Giurisprudenza
Un'applicazione davvero particolare dell'art. 1227 c.c. e cioè del concorso colposo del creditore nel danno. Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 settembre 2019, n. 22541
Nel giudizio avente ad oggetto l'accertamento della responsabilità
civile da fatto illecito del minore bullizzato, in relazione al
pregiudizio causato dall'aggressione dal medesimo posta in essere
per vendetta nei confronti del suo aggressore, non può escludersi
l'applicabilità dell'art. 1227 c.c., in ragione del fatto che il
minore bullizzato si sia determinato a tenere la condotta causativa
dell'evento in un momento diverso da quello in cui abbia subito
l'aggressione. In ipotesi siffatte, al contrario, il giudice deve
tenere conto dei fenomeni di bullismo posti in essere ai danni della
vittima e prima della reazione della stessa, giacché senza tali
fenomeni l'evento non si sarebbe determinato. Pur dovendosi
neutralizzare e condannare l'istinto di vendetta del minore
bullizzato, invero, è innegabile che la risposta dell'ordinamento
non può essere solo quella della condanna dell'atto reattivo come
comportamento illecito a sé stante, ignorando le situazioni di
privazione e di svantaggio che ne costituiscono il sostrato, non
solo perché l'ignoranza e la sottovalutazione possono (persino)
attivare un circolo negativo di vittimizzazione ulteriore, ma anche
perché il bullismo non dà vita ad un conflitto meramente individuale
e richiede un coacervo di interventi coordinati che, oltre a
contenere il fenomeno, fungano da limite invalicabile che si
interponga tra l'autore degli atti di bullismo e le persone offese,
anche onde rendere del tutto ingiustificabile la reazione di queste
ultime.
Fonte De Agostini Giuridica, 2019
Calcolo del danno da lucro cessante Cass. civ., Sez. I, 14 ottobre 2019, n. 25843
In tema di contratti di investimento, la vendita coattiva delle
azioni al prezzo minimo, in assenza del relativo presupposto, da
parte della banca determina un danno per l'investitore derivante
dalla apprezzabile, seria e consistente possibilità perduta di
vendere il titolo ad un prezzo superiore a quello di "stop-loss" e
con il limite del massimo prezzo raggiunto dal titolo prima dello
"stop-loss" successivo; tale eventualità non può essere esclusa per
il solo fatto che il titolo non abbia mai raggiunto prima del
successivo "stop-loss" il prezzo di acquisto. Pertanto, tale vendita
integra un inadempimento della banca all'obbligo di procedere alla
vendita coattiva solo se il titolo avesse raggiunto un determinato
prezzo-soglia.
Fonte De Agostini Giuridica, 2019.
Gli indennizzi previsti dalle procedure di servizi sono prova dell'avvenuto danno? Cass. civ., Sez. III, 29 ottobre 2019, n. 27609
Gli indennizzi che, in attuazione degli artt.
2 e 16 del D.P.R. n. 318 del
1997 devono
essere previsti nella carta dei servizi dei soggetti che erogano
prestazioni verso un pubblico indifferenziato di utenti, hanno
funzione deflattiva poiché mirano a prevenire ed evitare il
contenzioso, inducendo il cliente a ricorrere agli organismi di
composizione delle controversie. Essi non equivalgono ad una
presunzione sul verificarsi stesso del danno e non possono quindi
supplire alla mancata prova dello stesso. Non possono quindi essere
direttamente utilizzati, qualora si arrivi all'introduzione della
causa e con essa ad una domanda risarcitoria fondata sulle regole
ordinarie dell'inadempimento e della prova del danno, come prova
presuntiva dell'an, oltre che del quantum del danno. Essi potrebbero
eventualmente essere utilmente richiamati, qualora l'attore avesse
già fornito la prova dell'effettivo verificarsi di un danno
patrimoniale, del quale non fosse in grado di fornire l'esatta
quantificazione, come parametro utilizzabile ai fini di un
risarcimento in via equitativa.
