Giurisprudenza
Ci possono essere difficoltà nel distinguere la datio in solutum dalla
novazione; in realtà la differenza è netta perché con la novazione si ha
la nascita di una nuova obbligazione con l’estinzione della vecchia, con
la datio in solutum, invece si estingue l’originaria obbligazione con
l’esecuzione della nuova prestazione, senza la nascita di un nuovo
rapporto obbligatorio. In questa vecchia, ma ancora attuale, massima si
ribadisce il concetto.
Cass. civ., 21-03-1969, n. 913
La norma dell'art. 1197 c.c. trova
applicazione solo quando il consenso del creditore e del debitore è
diretto a sostituire all'oggetto della prestazione originaria un oggetto
diverso e ad estinguere, con la dazione di questo, l'obbligo del
debitore; pertanto, si è fuori dall'ambito di applicazione della norma
quando l'accordo sia diretto non all'estinzione dell'obbligazione, ma
soltanto all'assunzione di un obbligazione nuova con oggetto diverso da
quello dell'obbligazione originaria, che resta estinta per effetto della
sostituzione. FONTI Mass. Giur. It., 1969
In questa massima
si indica un caso di datio in solutum; fermo restando che il compenso
nell’appalto deve essere corrisposto in denaro, si può anche stabilire
di estinguere l’obbligazione con una diversa prestazione; si tratta di
obbligazione facoltativa, ma che realizza secondo la cassazione una
datio in solutum. Il principio potrebbe essere esteso a tutti i
casi di obbligazioni facoltative.
Cass. civ. Sez. II, 26-01-2004, n. 1327
Il contratto avente ad oggetto lo
svolgimento di attività pubblicitaria è riconducibile alla figura
dell'appalto di servizi e, essendo ad esso applicabili, in quanto
compatibili, le norme relative al contratto di appalto ed a quello di
somministrazione, il contraente che fruisce di detta attività è
obbligato a corrispondere all'altra parte un corrispettivo in danaro,
salvo che le parti abbiano convenuto la facoltà di quest'ultimo di
eseguire una diversa prestazione e, in questo caso, la pattuizione
configura previsione di una "datio in solutum", sicché l'obbligazione
può ritenersi adempiuta soltanto quando siffatta prestazione sia stata
eseguita. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito,
secondo la quale, avendo le parti convenuto che la committente avrebbe
potuto adempiere la propria obbligazione anche fornendo all'appaltatrice
servizi di ospitalità alberghiera, l'esecuzione della prestazione
richiedeva l'effettiva fruizione del servizio, essendo insufficiente a
detto fine la mera messa a disposizione delle camere d'albergo).
FONTI Impresa, 2004, 675
La parte più interessate e problematica della datio in solutum
e la cessione di un credito un luogo dell’originaria prestazione.
Possono essere ceduti dei titoli di credito, ma è essenziale accertare
se i crediti rappresentati nel titolo realizzino una cessione pro
solvendo o pro soluto.
Cass. civ. Sez. II, 16-04-2015, n. 7820
In ipotesi di cessione di cambiali in
luogo dell'adempimento, la volontà di conferire ai titoli efficacia "pro
soluto", con conseguente immediata estinzione dell'obbligazione di
pagamento, deve essere espressa in modo univoco ed inequivocabile,
mentre nel caso più comune di cessione "pro solvendo" l'estinzione
dell'obbligazione originaria si verifica solo con la riscossione del
credito verso il debitore ceduto, con conseguente onere di quest'ultimo,
in applicazione dell'art. 2697, secondo comma, cod. civ., di provare non
solo la cessione, ma anche l'intervenuta estinzione del debito.
(Rigetta, App. Salerno, 15/04/2009) FONTI CED Cassazione, 2015
Nella datio in solutum che si realizza con la cessione di un credito il
cessionario per rivalersi sul cedente, in caso di cessione pro solvendo,
non può limitarsi a dimostrare di aver provato ad ottenere l’adempimento
e di non averlo ricevuto ma dovrà prima escutere il debitore.
Cass. civ. Sez. I, 23-06-2010, n. 15223
In caso di cessione del credito in
luogo dell'adempimento (art. 1198 c.c.), grava sul cessionario, che
agisca nei confronti del cedente, dare la prova dell'esigibilità del
credito e dell'insolvenza del debitore ceduto, cioè che vi è stata
infruttuosa escussione di quest'ultimo e che la mancata realizzazione
del credito per totale o parziale insolvenza del debitore ceduto non è
dipesa da negligenza nell'iniziare o proseguire le istanze contro il
medesimo ad opera del cessionario, il quale è tenuto ad un comportamento
volto alla tutela del credito ceduto, anche eventualmente mediante
richiesta di provvedimenti cautelari e conservativi.
