidazione del danno in base alle nuove tabelle, la cui
modifica non integra uno "jus superveniens" né in via diretta né in
quanto e possano assumere rilievo, ai sensi dell'art. 1226 c.c., come
parametri doverosi per la valutazione equitativa del danno non
patrimoniale alla persona. (Rigetta, App. Bologna, 10/04/2013) FONTI CED
Cassazione, 2016
Il danno al diritto all’immagine.
Cass. civ. Sez. lavoro, 03-05-2016,
n. 8709
Il diritto all'immagine professionale
del lavoratore rientra tra quelli fondamentali tutelati dall'art. 2
Cost. la cui risarcibilità va riconosciuta anche in presenza di lesioni
di breve durata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di
merito che aveva riconosciuto il risarcimento del danno all'immagine
professionale ad un lavoratore, privato della funzione di coordinamento,
sebbene le mansioni dequalificanti fossero state esercitate per poco
tempo, date anche le numerose assenze per malattia). (Rigetta, App.
Roma, 19/02/2013)
FONTI CED Cassazione, 2016
La diffamazione a mezzo stampa.
Cass. civ. Sez. III, 07-04-2016, n. 6784
In materia di diffamazione a mezzo
stampa, non può riconoscersi l'esimente del diritto di critica storica
se la ricostruzione dei fatti, contrastante con quella ufficialmente
riconosciuta, si fondi su fonti anonime o non riscontrabili, ovvero su
voci correnti.
FONTI CED Cassazione, 2016
Il danno esistenziale, una categoria
autonoma?
Cass. civ. Sez. III, 13-01-2016, n. 336
In tema di risarcimento del danno,
non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria del "danno
esistenziale", in quanto, ove in essa si ricomprendano i pregiudizi
scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango
costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già
risarcibili ai sensi dell'art. 2059 c.c., sicché la liquidazione di una
ulteriore posta di danno comporterebbe una non consentita duplicazione
risarcitoria;
Ove, invece, si intendesse includere
nella categoria i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della
persona, la stessa sarebbe illegittima, posto che simili pregiudizi sono
irrisarcibili alla stregua del menzionato articolo. (In applicazione di
tale principio, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la decisione del
giudice di merito di non liquidare, con voce autonoma, il danno
esistenziale da morte del congiunto, per essere stato già liquidato il
relativo danno non patrimoniale comprensivo sia della sofferenza
soggettiva che del danno costituito dalla lesione del rapporto parentale
e del conseguente sconvolgimento dell'esistenza). (Rigetta, App.
Firenze, 23/04/2012)
FONTI CED Cassazione, 2016
Il danno esistenziale secondo la
massima che precede, non è un’autonoma categoria di danno, ed è questa
anche il principio della seguente massima, che però sembra meglio
individuarlo.
Quello che risulta dalla
giurisprudenza della cassazione, che spesso è contraddittoria, è che le
categorie di danno che nel tempo si sono individuate ( danno
esistenziale, alla vita di relazione e altre) vanno ricondotte all’art.
2059, sono aspetti di questo articolo; non di meno esistono e la
funzione definitoria che gli viene attribuita finisce, o finirà prima o
poi, per individuare specifiche categorie di danno non patrimoniale
risarcibili; del resto non si vede perché rilevandosi queste ipotesi non
si debba autonomamente risarcirle chiamandole con il loro nome; prima o
poi ci sarà un nuovo intervento delle sezioni unite, del resto la
cassazione ci mette tempo a recepire certi orientamenti, già evidenti, e
quando alla fine avrà finito tutte le acrobazie logiche per escluderli
finirà per ammetterli, e del resto la massima successiva del
2014, pur considerandole nell’ambito del 2059 finisce con il consentire
il risarcimento di tutti questi danni….. anche se hanno una sola
funzione descrittiva.