Il creditore può essere corresponsabile per i danni a lui arrecati dal
debitore ex art. 1227, ma non nel caso qui deciso dalla Cassazione.
Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 14
febbraio 2018, n. 3676
L'obbligo informativo in capo
all'intermediario sussiste in ogni caso nella prestazione del servizio
di negoziazione di titoli. Di talché, qualora l'intermediario abbia dato
corso all'acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri
obblighi informativi nei confronti del cliente, e quest'ultimo non
rientri in alcuna delle categorie di investitore qualificato o
professionale previste dalla normativa di settore, non è configurabile
neppure un concorso di colpa del medesimo cliente nella produzione del
danno, per non essersi lo stesso informato della rischiosità dei titoli
acquistati.
Si è già visto che la responsabilità
del debitore può scaturire da illecito contrattuale o extra
contrattuale; in quello contrattuale il risarcimento fa riferimento
all’interesse positivo del creditore a ottenere la prestazione che poi
non c’è stata. Nonostante questo
i parametri per il calcolo del risarcimento sono sostanzialmente gli
stessi,( v. art. 2056) ed è
per questo che nelle sentenze citate ci riferiremo sia a casi di
responsabilità contrattuale sia extracontrattuale ma vista l’enorme
numero di casi ci limiteremo solo alle massime più recenti e
significative anche perché gli stessi argomenti sono stati già trattati
in altre parti del volume.
L’onere della
prova nella responsabilità contrattuale.
Si tratta del danno da vacanza rovinata. La massima è rilevante
perché indica con precisione la ripartizione dell’onere della
prova tra creditore e debitore nella responsabilità contrattuale
riferendosi a decisioni della cassazione e sezioni unite.
Cass. civ. Sez. III, 11-05-2012, n. 7256
Quando il danno non patrimoniale
scaturisce da inadempimento contrattuale, il risarcimento è regolato
dalle norme dettate in materia, e quindi, dagli artt. 1218, 1223, 1225
c.c., e valgono le specifiche regole del settore circa l'onere della
prova, come specificate da Sez. Un. 30 ottobre 2001, n. 13533 (Sez. Un.
n. 26972 del 2008, p.4.7.).
Se, in base al principio affermato in
quest'ultima decisione richiamata, il creditore, sia che agisca per
l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve
dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, mentre può
limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte e sarà il
debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del
diritto, costituito dall'avvenuto adempimento.
Se, nell'ipotesi di inesatto
adempimento grava sempre sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto
esatto adempimento.
Se il danno-conseguenza deve essere
allegato e provato e, per i pregiudizi non patrimoniali attinenti a un
bene immateriale, la prova presuntiva è destinata ad assumere
particolare rilievo e potrà costituire anche l'unica fonte per la
formazione del convincimento del giudice, a condizione che il
danneggiato alleghi tutti gli elementi idonei a fornire la serie
concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto
(Sez. Un. n. 26972 del 2008, p.4.10).
Ne consegue che, in tema di danno non
patrimoniale "da vacanza rovinata", inteso come disagio psicofisico
conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza
programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la
prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici
interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di
prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata
realizzazione della "finalità turistica" (che qualifica il contratto) e
dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e
dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla
realizzazione dello scopo vacanziero.
FONTI Sito Il caso.it, 2012
La responsabilità contrattuale può dar vita a un danno non patrimoniale?
Sì.
Cass. civ. Sez. Unite Sent.,
11-11-2008, n. 26973
Anche dall'inadempimento di una obbligazione contrattuale può derivare
un danno non patrimoniale, il cui risarcimento è regolato secondo le
norme dettate in materia di responsabilità contrattuale. FONTI Foro It.,
2009, 1, 1, 121
Il calcolo del
danno nella responsabilità extracontrattuale.
Cass. civ. Sez. VI - 3, 13-05-2016, n.