In questa seconda
massima si ribadisce il concetto già espresso dalla prima, in merito
all’escussione del debitore, ma si aggiungono altri elementi, come la
cessione come negozio a causa variabile e a scopo di garanzia.
Cass. civ. Sez. I, 03-07-2009, n. 15677
La cessione del credito, quale negozio
a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia e senza
che venga meno l'immediato effetto traslativo della titolarità del
credito tipico di ogni cessione, in quanto è proprio mediante tale
effetto traslativo che si attua la garanzia, pure quando la cessione sia
"pro solvendo" e non già "pro soluto", con mancato trasferimento al
cessionario, pertanto, del rischio d'insolvenza del debitore ceduto.
Pertanto, in caso di cessione del
credito in luogo dell'adempimento (art. 1198 cod. civ.), grava sul
cessionario, che agisca nei confronti del cedente, dare la prova
dell'esigibilità del credito e dell'insolvenza del debitore ceduto
(nella specie, successivamente ammesso ad amministrazione controllata e
poi a concordato preventivo), cioè che vi è stata infruttuosa escussione
di quest'ultimo e che la mancata realizzazione del credito per totale o
parziale insolvenza del debitore ceduto non è dipesa da negligenza
nell'iniziare o proseguire le istanze contro il medesimo, essendo il
cessionario tenuto ad un comportamento volto alla tutela del credito
ceduto, anche mediante richiesta di provvedimenti cautelari e
conservativi, non potendo considerarsi il medesimo non diligente
solamente in caso di estinzione non satisfattiva del credito ceduto o di
perdita dell'azione, ma anche in ipotesi di insolvenza del debitore
ceduto. (Cassa con rinvio, App. Milano, 15/06/2004). FONTI CED
Cassazione, 2009
In questa massima
si fa riferimento al caso analogo in cui si sia solo ceduto un credito,
senza datio in solutum. Si nota che il cessionario non deve provare di
aver escusso di debitore, al fine di dimostrare la sua insolvenza. Nella
cessione del credito, quindi, la garanzia per l’insolvenza del debitore
ceduto e certamente più semplice da realizzare da parte del cessionario.
Cass. civ. Sez. II, 24-02-2000, n. 2110
In tema di cessione del credito "pro
solvendo", la garanzia del cedente per mancata realizzazione del credito
da parte del cessionario è condizionata alla dimostrazione, da parte di
quest'ultimo, dell'adempimento dell'onere di cui all'art. 1267
c.c. (richiesta di pagamento di quanto dovuto al debitore ceduto, o
quantomeno, dimostrazione della totale inutilità delle istanze di
pagamento, attesa la notoria insolvenza del debitore al momento della
cessione). FONTI Mass. Giur. It., 2000
Con la cessione
del credito ex art. 1198 non realizza l’estinzione del credito
originario sino a quando non è adempiuto il credito ceduto; di
conseguenza il credito originario entra in uno stato di quiescenza fino
all’eventuale adempimento del credito ceduto. Fino a quel momento il
credito originario non è esigibile che lo sarà solo dopo l’infruttuosa
escussione del debito ceduto.
Cass. civ. Sez. III Sent., 15-02-2007, n. 3469
La cessione del credito in luogo
dell'adempimento, prevista all'art. 1198 cod. civ., non comporta
l'immediata liberazione del debitore originario, la quale consegue solo
alla realizzazione del credito ceduto, ma soltanto l'affiancamento al
credito originario di quello ceduto, con la funzione di consentire al
creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest'ultimo
credito; all'interno di questa situazione di compresenza, il credito
originario entra in fase di quiescenza, e rimane inesigibile per tutto
il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del
debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il
creditore può rivolgersi al debitore originario. Ne consegue che finché
non è esigibile il credito ceduto "pro solvendo", tale non è nemmeno il
credito originario; mentre quando quest'ultimo diviene esigibile, non
per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso l'onere
della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore
ceduto, stante il rinvio operato dall'art. 1198, 2° comma, cod. civ.
Ne consegue ulteriormente che, non
essendovi estinzione del debito originario - con trasformazione novativa
in obbligazione accessoria di garanzia del debito ceduto -, ma rimanendo
in vita entrambi i debiti, con impossibilità di chiedere al cedente
l'adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa
escussione del debitore ceduto, solo da tale momento, in conformità con
il principio posto all'art. 2935 cod. civ., inizia a decorrere la
prescrizione relativa al debito ceduto. (Rigetta, App. Napoli, 23
Gennaio 2003) FONTI Mass. Giur. It., 2007 |
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