Cass. civ. Sez. lavoro, 19-01-2015,
n. 777
Il danno esistenziale, quale criterio
di liquidazione del più generale danno non patrimoniale, risarcibile
ex art. 2059 cod. civ., può essere desunto in forza dell'art. 115,
secondo comma, cod. proc. civ. da massime di comune esperienza, quali la
giovane età del danneggiato al momento dell'infortunio (nella specie,
venticinque anni) e la gravità delle conseguenze dell'infortunio (nella
specie, immobilizzazione su sedia a rotelle) incidenti sulla normale
vita di relazione dell'infortunato avuto riguardo alla capacità di
procreazione, alla vita sessuale, alla possibilità di praticare sport ed
altre analoghe attività. (Rigetta, App. Torino, 16/06/2008)
FONTI CED Cassazione, 2015
Cass. civ. Sez. III, 23-01-2014, n.
1361
La categoria generale del danno non
patrimoniale - che attiene alla lesione di interessi inerenti alla
persona non connotati da valore di scambio - presenta natura composita,
articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente
descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel patema d'animo o
sofferenza interiore subìti dalla vittima dell'illecito, ovvero nella
lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima
espressione della dignità umana), quello biologico (inteso come lesione
del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento
delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali - ove essi
ricorrano cumulativamente - occorre tenere conto in sede di liquidazione
del danno, in ossequio al principio dell'integralità del risarcimento,
senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da
ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computato
due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali,
denominazioni. (Cassa con rinvio, App. Milano, 10/07/2007) FONTI CED
Cassazione, 2014
Il risarcimento dei danni non
patrimoniali non è esclusivo delle persone fisiche.
Cass. civ. Sez. I, 16-11-2015, n. 23401
L'associazione non riconosciuta,
quale centro di imputazione di situazioni giuridiche e, come tale,
soggetto di diritto distinto dagli associati, beneficia della tutela
della propria denominazione, che si traduce nella possibilità di
chiedere la cessazione di fatti di usurpazione (cioè di indebita
assunzione di nomi e denominazioni altrui quali segni distintivi), la
connessa reintegrazione patrimoniale, nonché il risarcimento del danno
ex art. 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza pregiudizievole
della lesione dei diritti immateriali della personalità, compatibile con
l'assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono il
diritto al nome, all'identità ed all'immagine dell'ente. (In
applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza
impugnata, che aveva riconosciuto il risarcimento del danno
all'Associazione italiana contro le leucemie ed alla sua affiliata
locale di Pescara, ritenendo usurpativa la protrazione dell'utilizzo
della denominazione "AIL" effettuato dalla sezione regionale abruzzese
nonostante la pregressa esclusione). (Rigetta, App. L'Aquila,
03/05/2012)
FONTI CED Cassazione, 2015
Cass. civ. Sez. III, 10-11-2015, n.
22885
In tema di danno non patrimoniale, il
pregiudizio risarcibile nei confronti di un ente collettivo si
identifica con la lesione dell'interesse, diffuso o collettivo, del
quale esso è portatore e garante e coincide, sul piano obiettivo, con la
violazione delle norme poste a tutela dell'interesse medesimo, senza che
si possa distinguere, a tali fini, tra l'evento lesivo e la conseguenza
negativa, in quanto dall'attività di tutela degli interessi coincidenti
con quelli lesi o posti in pericolo deriva, in capo all'ente
esponenziale, una posizione di diritto soggettivo che lo legittima
all'azione risarcitoria. (Rigetta, App. Venezia, 03/05/2012) FONTI CED
Cassazione, 2015
Una questione delicata, una persona
muore immediatamente o quasi, in seguito a un fatto illecito, ai
congiunti spetterà il risarcimento del danno per questo fatto per un
diritto che viene loro trasmesso?
Cass. civ. Sez. Unite, 22-07-2015, n. 15350
In materia di danno non patrimoniale,
in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è
costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto
alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di
essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi
immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve
escludersi la risarcibilità "iure hereditatis" di tale pregiudizio, in
ragione - nel primo caso - dell'assenza del soggetto al quale sia
collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere
acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero - nel secondo - della
mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo. (Rigetta, App.
Torino, 16/03/2007)
FONTI CED Cassazione, 2015 |