9942
In materia di risarcimento del danno
patrimoniale, poiché esso ha la funzione di reintegrare il patrimonio
del danneggiato nella esatta misura della sua lesione, le spese
sostenute per le riparazioni dell'autoveicolo, che abbia subito danni in
un incidente stradale, sono rimborsabili solo per la parte che
corrisponde ai correnti prezzi di mercato, a meno che il maggiore
esborso non sia giustificato da particolari circostanze oggettive (quale
l'esistenza nella zona di una sola autofficina qualificata) e queste
siano state provate dall'interessato, che non può di conseguenza, a
fondamento della sua pretesa risarcitoria, limitarsi a produrre la
documentazione di spese, da lui sostenute, non corrispondenti ai costi
correnti, secondo una valutazione del giudice di merito, fondata su
nozioni di comune esperienza o su dati acquisiti con consulenza tecnica
di ufficio. (Rigetta, Trib. Treviso, 05/08/2014) FONTI CED Cassazione,
2016
Il risarcimento
nella responsabilità precontrattuale.
Cass. civ. Sez. III, 03-12-2015, n. 24625
In tema di responsabilità
precontrattuale, il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo
interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate
nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto,
sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale,
pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri
logici e non arbitrari. FONTI CED Cassazione, 2015
La natura
contrattuale del rapporto tra medico di una struttura sanitaria e
paziente.
Cass. civ. Sez. III, 22-09-2015, n. 18610
Il rapporto che si instaura tra
paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un
atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei
confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del
corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente,
dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente),
insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di
tipo "latu sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizioni del
personale medico ausiliario, del personale paramedico e
dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista
di eventuali complicazioni od emergenze.
Ne consegue che la responsabilità
della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura
contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c.,
all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta
direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in
assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un
collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua
organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la
circostanza che il sanitario risulti essere anche "di fiducia" dello
stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto. (Cassa con rinvio, App.
Milano, 31/08/2011) FONTI CED Cassazione, 2015
Ci sono dei danni
che non devono essere provati, si parla di danni in re ipsa, di seguito
un esempio di tali danni.
Cass. civ. Sez. II, 15-10-2015, n. 20823
Il danno da occupazione illegittima di
un immobile è "in re ipsa", attesa la temporanea perdita delle utilità
normalmente conseguibili dal proprietario nell'esercizio delle facoltà
di godimento e disponibilità del bene; questa presunzione "iuris tantum"
è superata ove si accerti che il proprietario medesimo si è
intenzionalmente disinteressato dell'immobile. (Cassa con rinvio, App.
Bari, 09/06/2009)
FONTI CED Cassazione, 2015
E un caso in cui
non c’è tale danno in re ipsa, si badi che qui non si parla di danno
biologico.
Cass. civ. Sez. III, 12-02-2015, n. 2758
In caso di illecito lesivo
dell'integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento
del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in
modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché
esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della
capacità lavorativa specifica.
A tal fine, il danneggiato è tenuto a
dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere, al momento
dell'infortunio, un'attività produttiva di reddito e di non aver
mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri
lavori confacenti alle sue attitudini personali. FONTI CED Cassazione,
2015.
Il punto davvero problematico
dell’art. 1223 è la definizione del nesso di causalità; le massime sono
sparse e spesso di diverso tenore, ma sembra prevalere la teoria della
causalità adeguata.
In queste massime meno si applicano,
in sostanza le regole degli articoli 40 e 41 c.p. specie in relazione al
concorso di cause.
Qualora la produzione di un evento
dannoso, quale una gravissima patologia neonatale (concretatasi, nella
specie, in una invalidità permanente del 100%), possa apparire
riconducibile, sotto il profilo eziologico (
cioè causale) , alla concomitanza della condotta del sanitario e
del fattore naturale rappresentato dalla pregressa situazione patologica
del danneggiato (la quale non sia legata all'anzidetta condotta da un
nesso di dipendenza causale), il giudice, accertata, sul piano della
causalità materiale (correttamente intesa come relazione tra la condotta
e l'evento di danno, giusta disposto dell'art. 1221, comma 1, c.c.),
l'efficienza eziologica della condotta rispetto all'evento in
applicazione della regola di cui all'art. 41 c.p. (a mente della quale
il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se
indipendenti dall'azione del colpevole, non esclude il rapporto di
causalità fra l'azione e l'omissione e l'evento), così ascrivendo
l'evento di danno interamente all'autore della condotta illecita, può
poi procedere, eventualmente anche con criteri equitativi, alla
valutazione della diversa efficienza delle varie concause sul piano
della causalità giuridica (correttamente intesa come relazione tra
l'evento di danno e le singole conseguenze dannose risarcibili all'esito
prodottesi) onde ascrivere all'autore della condotta, responsabile tout
court sul piano della causalità materiale, un obbligo risarcitorio che
non ricomprenda anche le conseguenze dannose non riconducibili
etiologicamente all'evento di danno bensì determinate dal fortuito, come
tale inteso la pregressa situazione patologica del danneggiato non
etiologicamente riconducibile, a sua volta, a negligenza, imprudenza,
imperizia del sanitario.
FONTI Resp. civ., 2012, 1, 16 nota di PELLEGRINO
Cass. civ. Sez. III, 07-10-1987, n. 7467
In presenza di un evento dannoso,
tutti gli antecedenti senza i quali esso non si sarebbe verificato
debbono essere considerati come sue cause, abbiano essi agito in via
diretta e prossima ovvero in via indiretta e remota; a questa regola fa
eccezione il principio di causalità efficiente, di cui al
capoverso dell'art. 41 c. p. , secondo cui la causa, sempre che abbia le
caratteristiche della prossimità o sopravvenienza rispetto alle altre
cause e sia sufficiente da sola a produrre l'evento, esclude il nesso
eziologico tra questo e le altre cause antecedenti, facendole scadere al
rango di mere occasioni.
FONTI Mass. Giur. It., 1987
Qui una sentenza
che si avvicina alla causalità adeguata ma solo per la responsabilità
contrattuale. Una decisione che comunque lascia perplessi, perché se è
pur vero che nella responsabilità extracontrattuale si risarciscono
anche i danni imprevedibili, questi devono comunque essere limitati
nell’ambito delle conseguenze immediate a dirette ( v.
art. 2056 che comunque richiama l’art. 1223).
App. Roma Sez. IV, 02-04-2008
In tema di risarcimento del
danno, l'art. 1223 c.c., che individua quale sia l'area del danno
risarcibile, va interpretato secondo i principi della teoria della
regolarità causale, per cui il danno è risarcibile nella misura in cui
esso possa considerarsi un effetto ordinario normale, e quindi regolare,
del fatto del danneggiante, con la conseguenza che nell'area del danno
risarcibile contrattuale rientrano solo le conseguenze immediate e
dirette di esso, nel danno extracontrattuale, di contro, rientrano anche
i danni indiretti e mediati, che si presentino come effetto normale,
secondo il principio della regolarità causale.
FONTI Massima redazionale De Agostini
giuridica 2008.
In quest’altra
massima, più recente delle precedenti, la cassazione applica, in
definitiva, la conditio sine qua non; l’unica modo per limitare un
orientamento del genere, è quello di considerare i danni imprevedibili
nell’ambito delle conseguenze immediate e dirette.
Cass. civ. Sez. III, 16-10-2015, n. 20932
In tema di responsabilità aquiliana,
costituisce "danno risarcibile" qualunque pregiudizio che, senza il
fatto illecito, non si sarebbe verificato, a prescindere dalla sua
prevedibilità. (Principio affermato in relazione ad una fattispecie in
cui un datore di lavoro aveva agito nei confronti del responsabile, e
del suo assicuratore, di un sinistro stradale, nel quale aveva perso la
vita un proprio dipendente, per essere risarcito del danno, pur non
prevedibile secondo le regole statistiche della causalità, costituito
dai maggiori contributi assicurativi successivamente richiesti
dall'Inail in conseguenza del numero e dell'entità degli infortuni sul
lavoro verificatasi nella sua impresa o a carico di essa).
(Cassa con rinvio, App. Venezia,
03/07/2012) FONTI CED Cassazione, 2015.
Sulla
prevedibilità del danno in caso di inadempimento di un contratto
preliminare.
Cass. civ. Sez. II, 18-09-2012, n. 15639
In tema di responsabilità
contrattuale, derivante dall'inadempimento da parte del promissario
acquirente dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo, assunto in
una promessa di vendita di immobile altrui, il criterio di prevedibilità
del danno risarcibile può comportare il ristoro del pregiudizio
consistente nella differenza fra il prezzo pattuito in sede di
preliminare e quello inferiore successivamente realizzato, mentre non
consente di tener conto della perdita subita dal promittente venditore
per aver dovuto restituire il bene al proprietario, in seguito al
decorso del termine stabilito nell'accordo interno intercorso con
quest'ultimo, non potendo rientrare nella normalità delle circostanze,
secondo un criterio di comune esperienza, il fatto che la mancata
conclusione del definitivo comporti la retrocessione dell'immobile al
suo titolare. (Rigetta, App. Milano, 20/04/2005) FONTI CED Cassazione,
2012
Il danno può essere calcolato in via
equitativa, ma è poi sindacabile?
Cass. civ., Sez. III, Ord., 19
settembre 2017, n. 21593
Il sindacato sulla valutazione
equitativa del danno ex art. 1226 c.c. si arresta dinnanzi ad una
motivazione dalla quale emerge non solo l'applicazione dei criteri
legislativamente prescritti ma anche i dati di fatto acquisiti al
processo come fattori costitutivi dell'ammontare dei danni liquidati.
Fonte: De Agostini Giuridica 2017.
Ancora l’art. 1226 si occupa dei danni
da liquidarsi in via equitativa quando questi non possono essere provati
nel loro preciso ammontare; il campo di applicazione di questo articolo
riguarda in special modo il danno biologico, che può essere determinato
solo il via equitativa; tuttavia per la quantificazione di questo danno
si fa uso di tabelle elaborate dal tribunale di Milano. Occupiamoci,
allora, di alcuni casi relativi alla liquidazione del danno biologico.
Sono variate le
tabelle del tribunale di Milano, è necessario rivedere il quantum del
danno?
Cass. civ. Sez. III, 10-05-2016, n. 9367
In tema di applicazione delle cd.
tabelle milanesi di liquidazione del danno, qualora dopo la
deliberazione della decisione e prima della sua pubblicazione, sia
intervenuta una loro variazione, deve escludersi che l'organo
deliberante abbia l'obbligo di riconvocarsi e di procedere ad una nuova
operazione di liquidazione del danno in base alle nuove tabelle, la cui
modifica non integra uno "jus superveniens" né in via diretta né in
quanto e possano assumere rilievo, ai sensi dell'art. 1226 c.c., come
parametri doverosi per la valutazione equitativa del danno non
patrimoniale alla persona. (Rigetta, App. Bologna, 10/04/2013) FONTI CED
Cassazione, 2016
Dobbiamo ricorrere alla valutazione
del danno patrimoniale per diminuzione della capacità lavorativa quando
il danneggiato ha, in realtà, un reddito bassissimo?
Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza,
04-05-2016, n. 8896
La liquidazione del danno patrimoniale
da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale
da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a
base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non
il triplo della pensione sociale.
Il ricorso a tale ultimo criterio, ai
sensi dell'art. 137, c.ass., può essere consentito solo quando il
giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in
sede di legittimità, che la vittima al momento dell'infortunio godeva sì
un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la
vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato. (Rigetta, App.
Brescia, 31/03/2014) FONTI CED Cassazione, 2016
Deve il giudice
motivare le ragioni sul quantum del danno determinato il via equitativa?
Cass. civ. Sez. I, 15-03-2016, n. 5090
L'esercizio, in concreto, del potere
discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via
equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando
la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale
facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito. (Rigetta,
Napoli, 10/04/2009)
FONTI CED Cassazione, 2016
Il danno
patrimoniale per il lucro cessante, cioè il mancato guadagno,
difficilmente può essere determinato nel suo preciso ammontare ( o
provato nel suo preciso ammontare). In questo tipo di danni si apre la
strada alla valutazione equitativa. Ma se l’entità del danno non può
essere provata, la prova del danno deve pur sussistere, anche se può
essere fornita anche con presunzioni, escludendo i danni meramente
ipotetici e non probabili.
Cass. civ. Sez. III, 03-12-2015, n. 24632
Il danno patrimoniale da mancato
guadagno, concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente
pregiudicato o impedito dall'inadempimento dell'obbligazione
contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità
patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse
stata adempiuta, esclusi solo i mancati guadagni meramente ipotetici
perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione
richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera
possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di
elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il
giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito. (In
applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di
merito che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno per
erronea inserzione del nominativo della ditta ricorrente sull'elenco
telefonico, in assenza della prova di uno sviamento di clientela per
tale disguido, tanto più che il recapito telefonico della ditta
risultava, chiaramente, in altra parte dello stesso elenco cartaceo e in
quello "on line"). (Rigetta, App. Venezia, 02/08/2012) FONTI CED
Cassazione, 2015
Per l’art. 1227 il concorso colposo
nel danno nel creditore diminuisce o esclude il risarcimento (comma 2) .
Si tratta, allora, di stabilire quando questo accade. In questa prima
massima si parla del promotore finanziario e del suo cliente che hanno
tenuto un comportamento poco diligente; si noti che questo principio
potrebbe essere adottato anche per l’avvocato che svolga un atto
processuale poi dannoso per il suo cliente, anche se l’aveva avvertito
del pericolo o addirittura sia stato sollecitato dal cliente. La
cassazione, come visto, ritiene comunque responsabile l’avvocato, ma
l’applicazione dell’art. 1227 comma 1 potrebbe comunque ridurre il
quantum del risarcimento dovuto al cliente.
Cass. civ. Sez. I, 13-05-2016, n. 9892
In tema di intermediazione mobiliare,
la violazione, da parte del promotore finanziario, degli obblighi di
comportamento che la legge pone a suo carico non esclude la
configurabilità di un concorso di colpa dell'investitore, qualora questi
tenga un contegno significativamente anomalo ovvero, sebbene a
conoscenza del complesso "iter" funzionale alla sottoscrizione dei
programmi di investimento, ometta di adottare comportamenti osservanti
delle regole dell'ordinaria diligenza od avalli condotte del promotore
devianti rispetto alle ordinarie regole del rapporto professionale con
il cliente ed alle modalità di affidamento dei capitali da investire,
così concorrendo al verificarsi dell'evento dannoso per inosservanza dei
più elementari canoni di prudenza ed oneri di cooperazione nel
compimento dell'attività di investimento. (Cassa con rinvio, App.
Napoli, 07/06/2010)
FONTI CED Cassazione, 2016
Un tema delicato,
il mancato uso del casco ( e si potrebbe ritenere delle cinture di
sicurezza) può realizzare l’ipotesi dell’art. 1227?
Cass. civ. Sez. III, 06-05-2016, n. 9241
In materia di responsabilità da
sinistro stradale, l'omesso uso del casco protettivo da parte di un
motociclista vittima di incidente può essere fonte di corresponsabilità
del medesimo, a condizione che tale infrazione abbia concretamente
influito sulla eziologia del danno, circostanza che può essere accertata
anche d'ufficio dal giudice, giacché riconducibile alla previsione di
cui all'art. 1227, comma 1, c.c. (Rigetta, App. Roma, 27/11/2012) FONTI
CED Cassazione, 2016.
Per il 1227 comma
2 il debitore non può ottenere i danni che avrebbe potuto evitare usando
l’ordinaria diligenza. Ma l’onere della prova, in proposito, grava per
intero sul debitore e l’eccezione può
essere sollevata solo dal debitore.
Cass. civ. Sez. III, 27-07-2015, n. 15750
In tema di concorso del fatto colposo
del creditore, previsto dall'art. 1227, comma 2, c.c., al giudice del
merito è consentito svolgere l'indagine in ordine all'omesso uso
dell'ordinaria diligenza da parte del creditore solo se sul punto vi sia
stata espressa istanza del debitore, la cui richiesta integra gli
estremi di una eccezione in senso proprio, dato che il dedotto
comportamento che la legge esige dal creditore costituisce autonomo
dovere giuridico, espressione dell'obbligo di comportarsi secondo buona
fede. Il debitore deve inoltre fornire la prova che il creditore avrebbe
potuto evitare i danni, di cui chiede il risarcimento, usando
l'ordinaria diligenza. (Cassa con rinvio, App. Brescia, 16/03/2012)
FONTI CED Cassazione, 2015.
Per l’art. 1228
chi si avvale dell’opera di terzi, risponde anche del fatto illecito
doloso o colposo di questi, salvo patto contrario. Tuttavia, in
applicazione del principio stabilito dall’art. 1229 che colpisce con la
nullità i patti che escludono la responsabilità per dolo o colpa grave,
un patto debitore e terzo che escludesse la responsabilità del terzo per
dolo ( e colpa grave) è anch’esso nullo, rimanendo così responsabile il
debitore per il fatto del terzo.
Cass. civ. Sez. III, 07-10-2010, n. 20808
In tema di responsabilità
contrattuale, il debitore che si avvale nell'adempimento
dell'obbligazione dell'opera di terzi risponde dei fatti dolosi e
colposi di questi, sicché, ove si tratti di fatto doloso
dell'ausiliario, il debitore è responsabile anche per i danni non
prevedibili e tale responsabilità (al pari di quella per colpa grave)
non può, ai sensi dell'art. 1229 cod. civ., essere esclusa o limitata
sulla base di un patto preventivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato
la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità di una
società di spedizione per il fatto doloso di un proprio incaricato alla
consegna di un plico, dal predetto abbandonato in un ufficio, facendo
figurare l'avvenuta consegna tramite la falsificazione della firma del
soggetto addetto al ritiro della corrispondenza, rilevando che la
clausola delle condizioni generali di abbonamento al servizio di
recapito, concernente l'esclusione della responsabilità della società
medesima per atti, inadempimenti od omissioni dei soggetti incaricati al
trasporto delle cose oggetto di spedizione, era affetta da nullità).
(Rigetta, App. Milano, 21/09/2005)
FONTI CED Cassazione, 2010
L’art. 1229 si
occupa delle clausole di esonero di responsabilità che sono nulle quando
escludono o limitano la responsabilità per dolo o colpa grave. Clausole
valide di esonero di responsabilità potrebbero, tuttavia, essere nulle
in quanto vessatorie per il codice del consumo o per difetto di
meritevolezza.
Cass. civ. Sez. Unite, 06-05-2016, n. 9140
Nel contratto di assicurazione della
responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della
copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito
quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di
efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo
preventivamente individuati (cd. clausola "claims made" mista o impura),
non è vessatoria, ma, in presenza di determinate condizioni, può essere
dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero - ove applicabile
la disciplina del d.lgs. n. 206 del 2005 - per il fatto di determinare a
carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e
obblighi contrattuali; la relativa valutazione va effettuata dal giudice
di merito ed è incensurabile in sede di legittimità quando congruamente
motivata. (Rigetta, App. Roma, 24/01/2012) FONTI CED Cassazione, 2016
Cass. civ. Sez. III, 09-05-2012, n.
7054
Cass. civ. Sez. III, 07-04-2010, n. 8235
Configura una non consentita
limitazione di responsabilità, ex art. 1229 c.c., la clausola di un
contratto assicurativo che, nell'escludere l'assicurazione del relativo
rischio, ipotizza (come nel caso di specie, con l'espressione testuale
"da qualsiasi causa determinati") in modo ampio ed indiscriminato la non
"comprensione" dei danni nell'oggetto del contratto stesso. FONTI
Contratti, 2010, 6, 595 |
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